Quid novi?

Il Dittamondo (3-15)


Il Dittamondodi Fazio degli UbertiLIBRO TERZOCAPITOLO XV"Poi che hai veduto e udito a parte a partele novitá de l’isola e il costume,è buon prender la via in altra parte": cosí mi disse lo mio vivo lume. E io a lui: "Va pur, ch’io son disposto 5 a te seguir con l’ali e con le piume". Indi si mosse e io altresí tosto e, giunti al mar, salimmo sopra un legno, ch’andava dritto ov’io avea proposto. Per questo modo appunto ch’io disegno, 10 in Lipari passammo, cosí detto da Liparo, che in prima tenne il regno. Senza smontare, con benigno aspetto m’incominciò il mio consiglio a dire: "Apri l’orecchie qui de lo ’ntelletto. 15 Tu dèi pensare al cammin che de’ ire; se ben dovessi ogni isola cercare, col tempo ch’ai nol potresti fornire. Per ch’io l’abbrevierò, senza l’andare, additandoti sempre, quando andremo, 20 dove son poste e come stanno in mare. Per queste parti, lá dove ora semo, quattro ne sono nominate poco, ché ’l ben, piú che non suol, n’è ora scemo. Iera è l’una, che per lo molto foco 25 che fuori sbocca, a Vulcano è data per fabbricare e posseder quel loco. Ad Eolo re è Strongile sacrata, per li gran venti ch’escon de la foce, mortali e fieri alcuna fiata. 30 Ancor per tutto è nominanza e voce come Erifusa e Fenicusa aora Venus per dea e a lei fan la croce. Dal mar di Pisa in fino a qui ancora 34 tu truovi la Gorgona e la Caprara, 35 Pianosa e dove Giglio fa dimora. L’Elba in fra l’altre vi par la piú cara, sí per lo molto ferro e per lo vino, per Capolivro e ’l Porto di Ferrara. E truova chi ben cerca quel cammino 40 Ponza, Palmara, ch’Astura vagheggia, quando ’l tempo è ben chiaro e pellegrino. E cosí, ricercando questa pieggia, non si convien che Bucetta si lassi, che con Gaeta ognor par che si veggia. 45 Ancor si truova l’Ischia in quei compassi e Capri: e queste stanno in contro a Napoli sí presso, che vi vanno in brevi passi. Gli abitator vi son subiti e vapoli: lodano Dio coloro che vi vanno, 50 se senza danno da lor sono scapoli. Contro a Scalea e Andreano stanno Didini e la Micea e questa gente la via di Conturbia spesso fanno. Or puoi veder ch’io son, se ben pon mente, 55 venuto in su la punta di Calavra, a onde, sempre, come va il serpente. E perché il vero a l’occhio tuo ben s’avra qui la piú parte al modo di Grecia parlano e hanno costumi di cavra. 60 Ora mi volgo al golfo in vèr Venecia, dove isolette sono assai, ma tale che per me poco ciascuna si precia: perché la cosa tanto quanto vale dee l’uom pregiare e chi tiene altro modo 65 inganna altrui e spesso a sé fa male". Qui si taceo; e io ch’a nodo a nodo legato avea nel cuor le sue parole, li dissi: "Ciò che di’ intendo e odo. Ma fammi chiaro ancor, vivo mio sole, 70 da cui derivan questi tanti nomi, che ’n questo poco mar la gente tole". Ed ello a me: "Per li superbi e indomi pelaghi, venti e scogli, che l’uom trova da Pisa al Corso, in fin ch’al Sardo tomi, Leone è detto, e poi par che si mova da Liguria il Ligur, la cui pendice tien quanto mare il Genovese cova. Ionio da Io ancora si dice e da Adria cittade l’Adriano, 80 la qual di qua fu giá molto felice". Cosí, per non passare il tempo invano, ragionavamo insieme ed ello e io sempre di quello che m’era piú strano. Passato noi Suasina, udio 85 dire al padrone: "Durazzo ci è presso, dove Giulio Cesar giá fuggio". "Buono è smontar, disse Solino, adesso". E io a lui: "Quel che credi che sialo miglior, fa, ché tu sai qual’è desso". 90Indi scendemmo e prendemmo la via.