Quid novi?

Il Dittamondo (2-16)


Il Dittamondodi Fazio degli UbertiLIBRO SECONDOCAPITOLO XVIQui di Giustinian segue ch’i’ debbia trattare, il quale Agabito ridusse a luce fuor d’ogni eretica nebbia. Per costui piacque al sommo Ben ch’io fusse alquanto ristorata de’ miei danni, 5 quando il buon Bellisan con lui produsse, lo qual con molti, lunghi e gravi affanni, Africa, Persia e Alemagna mise, Francia e Cicilia, di sotto ai miei vanni. E fu Narseto ancora, il quale uccise 10 Totila e scampò me del grande assedio, dove la fame quasi mi conquise, e fe’ morire, dopo lungo tedio, Amingo; e Vindino tenne preso; poi contro a Buccellin fu mio rimedio. 15 Ora, se il parlar breve hai ben compreso, intender puoi che per Giustiniano in parte il mio fu riscosso e difeso. Costui ridusse in bel volume e piano la legge, com’è il Codico e ’l Digesto, 20 e strusse quanto in essa parea vano. Ancora vo’ che ti sia manifesto che per Italia fu sí crudel fame, ch’impossibil ti fie a creder questo: che io vidi le madri in tante brame, 25 che gustavan la carne de’ lor figli, sempre piangendo lor dolenti e grame. Otto anni e trenta governò gli artigli a l’uccel mio, il becco, l’ali e ’l busto, e trasse me piú volte de’ perigli. 30 E tanto fu prudente, forte e giusto, ch’ancora il piango, sí di lui m’increbbe. Giustin minor del mio rimase Augusto. Lo mal consiglio de la donna ch’ebbe condusse allor Narseto a ordire cosa, 35 che apresso per mio danno molto crebbe. Non molto poi Rosimonda, sposa d’Albuin re, per lo soperchio sdegno morir fe’ lui e fuggissi nascosa. La fine sua, partita dal suo regno, 40 sannola i Ravignani e io in parte, ch’essa morio per suo malvagio ingegno. Bello è saper chi fu e di qual parte Albuin venne e udire la cagione, secondo che n’è scritto in molte carte; 45 chi fu Ibor e chi fu Agione, chi fu Gambara e poi come nel fiume Agismondo trovò Lamissione. E bel ti fie veder questo volume per Teodolinda, ch’al Battista in Moncia, 50 com’ancor pare, fece onore e lume. Ma se costei fu buona a oncia a oncia, di Romilda, se leggi le novelle, nel contrario saprai quanto fu sconcia. Due figlie ebbe la trista molto belle, 55 che, per fuggir vergogna, si pensaro coprir di carne morta le mammelle. E se de’ corpi lor l’onor guardaro, per la gran loda, e come piacque a Dio, dov’era crudeltá pietá trovaro. 60 In questo tempo ragionare udio come l’Ermino ne la fe’ di Cristo multiplicava e cresceva il disio. Con buona pace e con perfetto acquisto sarei vissuta al tempo di Giustino, 65 non fosse stato il mal consiglio e tristo. Undici anni il mio tenne al suo dimino; poi per Tiberio governar lo vidi acceso e caldo ne l’amor divino. Or perché sempre nel ben far ti fidi 70 e propio aver compassion del povero, questo miracol fa che in te s’annidi. Costui, ch’a tutti fu padre e ricovero, trovò tre croci e di sotto da esse, come Dio volle, tesor senza novero. 75 Sette anni il mio governò e resse e certo questo tempo mi fu poco, sí mi piacea ch’ancora piú vivesse. Mauricio poi venti anni tenne il loco e al suo tempo funno fiumi e laghi 80 tai, per Italia, che non parve gioco. Bestie, serpi, serpenti e morti draghi al Tever portar vidi; e fu in Verona l’Adige tal, ch’assai vi fun gli smaghi. Questo signor, del quale si ragiona, 85 facendo guerra e non pagando i suoi, per cotal fallo perdé la persona. Assai di cosí fatti nomar puoi, che, per tener soldati e non pagare, sono iti male e propio ne’ dí tuoi. 90 Ahi, quanto ancor mi duole a ricordare i grandi e belli e sottili intagli i quai Gregorio allor mi fe’ disfare! E duolmi ancor che con lunghi travagli erano compilati piú volumi dei miei figliuoli e di miei ammiragli, ne’ quali il bel parlare e i bei costumi e l’ordine de l’armi eran compresi sí ben, ch’a molti, udendo, facean lumi, che la piú parte fun distrutti e lesi 100 per questo Papa; e se ’l pensier fu bono non so; ma pur di ciò gran doglia presi. Cosí da Cristo in qua venuta sono, parlando teco, in fine a secento anni, abbreviando ciò ch’io ti ragiono 105 per te ch’ascolti e perch’io men m’affanni.