Quid novi?

Il Dittamondo (3-13)


Il Dittamondodi Fazio degli UbertiLIBRO TERZOCAPITOLO XIIICosí passando per lo mare adesso,piú cose e piú mi disse il mio conforto,ch’io lascio e in questi versi non le tesso. Due giorni andammo senza piaggia o porto: sempre diritta la nostra galea, 5 come per l’ago al padron m’era scorto. Al terzo, come ’l dí quasi apparea, noi venimmo e smontammo in Palermo, cosí nomato dal nocchier d’Enea. Solino in prima e io senz’alcun sermo 10 mirando andava dietro a lui, per modo che de l’omero suo mi facea schermo. Tanto questa contrada in fra me lodo d’ogni diletto che vuol ciascun senso, che sempre ch’io ne parlo me ne godo. 15 "O luce, che sai tutto ciò ch’io penso, incominciai, qui giá fosti altra volta; prendi al lungo cammino alcun compenso col tuo parlare". Ed ello a me: "Ascolta. Buono è il tuo pensier, perché la via 20 è grave e, piú che tu non credi, molta. Quest’isola fu nominata pria da Sicano Sicania e da poi Siculo, giunto, quel nome disvia. E di costui ricordar ti puoi 25 ch’io t’ho detto chi fu e donde venne e che notato l’hai nei versi tuoi. Diversa gente il paese tenne, Ciclopi, dico, e tennerlo tiranni, per li quai sentio giá di male strenne. 30 Chi ti potrebbe dir li molti danni, i diversi tormenti e le prigioni, che qui soffrio le genti per piú anni? Questa isola è posta in tre cantoni e trovila Trinacria nominata 35 se ne’ suoi fatti antichi l’occhio poni. Peloro con la sua punta guata in verso Italia: e questa è la piú degna parte de l’altre ed è la piú lodata. Libeo pare che ’n vèr l’Africa tegna 40 e Pachino a levante, ond’ella è tratta come scudo che ’n terra si disegna. Tra Calavra e Peloro si baratta Silla e Cariddi: l’un le navi rompe, l’altro li dá, inghiottendo, la tratta. E tre laghi ci son, ma di piú pompe e fama è quel che chi la man v’attuffa quanto ne bagna tanto ne corrompe. Del fiume Imero dico non è buffa che amaro è correndo a tramontana 50 e dolce, quando il mezzogiorno acciuffa. Se maraviglia par quella fontana che salta, quando l’uom sopr’essa sona, minor non tegno l’altra di Diana. Ed Aretusa è qui, di cui ragiona 55 Ovidio, poetando come Alfeo la trasformò in fonte di persona. Ancora è qui lo stagno Geloneo, che, qual dimora sopra la sua sponda, il terzo senso sente ciascun reo. 60 Due fonti ci ha: che l’una qual de l’onda femina assaggia, senza alcun riparo, se sterile è, diventerá feconda; l’altra dir posso ch’è tutto il contraro. Ancor vi trovi il nocevole stagno 65 a ogni serpe e a l’uomo molto caro. Lo lago d’Agrigento pare un bagno, perché di sopra olio sempre nuota, util talor, ma di poco guadagno. Eolo par che qui sempre percuota 70 e con piú voci di cagne ci latre e che talora alcun monte ci scuota per le molte caverne forti e atre, che soffian foco e solfo per le gole, come spiran del corpo de la matre. 75 Albo corallo nel fondo si tole di questo mare, non che color mova come fa il Sardo, quando vede il sole. Oro chi ne ricerca assai ne trova. Acato fiume dá l’acata pietra, 80 che molto a Pirro fu giá cara e nova. E benché ora non suoni la cetra d’Archimedes, ti dico, e di Lais illa, pur colá, dove io posso, non s’invetra. Non vo’ rimagna qui senza favilla 85 d’Anapio e d’Anfinomo il miracolo, perché palese ci è per ogni villa:Campo pietoso fu lor tabernacolo".