Quid novi?

Rime inedite del 500 (XIV-2)


Rime inedite del cinquecento (Bologna, Romagnoli - Dall'Acqua, 1918)XIV[14 Di Diomede Borghesi]Di Diomede Borghese per la signora Contessa di Scandiano.D'alta bellezza, o mostro inclito e raro, In cui celesti grazie infonde e piove Cinzia, Venere, Amor, Pallade e Giove Per far beato il Po, superbo il Taro.Senza ch'io vada in Babilonia al Faro, In Rhodo, e 'n Caria, o pur vagando altrove Veggio le meraviglie antiche e nuove Nel sol degli occhi vostri ardente e chiaro.Io scerno al folgorar de' lumi onesti La vista ricovrar gli uomini orbati, Ridere il pianto e rallegrarsi il duolo,E scorgo in qual maniera il fermo polo Ratto si muova ed in qual guisa arresti Repente Apollo i suoi destrieri alati.[15 Di Diomede Borghesi]Di Diomede Borghese per l'istessa signora Contessa.  Mentre nocchier più fortunato e degno Di quel che forte amò l'invitto Enea Solcando un picciol mar, donna scorgea C'ha sovrana beltà, sovrano ingegno, Vaghe ninfe stimar che 'l picciol legno Onde l'acqua e la terra e 'l mare ardea Ivi portasse l'onorata dea Che su del terzo ciel possiede il regno. Però sparser di fiori un nembo a prova E quinci e quindi a la barchetta ov'era Chi col guardo divin l'odio innamora. Hor'a cui non parea Venere nuova Quella dolce d'amor aspra guerriera Le cui serene luci il sol onora?[16 Di Diomede Borghesi]Di Diomede Borghese Svegliato Intronato al signor Guido Coccopane fattore et castellano del serenissimo signor Duca di Ferrara.Mentre la gloria tua spiegando l'aleD'eterna fama si consacra al tempio,O di raro valor perfetto esempioChe non teme d'invidia orrido strale. Da te, ch'hai reso a' fiumi alteri ugualeL'umil Secchia, d'onor prendono esempioQuei che sgombrando il vano affetto ed empioCercan chiaro acquistar grido immortale.  Tu, che prudente mostri animo egregioDebito premio a le virtù dispense,Ch'è lor da volgar turba oggi conteso.  A ragion dunque il saggio, invitto Estense, De la superba Italia unico fregio, Di gravi cure a te commette il peso.[17 Di Diomede Borghesi]Di Diomede Borghese Svegliato Intronato al medesimo signore Coccopane.Lasso, fin da primi anni ed alsi ed arsiPer coglier frutto in Helicona eterno;Ma che val ciò, se tanti han Febo a scherno,Spirti crudeli a meraviglia scarsi? Lo mio giorno seren torbido farsiGià vidi, e 'l vago Aprile orrido verno,Hor d'infiniti strali egro discernoPer piagar lo mio cor fortuna farsi.Guido, che guidi fortunata genteLungi da turba niquitosa e 'ngrataPer le vestigie tue d'onore al tempio,Ah! non ti duol che sì gravoso scempio Sostenga indegnamente alma ben nata, Ch'ammira il tuo valor chiaro eccellente?[18 Di Diomede Borghesi]Di Diomede Borghese al medesimo signor Coccapane.Chi può, Guido, a ragion, quant'io, dolersiDi crudel sorte? A gravi, orridi maliSoggiace il capo, e 'l cor segno a gli straliDi pianeti e di cieli invidi, avversi. Io, se ben giovinetto, a Febo offersi L'ingegno, a cui spiegato ho in guisa l'ali Che donne e cavalier forse immortali Lode n'avranno, e pregi alti e diversi.  Un raggio di virtù splender non veggio, Che tranquillando il mio pensier turbato L'atre mie notti dolorose aggiorni.  A te soccorso in tanti affanni or chieggio, Che domita l'invidia, e vinto il fato, Meni, carco d'onor, placidi i giorni.[19 Di Diomede Borghesi]Di Diomede Borghese Svegliato Intronato per lo serenissimo signor don Alfonso II duca di Ferrara.Qui le ricchezze sue Flora e PomonaDispensa e corron qui nettare i fiumi,La gloria qui tra regi, alti costumiMill'alme a fatti eccelsi invoglia e sprona. Qui tien lo scettro Astrea, qui d'Elicona Ben s'hanno in pregio e 'n reverenza i numi, Qui splendon di prudenza eterni lumi Sovrano han seggio qui Marte e Bellona.  Qui son le penne a celebrare intente, Non già chi d'or; ma chi d'onor abbonda, E 'l vizio è qui della virtù mancipio.  Mercè del chiaro e fortunato Estense; Che l'alma del valor fregia e circonda, Onde s'ammira ancor Cesare e Scipio.[20 Di Diomede Borghesi]Di Diomede Borghese Svegliato Intronato per l'eccellentissima signora donna Lucrezia duchessa di Milano.Donna regal, che 'l cor purghi e disarmi,D'ogni basso, tereno, impuro affetto,E 'l generoso tuo candido pettoD'infinito valor circondi ed armi. S'ergan fini metalli e toschi marmi A te d'amor divino illustre obbietto, E qual più veggia il sol chiaro intelletto Ti sacri eccelsi ed onorati marmi.Per te ch'acquisti le ricchezze eterne Dando a l'alma virtù conforto e speme Cui premea grave duol, aspra temenza,  Ferrara, Italia, Europa, e 'l mondo scerne A suprema beltà congiunta insieme Castità singular, somma prudenza.[21 Di Diomede Borghesi]Di Diomede Borghese Svegliato Intronato per la signora Giulia.Come ghirlanda e fregio alta coronaTi fanno al cor virtù candide e belleOnd'ha beate Amor pure facelle,Amor, ch'a seguir te m'infiamma e sprona. Tal di leggiadra e d'immortal corona T'ornerà Giove di lucenti stelle La vaga fronte e 'l crin degno d'Apelle, Per cui la terra e 'l mar GIULIA risuona.Quando primier la tua bellezza vera Che nel sonno maggior gli occhi m'aperse Sembrar mi fece al sol falda di gielo,L'errante voglia mie d'amaro asperse Fermarsi e s'addolcir, levossi al cielo Sopra i vanni d'onor l'anima altera.[22 Di Diomede Borghesi]Di Diomede Borghese Svegliato Intronato per la signora Costanza Isolana.Luci, le cui bellezze altere e soleSpiran COSTANTE amor, pudico e santo,Lumi de la natura eterno vanto,Ond'è ch'al ciel talor altri se n' vole. Raggi, per cui tra il gielo apron vïola, E si rallegra e ride il duolo e 'l pianto; Stelle, dal cui splendor s'alluma il manto De l'atra notte e s'abbarbaglia il sole.  Lampi, che Giove ognor guarda benigno; Occhi, che fate d'oro il secol nostro; Faci, l'alte cui fiamme il cor m'hanno arso.  Ben di lode mi sembra esservi scarso Col dir ch'il dolce sguardo unico vostro Fa di palustre augel candido cigno.[23 Di Diomede Borghesi]Di Diomede Borghese Svegliato IntronatoLuci, le cui bellezze altere e soleSpiran leggiadro amor, pudico e santoLume chiaro d'Etruria, onore e vantoOnd'è ch'uom ratto al ciel s'inalza e vola. Raggi, per cui tra il gielo apron vïole E si rallegra il duol, e ride il pianto: Stelle, dal cui splendor s'alluma il manto De l'atra notte e s'abbarbaglia il sole.  Lampi, dond'escon sempre aurati dardi; Occhi, le cui facelle il cor n'han arso Tal che tutto di fuori ancho sfavillo.  Ben mi sembra di loda esservi scarso Nel dir che i dolci vostri unichi sguardi Puon far di tempestoso il mar tranquillo.[24 Di Diomede Borghesi]Di Diomede Borghese Svegliato IntronatoGià segnava Ciprigna il novo albore,E l'atra notte ripiegava il mantoQuando bramoso d'involarmi al piantoRagionò meco in tal maniera il core: Deh! spegni, forsennato, il fiero ardore E non dar loda in Elicona, o vanto A dolci note, a sguardo altero e santo Di chi l'orgoglio e 'l fasto appella onore.  Ratto squarciando un tenebroso velo Pon freno a quei gravosi, aspri lamenti, Che talor di pietà fermano i fiumi.  Ch'altri soavi e dilettosi accenti, Altri vaghi, sereni, ardenti lumi Daranti l'ale da volar al cielo.[25 Di Diomede Borghesi]Di Diomede Borghese Svegliato IntronatoSeme, del caro primo alto dilettoCh'entro i begli orti suoi raccoglie Amore,Odorato, immortal, purpureo fioreCh'ogni grave addolcisci amaro affetto. Fiammeggiante rubin, corallo eletto, De la terra e del mar pompa e splendore, Bocca leggiadra, in cui per farsi onore Pose natura un ben saldo e perfetto.  Se mai degnato a sì soavi baci Io potessi gustar del puro alquanto Nettar, che 'l cielo in te distilla e piove,  Vedrei l'aspre mie guerre in dolci paci Cangiarsi, e 'n riso il miserabil pianto Talché n'avrebbe invidia Apollo e Giove.[26 Di Diomede Borghesi]Di Diomede Borghese Svegliato IntronatoO per cui le vïole il pregio han toltoAl bianco giglio, a la purpurea rosa,E per cui la virtù lieta e pomposaAd onorar te stessa il mondo ha volto. Nel tuo vago, seren, candido volto, Ove Amor trionfante alberga e posa Risplende un sol, cui vagheggiar non osa Chi tra foschi pensier vive sepolto.  Se giamai dunque il ciel tanto m'arride Che la mia Musa elegga incolta e tetra A cantar tue bellezze, illustri e nuove,  Ben farà questa rozza, incolta cetra Sonar le glorie tue da Battro a dove La meta pose a' naviganti Alcide.