Quid novi?

Il Dittamondo (2-19)


Il Dittamondodi Fazio degli UbertiLIBRO SECONDOCAPITOLO XIXTanto fu il quinto Costantino reo, lussurioso e pien di tradimenti, che piú in alcun vizio non fu Leo. Questo crudel con diversi tormenti piú e piú cristian fece morire; 5 senza Fé fu e con falsi argomenti. Trentacinque anni per piú mio martire visse signore e per le genti grece, secondo che da lor mi parve udire. Gregorio papa, in questo tempo, fece la quinta feria e puosela in quaderno con lettere piú ferme che di pece. Ritbodo duca per bestia dicerno, che dimandò, con l’un pié nel battesmo: – Ove van piú, in cielo o ne lo ’nferno? –15 Rispuose chi li dava il cristianesmo: – Ne lo ’nferno –. Ed el disse e trasse il piede:– Al mal co’ piú voglio andar io medesmo –.Oh quanto è fol colui che si fa scede de le cose di Dio e quanto a lui 20 danno torna beffarsi de la Fede! Ma qui vo’ dir com’io l’udii d’altrui, perché, da poi m’è stato ne la mente, così pensosa del miracoi fui: Carlo Martel, ch’io ti ridussi a mente, 25 iscoperto l’avel, non fu veduto il corpo suo, ma vivo un gran serpente. Costantin morto, che non fu uom ma bruto animal, Leo, il figliuol, tenne il seggio di ciò che ’l padre suo avea tenuto. 30 E se quello ch’udio dire ti deggio, se fosse visso affermar ti potrei ch’io era giunta pur di male in peggio. Quel che ora dirò notar ben dèi: in fin che la fortuna mi fu mamma, 35 fun buoni i miei signor, di sette, i sei; ma poi che contro a me l’animo infiamma, come hai udito, non me ne vidi uno in cui fosse vertú quanto una dramma. Qui non son sola, ché aviène a ciascuno 40 che ’n sua prosperitá ogni ben prova e, ne l’aversitá, non ha niuno. Or torno a Leo, di cui poco mi giova parlar; ma piú non posso, ché la tema mi stringe a dir quel che di lui si trova. 45 Costui, insano, d’una chiesa scema, per cupidigia, una ricca corona né, nel mal far, di Dio parve aver tema. Questa posta in sul capo, a la persona subita febbre giunse e in questo modo 50 la morte a la sua madre l’abandona. E or ch’al sesto Costantino approdo, maraviglia udirai, se miri a punto ciò che in queste mie parole annodo. Questo signor, poi che si vide giunto 55 in tanta libertá, guidava il regno senza chiamare a ciò la madre punto: ond’ella, per dispetto e per disdegno, li corse addosso e tolsegli la vista, ché pietá non vi fece alcun sostegno. 60 Cosí la signoria costei acquista; poi non si tenne pur a quel mal solo la scelerata, disperata e trista: de’ suoi nipoti, figliuol del figliolo, innocenti, ancor fe’ similemente: 65 odi se udisti mai un maggior duolo. Qual Tebana o di Lemno o qual serpente fu mai piú cruda che la dolorosa, che ora qui ti riduco a la mente? Pensa se andava bene a la ritrosa, 70 ché lo ’mperio, che fu con tanta pena vinto per me quanto mai fosse cosa, era caduto ne le man di Irena, che così ebbe nome, e io cattiva il piú m’andava a letto senza cena. 75 In questo tempo ragionar udiva d’un miracolo e perché mi par bello, vo’, che se gli altri noti, questo scriva. Trovato fu in Bisanzo un avello dentro dal quale un corpo vi fu visto, 80 che per antico parea posto in quello; e scritto vi parea per buono artisto in una stola d’or lungo costui: – De la vergin Maria nascerá Cristo –.Poi seguitava: – E io credo in Lui 85 e tu, o sole, mi vedrai ancora regnando Irena e Costantino altrui –. Per lo peccato de la trista, allora credo che fu che ’l sol venne in eclisso, ch’un mezzo mese e piú cosí dimora. 90 E se tu in quello tempo fossi visso, veder potevi Amilio ed Amico, che s’amâr d’un amor sí caldo e fisso, che certo quei che funno al tempo antico, Eurialo e Niso, non s'amâr piú forte, 95 né Finzia con Damon, che quei ch’io dico. E se ’l ver vuoi saper de la lor sorte, a Mortara, se cerchi, troverai qual fu la vita loro e qual la morte, overo in Pavia, se tu vi vai. 100