Quid novi?

Rime inedite del 500 (XXVI)


Rime inedite del cinquecento (Bologna, Romagnoli - Dall'Acqua, 1918)XXVI[1 Di Giovanni Mahona]Di m. Giovanni Mahona pisanoSe d'oro, o gemme, ornate le mie sponde, Viator, non vedi, ben puoi onorarmi, Ché sotto orrida terra e inculti marmi Un ricco e bel tesor spesso s'asconde. Francesco Accolto è qui, cui sì seconde Fur le grazie del ciel, che degno parmi Di farse udir con più soavi carmi Che mai s'udisse cosa degna altronde. Qua giù mostrasse appena; perché come Loco degno di sé non vide in terra: Tornosse in ciel là d'onde prima venne. Piange hor il mondo, che non ch'altro il nome Non seppe, et hor invan cercando l'erra, Ché nol conobbe mentre seco il tenne.[2 Di Giovanni Mahona]Ne la stagion ch'ogni albero si spoglia De la bella sua verde antica veste Non penetrato ancor l'orrenda peste, De' regii tetti havea l'altera soglia, Quando non sazia ancor sua ingorda voglia Del sangue afflitto de le ignote teste, Disse: homai tempo è che mie cagne infeste A più onorata e ricca preda scioglia. E rimirando infra la turba scelse Francesco Accolto, o nobile olocausto, Che di vittima tal primiero felse. Piangi tu, Roma, che di tante excelse A' sacri tempii tuoi quel giorno infausto Future spoglie la speranza svelse.[3 Di Giovanni Mahona]Francesco Accolto qui sepulto sono, Già fulminato da celeste telo Due volte, prima in fuoco, poscia in gelo Tacito in questo, in quel con grave suono. Ma questo morte, e quel mi die' perdono; Così distratto il mio corporeo velo Fu ne' verdi anni e meritai dal cielo Di sempre lieta e immortal vita dono. Non che mi spiaccia che di qui partita Sia l'alma e giunta a più securo porto, Per corre il frutto di mia onesta vita; Ma uno stimolo sol meco ne porto Ch'a mostrar mia virtù nel cor unita Com'io sempre bramai, fu il tempo corto.[4 Di Giovanni Mahona]Dignissim'ombra, che d'intorno aggiri Questa felice è glorïosa tomba, Qui chiama hor quella candida colomba Ch'al ciel volò con sì soavi giri. Per ch'oda il suon di tanti alti sospiri, Di cui quest'aere sì dolce rimbomba, E senta hor questa, hor quella altera tromba Sparger le lodi de' suoi bei desiri; Si dirà bene ancor ch'assai men gisse, Ch'a mezzo il corso che finir volea Sol per lasciar di sé qui chiari esempii. Che punto men del debito non visse Se più vivendo acquisto non potea Far di più ricchi e più famosi tempii.[5 Di Giovanni Mahona]Altera tomba, hor di pompose spoglie Il cielo e tu superbi ornate il volto, Poi che del caro mio signor Accolto Tu 'l corpo tieni, et ei lo spirto accoglie. Portate al tempio hor d'adempìte voglie Il don promesso in ricchi drappi involto; Io del mio cor, che seco mi fu tolto, Lagrime porterò, sospiri e doglie. Godete hor lieti, voi ch'io voglio in pene Finir mia vita, che finir disio Anzi di viver pur sempre mi piace, Per pianger sempre il mio perduto bene E per cantar, se degno ne son io, Sue belle lodi, e nostra eterna pace.[6 Di Giovanni Mahona]Spirto gentil, ch'in sì tranquillo porto Dopo grave fortuna lieto entrasti, Perché il tuo servo, che qui sol lasciasti, Di menar teco non ti fusti accorto? Se quella fe' ch'io ti portai, e porto In vita e 'n morte senza fin trovasti E trovi ancor; veder puoi quanto errasti Ch'io pur bramai teco esser vivo e morto. Ma se pur qui vuoi tenermi anco, a questa Man' che per sé medesma non arriva Di tue alte lodi al segno, vigor presta. Che s'io non ho di che sol pianga, o scriva, Altro da far quà giù più non mi resta Per cui sia degno senza te ch'io viva.[7 Di Giovanni Mahona]S'io pur potessi col mio basso ingegno Far testimonio in versi allegri, o mesti Del bel disìo che sempre in cor avesti Non d'aquistar già sovra gli altri il regno; Ma sol di fare a' buoni alto sostegno, Exempio a' rei de' tuoi bei studii onesti, I' direi ben con ragion: vuoi ch'io resti Vivo di viver dopo te non degno? Ma se in ciò vano ogni mio sforzo vede, Signor, la tua pietà, n'altro so io Onde aggradir ti possa ancor mia fede. Prego ch'adempi il giusto mio desio, O in ciel seco mi chiami a la mercede, O qui trovi materia al servir mio.Tratte da: Rime inedite del cinquecento (Bologna, Romagnoli - Dall'Acqua, 1918)