Quid novi?

Il Dittamondo (2-22)


Il Dittamondodi Fazio degli UbertiLIBRO SECONDOCAPITOLO XXIISecondo il mio parlar ben puoi vedere che Carlo Magno in Francia fu il primo a cui dessi giá mai il mio podere. E puoi trovar, cercando in fine a imo, chi e quanti ne funno e come fatti 5 imperador discesi del suo vimo. Or ti vo’ dire, a ciò che, se mai tratti di sí fatta materia, il tempo veggi che meco funno e ch’io li vidi sfatti, dire che ’n quante croniche tu leggi, 10 truovi ch’esser potean da due cent’anni che governaro me e le mie greggi. E se qui vuoi che del ver non t’inganni, contenta assai ne fui, se vennon meno: sí poco giá curavan de’ miei danni. 15 E poi che sciolto in man mi tornò il freno de lo ’mperio mio, cosí il porsi a Lodovico, che piú m’era in seno. Vero è che di cui fosse avresti in forsi trovato al mondo molti e molti popoli, 20 tanto eran giá i fatti miei trascorsi: ché l’un lo si credea ’n Costantinopoli e l’altro ne la Magna, colá dove or la corona de la paglia copoli. Ma perché miri al segno e non altrove, 25 sol Lodovico allor l’onor tenea che da me prese, in cui la grazia piove. Or odi di costui fortuna rea: che preso fu e poi cieco in Verona, quando disfare Berlinghier credea. 30 Sei anni guidò il mio la sua persona; poi Berlinghieri Forlivese venne, al quale puosi in testa la corona. Quattro anni, poi, la governò e tenne; pro fu in arme e di alti ministeri; 35 altrui fe’ guerra e molta ne sostenne. Seguio apresso un altro Berlinghieri, ma nato Veronese, e costui poco ne’ suoi nove anni ebbe di me pensieri. Lottaro, dopo lui, ritenne il loco 40 sette anni e poi Berlinghieri il terzo, Piagentin, tre; e costui fu un foco. Tu vedi ben come mi sforzo e sferzo venire al fin di questa trista schiatta, che fun peggior che gli orsi in ogni scherzo. 45 In questo tempo fu Genova sfatta per gli Africani, sí ch’ancor ne langue ogni suo cittadin de la baratta. In questo tempo una fontana sangue isparse per la terra, ch’a’ lor guai 50 annuncio fu peggior che morso d’angue. In questo tempo fun discordie assai in Francia, ne la Magna e tra’ Latini, de le quai danno spesso mi trovai. In questo tempo ancora i Saracini 55 passâr su la Cicilia e vinser tutta, ponendo ai liti miei le lor confini. In questo tempo fu rubata e strutta Italia sí per gli Ungari crudeli,ch’ancor c’è, credo, chi ne piange e lutta.In questo tempo si vide tra’ cieli sí rosso il sol, ch’a molti, per sospetto d’alcun giudicio, s’arricciaro i peli. In questo tempo fun con un sol petto due corpi uman, che, quando l’un dormia, 65 e l’altro da la fame era costretto. In questo tempo fen vita sí ria Alberto e Berlinghier, ch’assai ne piansi e piansene Toscana e Lombardia. E come rimembranze talor fansi, 70 costui mi fe’ ricordar di Nerone, cotanto duro m’era e tenea in transi. Tre papi funno allora in quistione e tutti e tre in un sol tempo vivi: Giovanni, Benedetto e Leone. 75 E se giá mai di tal Giovanni scrivi, dir puoi, per ver, che fu pien di lussuria e d’altri vizi bestiali e cattivi. Senza fallo commesso o altra ingiuria, la maladetta schiatta impregionaro 80 Alonda imperadrice con gran furia. Pur tanto i lor gran mal moltiplicaro, che ne la Magna ad Otto di Sansogna il popol mio e gli Italian mandaro. Or qui voglio che chiaro si ripogna 85 ne lo ’ntelletto tuo ciò ch’a dir vegno, ché alquanto lungo parlar mi bisogna. Dico che come Carlo tolse il regno a Desiderio, a Berlinghier costui, prendendo lui, li tolse ogni sostegno. 90 Poi tanto amata e riguardata fui, per lo suo gran valor, che la corona e me e ’l mio diedi tutto a lui. Assai mi piacque, quando dispregiona Alonda e piú ancor poi che la fece 95 compagna e sposa de la sua persona. Da queste genti sí crudeli e biece l’aquila posso dir che fu tenuta tre anni e piú di cinque volte diece. Vero è ch’ell’era giá tal divenuta, 100 per lo tristo governo, in questo tempo, qual se ’l Greco l’avesse posseduta. Qui puoi veder come di tempo in tempo la somma Provedenza alcun produce che, per sua gran vertú, poi lungo tempo 105fa che nel mondo la mia luce luce.