Quid novi?

Il Dittamondo (3-20)


Il Dittamondodi Fazio degli UbertiLIBRO TERZOCAPITOLO XXPoi, seguitando: "Due mila anni e piuevent’otto volte venti son passati,mi disse, che distrutta Tebe fue. Quivi nascero e fun deificati Ercules ed Apollo e ciò par degno, 5 se al ben far loro e a l’usanza guati. Quivi Penteo, cui Bacco avea in disdegno, converse in porco; onde la madre afflitta, fuggendo a lei, li tolse vita e regno. Quivi si vide Niobe trafitta 10 la figlia in grembo e riguardar nel pianto le piaghe de’ figliuoli e la sconfitta. Quivi s’udio il dolcissimo canto d’Anfione, col qual facea i sassi muovere e saltar di canto in canto. 15 Ma vienne omai e seguita i miei passi e sappi ben che ’n Tessaglia se’ giunto e che Boezia di dietro ti lassi". Apresso questo, non istette punto; prese la via e io, mirando sempre 20 come ’l paese sta di punto in punto. "Non vo’, figliuol, che la penna si stempre del dire, per l’andare; e tu ancora m’ascolta e fa che dentro al cor l’assempre. Questa contrada piú tempo dimora 25 col nome di Emonia e poi Tessaglia da Tessalo fu detta e questo ha ora. Ma guarda dritto, se ’l sol non t’abbaglia, oltre a que’ colli il Farsalico piano dove fu de’ Roman la gran battaglia. 30 E vedi ancor, da la sinistra mano, dove, accesi di vino e di lussuria, fu de’ Centauri fatto il grande sbrano: io dico quando funno in tanta furia, che volsono sforzar uomini e femini 35 e che Ceneo morí per loro ingiuria. E se mai versi al mondo di ciò semini, la morte di Cillaro e la tristiziap d’Ilonome farai ch’a dir ti memini. Vedi lá il bosco, del quale è notizia 40 ch’ Erisiton tagliò la quercia sagra, per che la Fame venne in fin di Sizia, pilosa, con grand’unghie, oscura e magra, la qual del fallo fe’ sí gran vendetta, che sol l’udita altrui par forte e agra. 45 Oh, quanto è bestia l’uom, che non sospetta di fare ingiuria a la cosa divina, se non v’è Cesar, che ’l ciel gl’imprometta! Guarda Larisa, ch’ è di qua vicina, e Ftia ancora, che nel tempo antigo 50 famose funno per questa marina. E sappi che lá Iuppiter fu origo d’Eaco, di Pelleo e di Achille; d’Esone e di Ianson, ma d’altro rigo. Dopo queste lucenti e gran faville, 55 Pirro e Moloso seguîr senza fallo: di qua signoreggiâr cittá e ville. Quest’è il paese dove pria il cavallo domato fu e coniata a spesi moneta del piú nobile metallo, 60 e che veduti fun con gli archi tesi in su’ corsieri per questa pianura prima Centauri che in altri paesi: onde la gente semplicetta e pura i due credean uno e di tal mostro, 65 quando ’l vedeano, avean gran paura". Cosí parlando, dritto al cammin nostro trovammo Anigro: uccide se vi caccia bestia il ceffo ovvero uccello il rostro. Io volea bere e rinfrescar la faccia, quando disse Solin: "Non far, ché in esso è tosco e sangue"; e presemi le braccia. Come parlò, cosí pensai adesso: quest’è quel fiume, dove si lavaro le triste piaghe i compagni di Nesso. 75 Apresso disse quel padre mio caro: "Vedi Parnaso: e se tu vorrai bere, quivi son fiumi e ciascun dolce e chiaro. Ma guarda a destra, ché lá puoi vedere la selva dove saettando uccise 80 Pelleo Foco e non per suo volere. Per questo, il padre del regno il divise: onde passò in Trachinia a Ceice re e per un tempo quivi a star si mise. Indi partio; ma non ti dico che 85 fu poi di lui, né ’l dolce e vago amore di Ceice e d’Alcione e la lor fè; e non ti conto con quanto dolore Ceice nel mar con la sua nave affonda, 90 né come l’alma si partio dal cored’Alcione, trovatol sopra l’onda".