Quid novi?

Rime inedite del 500 (XXIX)


Rime inedite del cinquecento (Bologna, Romagnoli - Dall'Acqua, 1918)XXIX[1 Di Claudio Tolomei]Di m. Claudio Tolomei. Della comunione.Chi con caldo volere ha ferma fedeUn'età viverà sempre infinita,Io son quel vivo pan, per cui si vedeMorir' la morte e ravvivar la vita,Son quel celeste pan, che a chi mi credeContra a' colpi di morte porgo aita,E chi ne mangia, o poco mangi o assaiTant'è cibo divin che non muor mai.I vostri antichi padri nel desertoMangiarono la manna, e morti sono;Chi gusta questo pan, gusterà certoImmortal vita per immortal' dono,Che la grazia celeste avanza il mertoSì larga piove sopra il giusto e 'l buono;Il pan ch'io vi darò pan vivo fiaDando pel mondo a voi la carne mia.Se voi non mangiarete del figliuoloDell'uom la carne, non fia vita in voi;Se non berrete il sangue suo, che soloVi può dar vita, non vivrete poi.Chi mangia la mia carne s'alza a volo,E 'n vita eterna vive gli anni suoi,Ché perché morto al mondo, al ciel non moraIn vita il ridurrò nell'ultim'ora.Questa mia viva carne è un cibo vero,Un bene vero è questo sangue mio,Chi l'uno e l'altro gusta, gusta interoIl cibo e 'l poto dell'eterno Iddio.Celeste ambrosia e nettare sincero,Ond'egli in me si vive, e 'n lui vivo io,Che mentre egli di me si gode e pasce,Io vivo in lui, et egli in me rinasce.Il Padre mio di ciel mandommi in terra,Onde io, che vivo hor qui, vivo per lui:Chi la mia carne entro al suo petto serraVive per me che nel suo petto fui,Questo è quel pan che 'l ciel largo diserra,Che morte toglie e vita porge altrui,Pan ch'empie l'alma con sì dolci tempreCh'ella ne vive, e ne vivrà mai sempre.[2 Di Claudio Tolomei]Del medesimo, della Sammaritana.Chi con sete mortal berrà quest'acqueDi ber altr'acque havrà poi nuova sete;Ma chi queste lassando berrà l'acqueCh'io gli vo' dar; non sentirà più sete.L'acque ch'io gli vo' dar si farann'acqueD'un fonte a lui ch'estingueran la seteCh'uscendo quindi saliranno in vitaDove morte non è; ma sempre è vita.[3 Di Claudio Tolomei]Sonetti sull'assedio Di Siena (1564).Al christianissimo re Henrico II. L'amor della mia cara patria m'ha sospinto, oltre alle altre operationi, a por in certe rime la sua afflictione, et a cercarne il remedio, il qual, dopo Dio, è posto nella pietosa et potente vostra mano. Degnatevi, vi prego, o Sire, sì come in prosa m'havete spesse volte udito benignamente, così hora legger queste rime volontieri; né leggerle solamente, ma operar anchora quanto in quelle si considera et si priega; ché certo voi non potete far né la più pietosa opera in questi tempi, né la più honorata, né che sia universalmente per piacere più a tutti i buoni d'Italia, che l'aiutar vivamente la vostra devota et affannata città di Siena, la qual humilmente alla bontà et valor vostro si raccomanda.1A Maria Vergine.Cento lampi a maggior tuoi santi altari,Vergine bella splendevano intornoChe d'atra notte faran' lieto giornoLucendo ognor con cento stelle a pari.Quivi le lodi tue con versi rariCento donzelle canteranno a torno,Et di lumi et di canti il tempio adornoDoni si porgeran' pregiati e cari,Spargerassi a l'altar soave odore;Ma più che d'altro sacrificio fiaDi volontà divota e puro core.Tu Siena tua città sciogli, Maria,Dal nodo ch'or la stringe, onde maggioreLa sua pietate e la tua gloria sia.2Al Duca Di Ferrara.Deh! perché tu, signor, ch'un vivo lumeTra' più lucenti dell'italia seiNon volgi prima gl'occhi a' dolor miei,Che questa cruda fiera mi consume?Fu pur degl'avi tuoi santo costumeI buoni sollevar', punir' i rei;Tu più degl'altri or poi ben farlo et dei,Ch'al volto tuo cresciuto à Dio le piume.Ben fia di somma laude e sommo onoreEt opra degna di perpetui inchiostri,A cui consacri il mondo altari et tempio,Trarmi da unghie rie col tuo valore,Così giovando altrui con bello esempioAd Hercole convien domar' i mostri.3Al medesimo.Non tardar più, famoso Hercole invitto,A dar rimedio al grave languir mio,Che, se ben guardi, vedrai pur' com'ioPronto ho lo spirto sì, ma 'l corpo afflitto.Non basta il buon voler, anci è ben drittoAggiunger le belle opre al bel desìoFia caro al mondo e insieme caro a DioChe 'l fiero vincitor per te sia vitto.Vedi che pur me sbate, et percuote;Ma d'intorno i vicini, et te minacciaCon affamati denti et mente prava.Ma tua virtù salvar tutti noi puote,Muovi il valor de le robuste braccia,Che fa dormendo hor la tua forte clava?4Siena in figura di lupa a' Romani.Ahi! cari miei figliuoli, hor voi non caleChe a' vostri primi padri io vita porsi,Et col mio proprio latte quei soccorsiAi denti esposti d'ogni aspro animale?Lassa me! Che mi giova, o che mi vale,Se voi che siete dal lor sangue scorsiNon mi guardate da' rabbiosi morsiDe l'empia fera, ch'or m'urta et m'assale?Per me prima saliste al grande impero,A cui non fu giamai nel mondo pari,O ne l'antica, o ne l'etate nostra.Per me mostraste il vivo valor vero,Et la viva pietà, miei figli cari,Rendete il latte a la nutrice vostra.5A' signori d'Italia.Ai sacri gigli, et pien' d'alta virtuteUnitevi voi, buone, amiche pianteNel giardin' nata de' l'Italia, et santeGratie spargete per la mia salute.Sgombrate dal mio corpo l'aspre, acuteFebbri, et l'iniquo umor ch'intorno erranteA me vostra gentil' et bella amanteRendete hor nuova vita et gioventute.Ben lo faranno i bei fioriti gigli;Ma col vostro valor congiunti insiemeGiran' più tosto in ogni polso et vena.Fia gran letitia a' miei pietosi figli,Honor'a voi l'aver ne l'ore estremeCon la vostra virtù salvata Siena.6Siena a' cittadini morti per diffenderla.Anime, ch'or' vivete in ciel beateEt pria che giste in quell'aer serenoFuste in terra quà giù dentro il mio seno,Voi immortali, a mortal vel' legate.Oh! quanto dee gradir l'alta bontate,Che per salvar vostro natio terrenoDi me stimaste il proprio corpo meno,Tanto amor ebbe in voi loco et pietate.Hor sete in vera patria appresso a Dio,Ove però avversario hormai non puoteFar di lui voi, né di voi quella priva.Pregate lui che ascolti il pregar mio,Et percuota il crudel che me percuote,Ond'ei smarito resti, io bella et viva.7A Siena.Per discioglier da te nodo sì fieroTre sacri nodi pria far si conviene,L'un ch'unisca te stessa d'una speneD'un amor, d'una fede et d'un pensiero.L'altro leghi il tuo cor saldo e sinceroAl grande Henrico, ch'or t'alza et sostiene,In lui la tua salute, e 'l fermo beneQuà giuso è posto lo sperar tuo vero.Il terzo ti congiunga amica a Dio,Di bontate et di gratie fonte pura,Che sparge sovra i buon' con varii modi.Né temer poi ch'el tuo nemico rioVittoria habbia di te, fatta sicuraDi questi tre celesti et santi nodi.8A' nemici di Siena.Ne l'aspre conche de l'oscuro infernoOnde usciste qua su, fetidi mostriRabbiosi entrate, in quelli amari chiostriSfogate il gran velen ch'avete intorno.Degni non sete voi d'aer superno;Ma d'infernal, conforme ai pensier vostri,Degni che Dio sua giusta via vi mostriNe la fiamma immortal del cieco averno.Mordete a voi le scellerate labbia,Non fate strazio d'anime innocentiPer saziar l'infinita ingorda rabbia.Contra voi stessi armate i fieri denti,L'uno l'altro rodendo, onde vita habbiaE gloria il buono, e non morte e tormenti.9A Siena.Cinto il bel crin di trionfale alloro,Di gemme ornata e di fin' ostro andrai;Poi che i fieri nemici vinti avraiCon la viva virtù de' gigli d'oro.Intorno a te di vaghe ninfe un coroLieto danzando in cerchio gir vedrai,Quivi le lodi tue cantar udraiL'Indo, lo Scita, l'Ethiope, e 'l Moro.Scaccia tu queste pompe et tutta puraRiverente entrarai nel sacro tempio,Ove s'honora il nome di Maria.Ringrazia lei, per lei fatta sicuraCh'ella è tuo vero schermo ad ogni scempioCome fu prima sempre, et sempre fia.10Alla medesma.Oh! di che bella gloria degna sei,Afflitta ben; ma ben lodata Siena,Di fede e libertà verace piena,D'amor a' buoni e di ferm' odio a' rei.Che se gisser' tant'alto i versi mieiQuanto d'alzarti bel desìo mi mena,Non fu latina mai, né greca venaCh'andasse là dove in tue lode andrei,Ma poi che 'l rozzo mio, debole stileParte non segna de' tuoi chiarimenti,Farò silenzio alla mia bassa rima.Et co' buoni godrò lieta vedertiNe l'oppressa fortuna, et stato umile,Di virtute et d'onor poggiar in cima.11Al re christianissimo Henrico II.Siena, ma non pur Siena, anci Toscana,Anci pur tutta Italia apre le bracciaEt le piaghe de' piedi et della faccia,Et del ventre vi mostra aperte e spiana.Ella d'orribil' unghia e d'inumanaSente d'un fier' augel, ch'ora le stracciaE un membro ne percuote un ne minaccia.Né di lei lascia in terra parte sana.Voi, cui somma bontà con gratia egualeConcesso ha Dio per sua gloria maggiore,Porgete all'affannata Italia aita.Contra morte vi fia vita immortale.Traendola dagli aspri artigli fuoreA' crudi mostri morte, a lei dar vita.12A Siena.Ripon' le tue speranze in dio verace,Nobil città, ch'or' tanto afflitta sei,Ch'egli accogliendo i buon', scacciando i reiDarà pietoso a te vittoria e pace.La tua giustizia in ciel più ch'altra piace;Né il tuo fiero avversario ha parte in lei,Anci la squarcia ognor dal crin a' pieiCon fieri artigli sì l'odia e gli spiace.Onde Henrico per te la spada cinge,Che da Dio spinto et da giustizia ancoraMuove la franca man con bel desìo.Ben sarai tosto d'ogni tuo mal fuora;Poi che per sciorti il laccio che ti stringeHenrico hai teco, et la ragion, et Dio.Tratte da: Rime inedite del cinquecento (Bologna, Romagnoli - Dall'Acqua, 1918)