Quid novi?

Rime inedite del 500 (XLI-3)


Rime inedite del cinquecento (Bologna, Romagnoli - Dall'Acqua, 1918)XLIQuattro intermezzi fatti per la piscatoria del signor Antonio Ongaro detta Alceo, che si doveva recitare in casa delli signori Vincenzo, Francesco e Pompeo de' Catti fratelli, l'anno del 1593, composti per il signor Anibal Poccaterri, signor Luigi Putti, signor Orazio Areosti, signor Alessandro Guirini.Ad instanza del signor Francesco Sarasini, il quale hebbe cura di tenere insieme le parti che recitavano in detta Pescatoria; le quali erano li gentilhuomini che allora facevano camarada in casa di detti signori Catti, ed ebbe cura di far fare la scena nel curtile di detti signori al scoperto, la quale quasi finita e fata la spesa di scudi 300 in circha, e invitati Sua Altezza Serenissima e tutti li cavaglieri principali de la città, che il giorno seguente si dovea recitare venne una piova grande che rovinò lo scena e non si potete recitar la pescatoria.[3 Di Alessandro Guarini]Interlocutori: Thetide, Achille, Coro di donne che cantano e saltano.Intermezzo IIIThetideO destrieri dell'acque,Ecco del vostro nuotoE del mio lungo corso il fin'è giunto.Deh! pur mi doni il fatoChe giunga anch'egli il mio desio in porto,E dell'unico mio diletto figlio,Che in alto sonno involto ho qui condottoIo sua pietosa madreCessi il mortal periglioChe gli minaccia il ciel nemico d'Asia.O sola del mio cor dolce radice,Tu dormi, ohimè!, tu dormiEd io, misera me!, la notte e i giorniMeno per tua cagioneVigili e tormentosi.Come, viscere amate,Sarà possibil maiCh'alle materne lagrime, a' sospiri,A' prieghi di colei, ch'a te già diedeE lo spirto, e la vitaIl tuo cor indurato non si spezzi?Ah figlio! Ah figlio! il tuo feroce ingegnoL'invitto animo tuo, che sol di gloriaHa immoderata sete;E quell'(ohimè!) che col dolor m'ancide,Tu per udir delle canore trombeIl fiero suon, ch'alla battaglia sfida,Sordo non udiraiIl fiebil suon de' miei pietosi accenti?Oh! Troia, de' miei maliAmarissimo fonte;Oh! del troiano eroeTroppo crudel rapina,Ch'altrui la sposa, a me rapisce il figlio;E voi di ferro e di guerrieri onusteNavi, d'Asia terror, di Grecia pianto,Se voi di render graviSì prezïosa salma;Se i vostri lunghi erroriDe' seguir il mio figlio,Disserri e sleghi il dio rettor dei ventiI tempestosi noti,Sì che turbato il mar, sempre turbataMiri la greca agente.E tu che nel ciel regni, o sommo Giove,Che sol del fato negli eterni abissiVedi i segreti agli altri dei mal' noti;Se deve Achille ne' troiani campiInevitabilmenteCader ferito e morto, e me sua madreLasciar orba e dolente,Ah! tu ch'onnipotenteSe' detto, fa ch'egli non parta,e resti.Tu del cor giovanil gli ardenti affettiE i spiriti guerrieriTempra e sopisci, tu, che 'l tutto puoi;Questo suo cor cangiandoChe sol di guerra e mortal guerra è vago.Inspira nel suo pettoVital desìo di pace e di riposo.Signor benigno, ascoltaQuesti miei prieghi, che pietà maternaBagna di calde lacrime et amare;Ma che col tuo favor tardi a destarlo?A che tanto diffidi?Breve stilla di pioggia un sasso rompe,Non potrà largo pianto,E pianto di pietosa e diva madre,Spezzar ancor un cor di figlio umano?Figlio? Ma per sé stesso ei si risveglia;Vuo' tacer, e vedereQual sarà meravigliaDel varïato cieloE di mirar mia deità presente.AchilleEcco il lido, ecco Troia,Armi, ecco Ettore. Ah! che vaneggio.Ma dove sono, e dove longa cacciaOggi m'ha tratto! Io già non ho memoriaDi questa spiaggia mai, di questo mare,Di questi alpestri scogli,E dove è Pelio et ossa?Ma tu chi sei, che con divino lumeM'assali? Ah! ben ti riconosco o madreA me questa tua luceRecar non può se non notte d'infamia.Conosci la tua fraude, i tuoi disegni,La tua pietà crudele.Ai regi et agli eroi;Alle palme, ai trofeiM'ha tolto, et or m'esponeAgli scogli e alle selve.ThetideFiglio, misero figlio,Di più infelice madreIl mio materno amor, la mia pietateChe tu, crudel, crudel a torto chiamoAl tuo fiero destino,Alla fatal tua morteTi sottragge e ti donaA la mia vita, di cui non have il mondoCosa più pretïosa.AchilleSì, se vivesse senza onor il mondo.ThetideL'onor'è un ombra di fugace bene.AchilleLa vita senz'onor è come morte.ThetideMa l'onor senza vita è un fumo e un sogno.AchilleÈ padre della gloria e della fama.ThetideE la fama e la gloria è un'eco vana.AchilleElla è dell'uomo la seconda vita.ThetideEll'è più tosto la seconda morte.AchilleChi glorïosa fama uccider puote?ThetideIl tempo micidial de' nomi e d'opre.O figlio, tu non sai, né saper puoi(Ché tua tenera età non lo consente)Quali faccia tra noi alte rapineL'artiglio irreparabile del tempo.Per lui rovinan le città possenti,Per lui cadono i regni,Per lui la vostra fama,Che tanto il vano mondo apprezza ed ama,Qual nebbia al vento si dilegua e sfaceIn questo vostro sì mirabil mondo,Che goder non potete,Se non vivendo. Altro di vero beneChe la vita v'è dato:La vita, che naturaNostra madre comuneInsegna a custodir con tanto studioNon agli uomini solo;Ma quel ch'è suo mirabil magisteroA tutto ciò che sotto il ciel ha vita.Dunque perché sprezzar sì caro dono?Perché gittar invanoCosì caro tesoro?Vivi, mio figlio, vivi,E se lo stame de' begli anni tuoiDi recider non curi per te stesso,S'a te per te la vita non è cara,Siate almen cara (ohimè!) per me tua madre,La qual' s'avesse amor, com ebbi un tempoLuogo e stanza nel ciel tra gli altri dei,Stella tra l'altre grande e rilucente,Ti stringerei tra le materne braccia;Così tu di periglio, io di timoreSaremo entrambi fuore.Ma poiché ciò ne vieta il ciel nemico,E che son già viciniI termini fatali,I giorni, ohimè!, pericolosi tanto,Cedi, deh! cedi al fato,Soggioga alquanto i tuoi virili affetti,E queste vesti ch'ioSolo per tua salute ho qui recateNon isdegnar; ma soffriDi veste femminil' andar ornato;Acciò da crudo e dispietato ferroCosì tosto non sia lacera e guastaDella grand'alma tua la viril veste.Ma perché torci il guardo?Ah! che minaccian le sdegnose luci?Ti vergogni tu forseChe con questi ornamentiS'amollisca il tuo cuore?Per te, mio figlio, i' giuro,Giuro per l'acque de' congiunti mariCiò non saprà Chirone il tuo maestro.Coro di donne che cantano e ballano:Corriam, veloce piedeMostra devota fede.Corriam a coglier fioriPer celebrar di Palla i sacri onori.Ecco già scopre un odorato MaggioDel sol novello il mattutino raggio.ThetidePar ch'in vista si sia cangiato e cangiMirando sol di quelle donne il coro.Sì come amica menteLe seguita col guardo.Oh come a un tempo soloArrossa, impallidisce, e suda, e trema.Questi d'amor son segni ch'io conosco;Egli ama certo, oh caso fortunato!Io ridurro con questo mezzo forteL'ostinato suo cor alle mie voglie.Vedesti, o figlio, qualiSplendean, tra queste selveFra quest'alpestre scoglio e quest'areneBeltà più che terrene?Non sotto l'agghiacciato Pelia ed ossaMiravan gli occhi tuoiCosì rare bellezzeDi cui, se vago sei,Ascolta per goderne i detti miei.Tra così dura impresa,Per cagione amorosa,Tra così belle donneFinger l'abito e 'l nome,Odi, mio figlio, comeTi coprirò con queste spoglie, e i criniDi chiome feminiliT'innestarò con sì leggiadro modoChe qual vergine poiT'introdurrò nella bramata schieraDelle amate donzelle.Tu intanto ascolta, e fa de' miei ricordiFida conserva, e quando il tempo il chiedaA tuo pro te ne serve.Sia breve e lento il passo,Gli occhi sian parchi e le parole rare,Pronto il rossor, tarda l'audacia, e l'iraDel cor in tutto spenta.Così mentisci, me maestra, il sesso.Nel rimanente poiSegui quel che t'insegnaNatura, Amor, l'occasïone e 'l Tempo.AchilleO Achille, o da te stesso,O da principii tuoi tanto diverso,Che più non merti d'esser detto Achille.Sogni tu forse? Ah! non son sogni questiSono degli occhi tuoi purtroppo destiEffetti, onde tu sempreDi te medesmo teco ti vergogni.Son questi i finti usberghi, e queste l'armiCh'alla pugna apparecchi?Or' va guerriero invitto,Dell'asta invece, e fa fuggir con questaL'armate schiere a tua vergogna estrema.Ma che parlo? Che penso? E qual fierezzaChiudo nel petto? E qual crudo desioSol di sangue e di strage, e sol di morteD'ogni umano pensier l'alma m'assale?Ho io di fiera il core,In cui sempre s'annida ira e furore?Fiera allor fui, che con le fiere io vissi,Or! son uomo, e mi pregioChe quest'anima miaIncominci a sentir gli effetti umani.Amor, da te l'umanità conosco.Che dico Amor? Anzi da te, mia donna,Che con la tua beltà, madre d'Amore,Rendesti in questa mia mente amante.O sesso, già da me tanto sprezzatoEd or tanto adorato.O donna, o santo dono, e santo pregioDel cielo e di natura,Quanto in virtù di tua bellezza puoi!Tu con questa dai vita a quell'affettoCh'in vita cerca il mondo, Amor chiamato;Onde per te sol viene, e per te soloCaro sostegno suo non cade il mondo,L'uomo che più di te si pregia e stima,Perché di te più di superbia abbonda,Senza te che sarebbe? Un secco tronco,Una sterile pianta, e quel ch'è peggioSarebbe in petto umano alma ferina.Ché, s'il sesso virile è mansueto,Tale tu 'l fai, e quanto ha di gentile,Di cortese e d'umano,S'ingrato egli non fosse, da te solaRiconoscer dovrebbe.Ma che tardiamo, o madre,A seguir il mio sole?Non più, non più parole.Ecco di nuovo appar, di nuovo s'odaLa celeste sua luce ed armonia.ThetideTaci, mio figlio, mira solo et odi.Coro di Ninfe:Queste rose e questi achantiSaran' poi de' nostri amanti.Ch'esser può devoto un coreE di Pallade e d'Amore.Amiam, l'Amor è nume, anzi guerriero;Bellona ha l'asta, ha l'arco il cieco arciero.AchilleO sirene del cielo,Ch'in terra non son già cose sì rareDalla bellezza del suo volto acceso,Dalla dolcezza di tua voce preso,Teco viene il suo core,Io 'l segno, a noi fido sia duce Amore.ThetideO ciel benigno, o fati amari, o Giove,Quanto, signor, la tua pietà mi giova.Tratte da: Rime inedite del cinquecento (Bologna, Romagnoli - Dall'Acqua, 1918)