Rime inedite del cinquecento (Bologna, Romagnoli - Dall'Acqua, 1918)XXX[1 Di Carlo Coccapani]Di don Carlo CoccapaniFatto è 'l mio petto un Mongibello ardente L'un e l'altr'occhio un novell'istro, un Xanto L'alma d'aspri sospir selv'atra e quanto Si sfronda più, più germogliar si sente.Ne 'l foco immenso è d'essiccar possente L'amaro umor de l'angoscioso pianto, Né le lagrime puon tanto, né quanto Dar refrigerio al fiero ardor cocente. Ma quanto cresce l'un, tanto sormonta L'altro contrario e 'n un soggetto istesso Estremo caldo e freddo estremo alloggia. E 'n un sol punto e quelli e questi poggia Tal che avvampa gelata e gela spesso L'alma avvampata al suo martir sì pronta.[2 Di Carlo Coccapani]Del medesimoQual puro ardor, che da fatali giri Di due stelle serene in me discese Sì soave alcun tempo il cor m'accese Che ne' pianti giova e ne' sospiri. Come minacci Amore come s'adiri, Quali sien le vendette e quai l'offese Per prova seppi, né più mai s'intese Che beassero altrui pene e martiri. Hor ch'empia gelosia s'usurpa il loco Ove sedeva Amor solo in disparte E con le dolci fiamme il ghiaccio mesce. M'è l'incendio noioso e 'l dolor cresce Sì, ch'io ne pero (ahi lasso!) e con qual'arte Se temprato è dal giel, più m'arde il foco![3 Di Carlo Coccapani]Del medesimoDonna, per cui trionfa Amore e regna, Merti tu ben che 'l capo a te circonde Nobil corona; ma qual fia la fronde, O qual fia allor cui tanto onor convegna? A gran ragion da te si schiva e sdegna Fregio men bel che si ricerchi altronde Poiché sol l'or de le tue treccie bionde Può far corona che di te sia degna. Questi s'avvolge in cotai forme e tesse Che la fenice omai sola non fia Che di diadema natural si vanti. Così, o nuova fenice, a te piacesse Scoprire il sen; come vedrian gli amanti Che gli è monil la tua beltà natìa.[4 Di Carlo Coccapani]Del medesimoLuci, sovr'ogni luce adorne e liete, Poiché voi stesse di mirar m'è tolto E gioir di quel ben ch'è 'n voi raccolto E di quei pregi onde sì ricche siete, Con sì nov'arte almen deh! non tenete Vostro splendore a me chiuso et involto Qualor con gli occhi e col pensier son volto Là 've a' raggi d'amor lucenti ardete. Forse invidiate voi che sì felice In fruir vostra vista altri divegna Se pur fruirne in parte a voi non lice. Deh! che s'un dì mi foste a pien concessi Farei in virtù vostra opra sì degna Che mirar vi potreste ivi entro espressi.[5 Di Carlo Coccapani]Del medesimoFacelle son, d'immortal luce ardenti Gli occhi che volgi in sì soavi giri E fiamma è l'aura che tu movi e spiri A formar chiari, angelici concenti. E fuoco son le lagrime cadenti Che talor versi e foco i tuoi sospiri. E quanti tu col dolce sguardo miri, E quanti rendi al dolce suono intenti. Io solo ai vivi raggi et a le note Onde avvampa ciascun, nulla mi scaldo Né trova onde nutrirsi in me l'ardore. Né già son'io gelido marmo e saldo; Ma consumato in altro incendio il core, Or che cenere è tutto arder non puote.[6 Di Carlo Coccapani]Del medesimoPoi ch'Apollo m'è scarso, e che non spira Più ne la lingua mia l'usata aìta, Che se pur move a l'altrui lodi ardita, Erra lungi dal segno ov'ella aspira. Tempra al canto, Guerin, la nobil lira, E sia intorno al sonar Leonora udita, Che per chiaro soggetto or te l'addita Febo, che in lei sua luce espressa mira. Dì com'è casta, e saggia, e loda e scegli Pari al suo merto e al bel nome intanto Qual eco al replicar la fama impari. Forse sì come augel, che gli astri svegli A salutare il sol, desti al tuo canto Mille cigni udirai famosi e chiari.Tratte da: Rime inedite del cinquecento (Bologna, Romagnoli - Dall'Acqua, 1918)
Rime inedite del 500 (XXX)
Rime inedite del cinquecento (Bologna, Romagnoli - Dall'Acqua, 1918)XXX[1 Di Carlo Coccapani]Di don Carlo CoccapaniFatto è 'l mio petto un Mongibello ardente L'un e l'altr'occhio un novell'istro, un Xanto L'alma d'aspri sospir selv'atra e quanto Si sfronda più, più germogliar si sente.Ne 'l foco immenso è d'essiccar possente L'amaro umor de l'angoscioso pianto, Né le lagrime puon tanto, né quanto Dar refrigerio al fiero ardor cocente. Ma quanto cresce l'un, tanto sormonta L'altro contrario e 'n un soggetto istesso Estremo caldo e freddo estremo alloggia. E 'n un sol punto e quelli e questi poggia Tal che avvampa gelata e gela spesso L'alma avvampata al suo martir sì pronta.[2 Di Carlo Coccapani]Del medesimoQual puro ardor, che da fatali giri Di due stelle serene in me discese Sì soave alcun tempo il cor m'accese Che ne' pianti giova e ne' sospiri. Come minacci Amore come s'adiri, Quali sien le vendette e quai l'offese Per prova seppi, né più mai s'intese Che beassero altrui pene e martiri. Hor ch'empia gelosia s'usurpa il loco Ove sedeva Amor solo in disparte E con le dolci fiamme il ghiaccio mesce. M'è l'incendio noioso e 'l dolor cresce Sì, ch'io ne pero (ahi lasso!) e con qual'arte Se temprato è dal giel, più m'arde il foco![3 Di Carlo Coccapani]Del medesimoDonna, per cui trionfa Amore e regna, Merti tu ben che 'l capo a te circonde Nobil corona; ma qual fia la fronde, O qual fia allor cui tanto onor convegna? A gran ragion da te si schiva e sdegna Fregio men bel che si ricerchi altronde Poiché sol l'or de le tue treccie bionde Può far corona che di te sia degna. Questi s'avvolge in cotai forme e tesse Che la fenice omai sola non fia Che di diadema natural si vanti. Così, o nuova fenice, a te piacesse Scoprire il sen; come vedrian gli amanti Che gli è monil la tua beltà natìa.[4 Di Carlo Coccapani]Del medesimoLuci, sovr'ogni luce adorne e liete, Poiché voi stesse di mirar m'è tolto E gioir di quel ben ch'è 'n voi raccolto E di quei pregi onde sì ricche siete, Con sì nov'arte almen deh! non tenete Vostro splendore a me chiuso et involto Qualor con gli occhi e col pensier son volto Là 've a' raggi d'amor lucenti ardete. Forse invidiate voi che sì felice In fruir vostra vista altri divegna Se pur fruirne in parte a voi non lice. Deh! che s'un dì mi foste a pien concessi Farei in virtù vostra opra sì degna Che mirar vi potreste ivi entro espressi.[5 Di Carlo Coccapani]Del medesimoFacelle son, d'immortal luce ardenti Gli occhi che volgi in sì soavi giri E fiamma è l'aura che tu movi e spiri A formar chiari, angelici concenti. E fuoco son le lagrime cadenti Che talor versi e foco i tuoi sospiri. E quanti tu col dolce sguardo miri, E quanti rendi al dolce suono intenti. Io solo ai vivi raggi et a le note Onde avvampa ciascun, nulla mi scaldo Né trova onde nutrirsi in me l'ardore. Né già son'io gelido marmo e saldo; Ma consumato in altro incendio il core, Or che cenere è tutto arder non puote.[6 Di Carlo Coccapani]Del medesimoPoi ch'Apollo m'è scarso, e che non spira Più ne la lingua mia l'usata aìta, Che se pur move a l'altrui lodi ardita, Erra lungi dal segno ov'ella aspira. Tempra al canto, Guerin, la nobil lira, E sia intorno al sonar Leonora udita, Che per chiaro soggetto or te l'addita Febo, che in lei sua luce espressa mira. Dì com'è casta, e saggia, e loda e scegli Pari al suo merto e al bel nome intanto Qual eco al replicar la fama impari. Forse sì come augel, che gli astri svegli A salutare il sol, desti al tuo canto Mille cigni udirai famosi e chiari.Tratte da: Rime inedite del cinquecento (Bologna, Romagnoli - Dall'Acqua, 1918)