Quid novi?

Il Dittamondo (2-08)


Il Dittamondodi Fazio degli UbertiLIBRO SECONDOCAPITOLO VIIISecondo ch’io li vidi piú e meno degni di fama questi miei signori, di lor parlar rallargo e stringo il freno, sí come sai che fanno i dipintori che, secondo ch’è degna la figura, 5 e piú e men l’adornan di colori. Da diciotto anni signor meco dura Marco Antonio Vero, ch’a Verona trasmutò nome e fece fosse e mura. Commodo tenne poi la mia persona; 10 e, benché fosse molto ardito e franco, di lui piú e piú falli si ragiona. Costui del nome suo volse fosse anco, sí come Iulio, un de’ mesi nomato, benché ’l potere a ciò li venne manco. 15 Filippo, in questo tempo, fu mandato da Roma in Egitto per prefetto, che molto fu onesto e temperato. Una figlia ebbe costui, ch’io t’ho detto: Eugenia, che ne l’amore di Cristo 20 ardea tutta dentro dal suo petto. Questa, per acquistare il Sommo Acquisto, fuggí dal padre e battesimo tolse in atto d’uomo e per tale era visto. Con altri due un monistero sciolse 25 di monaci devoti molto a Dio, coi quali abito prese e viver volse. Essendo in tanto santo e bel disio, Melancia, che di costei s’accorse, accusò lei e ’l monister per rio. 30 L’accusa innanzi dal prefetto porse e, tormentando i monaci e la figlia, il padre il vero di Eugenia scorse. Per la letizia e per la maraviglia, Filippo apresso si fe’ battezzare 35 e non pur sé, ma tutta la famiglia. Subitamente discese per l’a’re una folgor che Melancia arse tutta e tal miracol fu ben da notare. Ahi quanto ben sarebbe che tal frutta 40 spesse volte gustassono coloro, che van cercando ogni novella brutta! Ma qui torno a colui che ’l mio tesoro guardava allora, che, senza dí o mesi, fe’ tredici anni con meco dimoro. 45 La fine sua è ben ch’io ti palesi, a ciò che i reggitor, che son villani, prendano asempro di farsi cortesi. Sí crudo il vidi a’ suoi e agli strani, che ne fu morto e qui de la sua donna, senza piú dir, lavar mi vo’ le mani. E, poi che morte il corpo suo assonna, Elio fu eletto e ordinato per mio sostegno e prima colonna. A costui certo proferse il senato 55 di voler fare la sua donna Augusta e che ’l figliuol fosse Cesar chiamato. Ond’ello, con parola onesta e giusta, negò l’onor, dicendo: – Basta assai la grazia, che da voi per me si gusta –. 60 Da diciotto anni il suo valor provai; odi se fu a la giustizia intero, che né tesor né amor nol mosse mai. Giulian l’uccise e poi venne Severo vertudioso tanto e d’alto ingegno, 65 che di vil nazion giunse a lo ’mpero. Qui pensa se di tale onor fu degno, ch’io ’l vidi a dimandar tanto discreto e liberale al dar, ch’io me ne segno. Al tempo suo, il viver mio fu lieto, 70 come colui che l’Africa ridusse per forza tutta sotto il mio decreto. Arabia, Partia ed Agario condusse e gran parte del mondo al mio dimino: miracol parve che suo fatto fusse. 75 Assai intese ben greco e latino e fu in filosofia veracemente ed in altre scienze accorto e fino. Sol questo fece, di che son dolente: che fu il quinto che i cristian percosse, 80 secondo che ancor m’è ne la mente. Diciassette anni piacque al ciel che fosse meco costui e, quando men mi venne, pensa che dentro al cuor molto mi cosse: ché con tanto valor m’accrebbe e tenne, 85 ch’io dicea fra me: – Bene ha costui a l’aquila mia rimesse le penne –. E, secondo che udia contare altrui, maraviglia facea in Inghilterra, al punto ch’io rimasi senza lui 90e che la morte le sue luci serra.