Quid novi?

Il Dittamondo (3-21)


Il Dittamondodi Fazio degli UbertiLIBRO TERZOCAPITOLO XXIGiunti eravam sotto Parnaso, quandodisse Solino: "Alza gli occhi e vedil’altezza e come in su si va montando. Non so che pensi, ma se tu mi chiedi consiglio, ce ne andremo per lo piano, 5 perché ’l salire è peggior che non credi". "Sia quanto vuol, diss’io, acerbo e strano, ché per amor di que’, che giá l’usaro, cercar lo voglio da ciascuna mano". Cosí risposto, senza alcun contraro 10 a salir presi il salvatico poggio, che, per non uso, altrui è molto amaro. Non era al mezzo, quando stanco e roggio sí venni, ch’io ’l chiamai piú d’una volta, ché innanzi m’era: "Attienti, ch’io m’appoggio". 15 Come la madre, che ’l figliuolo ascolta dietro a sé pianger, si volge e l’aspetta, poi lo prende per mano e dá la volta, si volse a me, in su la ripa stretta, con un bel volto e porsemi il suo lembo 20 e, presol io, mi trasse in vèr la vetta. Saliti al sommo del piú alto sghembo, le cittá vidi, che m’eran d’intorno, di sotto, sí com’io le avessi in grembo. E vidi ancora, sopra ’l destro corno, 25 dove fu giá sacrificato a Apolo in un bel tempio e di ricchezze adorno. E vidi l’altro dato a colui solo per cui le figlie di Mineo giá grame, lui dispregiando, fenno il cieco volo. 30 Cosí menando me per quelle lame, trovammo un piano quasi in su la cima, salvatico di spini e d’altre rame. Per quello un’acquicella si dilima bagnando l’erbe e scende per lo monte 35 sí dolce a ber, ch’ogni altro amar si stima. Poscia mi trasse ove sorgea la fonte, dicendo: "Fa che dentro al cuor dipinghe ciò che vedrai con gli occhi de la fronte. Quest’è Aonia, ov’eran le lusinghe 40 al sacrar de le Muse, bench’adesso pochi ci son, che di quest’acqua attinghe. Di verdi pini, abeti e d’arcipresso 43 d’ulivi, di mortella e di alloro era aombrato da lungi e da presso. Qui fun le nove suore e fen dimoro; qui per esser ben certa Pallas venne di questo loco e de la vita loro. Qui trasformâr li peli umani in penne le Pieride e qui udito avresti 50 li mal di Pireneo e che ne avenne. E se quanta vaghezza mai vedesti fosse ora qui di donne e di donzelle, piene di bei costumi e atti onesti, e per miracol ci apparisson quelle 55 nove, ch’io dico, diresti ch’un sole fosse venuto tra piccole stelle. Similemente ne le lor parole soavi e vere ti sarebbe aviso che le altre tutte ti dicesson fole. 60 E cos' in questo luogo, ch’io diviso, quando vivean queste vergini sante, dir si potea il terzo paradiso. Questo bosco di prun, ch’abbiam davante, era di fiori di gigli e di rose 65 adorno e d’altre dolcissime piante". Ragionato che m’ebbe queste cose con altre assai, ch’io non pongo in norma, cosí al suo parlar silenzio pose. E io a lui: "Se tu puoi, qui m’informa: 70 questa fontana sí chiara e sí viva in questo luogo come e chi la forma? E dimmi ancora, a ciò ch’altrui lo scriva, i propri nomi de le nove Musa, che fun sí degne ne la vita attiva". 75 Ed ello a me: "Del sangue di Medusa nacque un cavallo alato, che qui vola e con le zampe la terra pertusa. In men ch’io non t’ho detto la parola, quest’acqua, che tu vedi, fuor n’uscio, 80 che tanto chiara per lo monte cola. Euterpe, Melpomene, Erato, Clio, Talia, Polimnia: queste nota perché cosí giá nominar le udio; Tersicore intendente e rimota, 85 Calliope col suo parlare adorno, e Urania, dico, celeste e divota. Ma vedi il ciel che via ne porta il giorno: onde letto farem di queste fronde, ché miglior luogo non ci veggio intorno. 90 E ber potrai de l’acqua di queste onde e de’ frutti salvatichi gustare,che, bench’altri gli schifi, egli han pur dondeposson la vita a l’uom più lunga fare".