Quid novi?

Rime inedite del 500 (VIII-IX)


Tratte da: Rime inedite del cinquecento (Bologna, Romagnoli - Dall'Acqua, 1918) VIII [1 Di Mario Bandini] [Dedica]Quella medesima maraviglia del valor di Vostra Illustrissima Signoria che mi ha fatto ardito a scriver di lei un sonetto, mi ha fatto temerario a mandarglielo, ché certo ad altro non si può ascrivere lo ardir di mandar sì rozza cosa in le mani di così perfecto spirito, como è quello di Vostra Illustrissima Signoria. Pregola adunque che in questo permetta ch'io mi vagli de l'armi dell'umanità sua tanto più de l'usato, quanto ne ho più bisogno, essendo caduto in error di superbia, e tucto l'error compensi con el desiderio che ho di servirli et a Vostra Illustrissima Signoria bacio le mani. Nostro Signore Dio li dia longha prosperità.De Bologna, a' 26 di Dicembre 1537.[Sonetto]A fama oggetto, a morte avara oltraggioSpirito illustre, che la nostra etateFate serena, e a le più beateParti del ciel n'aprite il bel vïaggio, S'io potesse con stil ornato e saggioLodarvi in carte quanto l'onorateVostr'opre merta, verno mai, né statePotrìa extinguer di mia vita el raggio.Ch'io viverei (vostra mercè) securoSempre, e s'a l'arbia col favor ch'intornoSpargete al Po porgeste aiuto almeno,Ne le scole di Marte orrido e duroBerei per messo, e 'l mie felice giornoNon vedrìte notte, né d'oblìo veleno.[Poscritto]Scripsi a Vostra Illustrissima Signoria più giorni sono con altra mia, quale dèi al Cavalier Marscalco, haverei caro saper almeno che quella fusse certificata che non ho indugiato fin qui a visitarla, como è mio debito.Servidor di Vostra Signoria Illustrissima.Mario Bandini.[2 Di Veronica da Gambara]Di m. Veronica da Gamara seguitoSolingo et vago augello,Ch'hai sì ben sparsi i toi soavi accenti,Or' odi i miei lamenti.Io vissi in festa e sol di pianger vivoChe d'altro già il cor lasso s'appaga,E quella ond'io fiorivoInvece del mio ben, del pianto è vaga.Deh! guarda alla mia piaga,Dolce augellino, e se pietà ti piega,L'ale amorose spiega,Va 'nanzi al mio bel soleE dolce canterai queste parole:Da te, d'amor, da tua beltà infinitaChiede un misero amante o morte, o vita.Nasce il desir da gran pena d'amore,E dal desir depende la speranza,Da la speranza un subito timore,E dal timor sospetto per usanza,E dal sospetto nasce un certo errore,Dal certo error mala perseveranza,Perseveranza crea poi mille inganniChe mi fan tardo accorger de' miei danni.IX[Di Tommaso Castellani]Alla signora Veronica da Correggio.Gran tempo è omai, o illustra donna, ch'ioSprono il mio stil, che reverente muovaA farvi onor, e mostri alcuna provaAl vostro gran valor del servir mio.Ma quando a tal' effetto poi l'envioA tant'alto volar piume non trovaHor spinto dal gran debito pur provaVenir a voi con l'ale del desio.Ma chi lodar, Veronica, vi vuoleBen par che con la mente si confacciaDi chi volesse accrescer luce al sole.A me fia assai che 'l mio servir vi piaccia,Non che 'l mio stil; ma dove udir si suoleLa vostra cetra, la mia canna taccia.Tratte da: Rime inedite del cinquecento (Bologna, Romagnoli - Dall'Acqua, 1918)