Quid novi?

Terze Rime 25 (2)


Terze Rime di Veronica FrancoAddelkader Salza, Bari, Laterza 1913XXV (continuazione)Della signora Veronica Franca[In lode di Fumane, luogo dell'illustrissimo signor conte Marcantonio della Torre, preposto di Verona.]Del giardin vago è la sembianza grata,e, mentre in lui la maniera risguardid'ogni parte ben colta e ben piantata,lepri e conigli andar pronti e gagliardinel corso vedi; e, mentre che t'incresced'esserti di tal vista accorto tardi,ecco ch'altronde ancor vaga schiera escedi cervi e capri e dame e d'altri tali,onde la maraviglia e 'l piacer cresce.Ma poi tra quelle schiere d'animaliscopri distinto del giardino il pianod'acque in angusti e limpidi canali,e splender su per l'onde di lontanovedi i pesci guizzando, che d'argentosembra che nuotin d'una e d'altra mano.E mentre l'occhio a vagheggiar è intentoil piacer vario del fiorito suolo,più sempre di mirar vago e contento,di questo ramo in quel cantando a vologir vede copia d'augelletti snelli,quai molti insieme, e qual vagando solo.Quinci s'accorge che di fior novellie frutti antichi son quei rami carchi,non pur di nidi d'infiniti augelli.Senza che 'l guardo quinci e quindi varchi,l'incontran d'ogni parte i piacer tutti,in quest'officio non mai stanchi o parchi.E, se nel giardin visti in un ridutti,fiere, augei, pesci, rivi ,arbori e foglie,fior sempre novi, e d'ogni stagion fruttia mirar in disparte altri s'accoglie,e, come nel guardar talvolta occorre,da la pianura a l'alto a mirar toglie,ne la beltà de' vaghi colli incorre,ch'a la vista, che s'alza, umili e piani,lietamente si vengono ad opporre.Questi, dal bel palazzo non lontani,sembra che, per raccôrlo in mezzo 'l seno,si stringan verso lui d'ambe le mani;e 'ntanto spiegan tutto aperto e pienoil grembo lor di dolcezze infinite,che la vista bear possono a pieno.Le pecorelle, a pascer l'erbe uscite,biancheggian per li poggi, a cansar lievi,per poco d'ombra timide e smarrite:di questi monti son queste le nevi;ché quindi 'l verno standosi ognor lungenon vien giamai che 'l bel terreno aggrevi.Quindi letizia e molto utile giunge,de le gregge bianchissime ai signori,di quel che se ne tonde e uccide e munge.Sparsi per l'ombre, siedono i pastori,e, le canne dispari a sonar posti,cantan de' loro boscarecci amori;e, se i greggi talvolta erran discosti,col fischio il caprar sorto gli richiama,poi torna de la musa ai suoi proposti.Talor la pastorella ivi, ch'egli ama,de la fistola al suon mossa ne viene,in modo che di lui cresce la brama:fisse le luci avidamente ei tienene le braccia e nel sen nudi, e nel viso,e d'abbracciarla a pena si ritiene.Ma poi quindi a guardar l'occhio divisotira l'udito suon d'un corno roco,quando più in quei pastori egli era fiso;ed ecco, da color lontano un poco,cani co' cacciator disposti in caccia,ciascuno intento al suo ufficio e 'l suo loco.Per folti arbusti un can quivi si caccia,e per terra latrando un altro fiuta,e de l'orme seguendo va la traccia,e tanto corre in fretta e 'l luogo muta,che d'una macchia fuor la lepre salta:il bracco geme e in seguirla s'aiuta;gridan le genti, e intorno ognun l'assalta;chi le spinge da tergo il veltro in fretta,qual corre a la via bassa, e quale a l'alta.E mentre qua e là ciascun s'affretta,il tuo sguardo, ch'a lor dietro s'aggira,s'incontra in piacer novo che 'l diletta:però ch'altrove d'improviso miragente ch'al visco ed a le reti steseschiera d'augelli accortamente tira.In queste e quelle insidie non compresedi quei c'han maggior prezzo a le gran mensevengon tutte le sorti in copia prese.A chi stender più franco il volo pense,più facilmente incontra d'esser còltone le non viste reti, ancor che dense.Ma 'l tuo sguardo, che va d'intorno scioltoda questa novità de l'uccellare,vien da un altro piacer più novo tolto;perché dinanzi ad abbagliarlo apparedel sol un raggio, il qual mandan reflessol'acque d'un fonte cristalline e chiare.E l'occhio, alquanto chiusosi in se stesso,dopo quel vacillar s'apre, e ritornaa guardar quivi dentro l'ombra presso;e di smeraldi in fresca riva adorna,di liquido cristal sopra un ruscello,vede ch'altri a pescar lento soggiorna:l'amo innescato tien sospeso in quello,e con la canna in man fermato attendeche 'l pesce cada al morso acuto e fello.Altri con reti in varia guisa il prende,e, con piè nudi da la sponda sceso,frugando per le buche il laccio stende:si lancia e scuote il pesce vivo e preso,né cessa di sala per fin che more,tratto del fonte in un pratel disteso.Vince di questo il soave saporequel di quant'altro mai stagno o paludealberghi, o fondo salso o dolce umore.Nulla di quel, che in sé beato chiudeun terren paradiso, un ciel terrestre,dal paese amenissimo s'esclude.Di semicapri dèi turba silvestreil fertile terren pianta e coltiva,sotto influsso di stelle amiche e destre;e quella, che del capo al padre vivauscìo, de' boschi e de le cacce dea,di questi monti ha in custodia l'oliva.Quel, che vivo nel ventre infante aveala madre allor che 'l consiglio l'estinsedi Giunon fella, a lei contraria e reache Giove tolto al proprio lato il cinse,n', fin che nove mesi fùr finiti,dal bianco, ove 'l nudriva, unqua il discinse,qui gli olmi guarda, e le ben colte viti;le biade di Proserpina la madre,Vertunno e Flora gli arbori graditi.Mille, scese dal ciel, benigne squadred'eletti spirti infiorano il bel nido,e 'l guardan da le cose infeste et adre.Dolce de' miei pensieri albergo fido,pien d'aranci e di cedri, e lieto in guisache vince ogni concetto, ogni uman grido,resta la mente mia vinta e conquisa,che 'l ben in te con larga mano infusodal celeste Motor forma e divisa;e, come tu sei bel fuor d'uman usocosì ne l'opra de l'imaginartiriman l'ingegno inutile e confuso;e, se vaga pur vengo di lodarti,come confusa son dentro, confondode le tue lodi l'ordine e le parti.Ben, quanto in questo assai mai corrispondo,tanto ne la prontezza del desirecon grata rispondenza sovrabondo.Vorrei, ma in parte non so alcuna, direle lodi del signor, che ti possiede,né stil uman porìa tant'alto gire.Com'ogni loco è cielo, ove Dio siede,ma poi nel ciel, ch'è adorno a maraviglia,espressamente ferma la sua sede,così gran lode ogni soggiorno pigliada quel signor, dovunque mai perviene,che regge 'l mio voler con le sue ciglia;ma pur il seggio suo proprio ei ritienein voi, perciò sommamente beate,contrade soavissime ed amene:per lui tante beltà vi furon date,e senza lui de' vostri pregi intierisareste senza dubbio alcun private.Gitene, colli, assai per questo alteri,ch'avete grazia di servir a lui,degno di mille mitre e mille imperi.Quest'è il buon vostro regnator, per cuivincon le vostre inusitate formetutto 'l diletto de' paesi altrui.Per farsi incontra a le sue gentili ormecrescon l'erbette e i fior, ch'al suo toccarlivien che nova beltà gli orni e riforme;e l'onorate man presta a lavarlidentro la stanza l'acqua dolce arriva,e dietro vaga ognor par brame andarli.Da questa una fontana si deriva,che d'ogn'intorno puro argento stillada vena di cristal corrente e viva.Dentro 'l terren fecondo il cielo instillavirtù, che fa produr soavi frutti,e l'aria salutifera e tranquilla:il piacer sommo e 'l vero fin di tuttiè che 'l signor gli goda e gli divida,ch'ad arbitrio di lui furon produtti.Qualunque in verde ramo augel s'annida,a lui canta, a lui vive, e, s'a lui piace,lieto sostien ancor ch'altri l'uccida;qualunque in monte o in piano animal giace,selvaggio errante, liberale donodi se stesso a costui contento face;e le mandre, che quivi in copia sono,e tutto quel, che la terra produce,son di lui molto più ch'io non ragiono.Qui la natura carca si riduce,per dar del suo tesoro a lui tributo,che da l'Indo e 'l Sabeo quivi traduce:non fosse questo ben da lui goduto,certo è che in tanta copia mai dal cielonon fôra ad alcun altro pervenuto.A costui cede il gran signor di Delo,più del suo chiaro, del valor il lumecui nube non offusca od altro velo;e di dolce eloquenzia il puro fiumea lui dona di Giove il fedel messo,ch'al cappello ed ai piè porta le piume.A questo, a cui comandar è concessoagli elementi, che in quel suo soggiornooprano quanto è più gradito ad esso,andai, dal gran desio tirata, un giorno:non per error di via, né ch'io passassiquindi avante d'altronde al mio ritorno;ma d'Adria mossi a quest'effetto i passi,né interromper giamai vòlsi il viaggio,perch'a l'andar via pessima trovassi,Di questo mio signor cortese e saggio,nel sentier aspro, mi fu grata scortade la virtute il sempiterno raggio:da così chiaro e dolce lume scorta,la strada, ch'al desio lunga sembrava,al disagio parea commoda e corta.La difficoltà grande superavad'ogni altra cosa sol con la speranza,che di veder uom sì gentil portava.Alfin pur giunsi a la bramata stanza,né potrei giamai dir sì com'io fossiraccolta con gratissima sembianza.A sì dolce spettacolo rimossitutti i miei gravi e torbidi pensieri,che venner meco, allor che d'Adria mossi;e tra mille gratissimi piaceriristoro presi e mi riconfortai,qual fa ch'il suo ben gode e 'l meglio speri.Ma poco al mio talento mi fermaial loco da me dianzi raccontato,di cui più bello non si vide mai,né con più vago e splendido apparatodi vasi, e di famiglia bene instrutta,che pronta al signor serve d'ogni lato,e intorno a lui con ordine ridutta,di varia età, di vario pelo mista,vestita a un modo, corrisponde tutta.Questa tra l'altre è ancor nobile vista,veder d'intorno a sé ben divisatad'onesta gente vaga e doppia lista.Dunque, de le Fumane unica, amataterra, ov'albergan le delizie, quanteogni stanza real pòn far beata,cedano Baie, e Pozzuol non si vante,ch'unite in loro han le vaghe Fumanele grazie di là suso tutte quante.Cose tutte eccellenti e sopraumane,dolci a la vista, al gusto, e gli altri sensi,le piagge han grate agli occhi, al varcar piane.E, perch'al loco internamente io pensi,quanto più di lui parlo, e manco il lodo,e i miei desir di lui si fan più intensi.Volando col pensier, la lingua annodo.