Quid novi?

Rime di Celio Magno (25)


Rime di Celio Magno25Nella vittoria navale contra il signor Turco alli scogli Curzolari l'anno 1571, 7 ottobreAprite o Muse i chiusi fonti, aprite!Non più timor, non più mestizia o cura:gioia,. gioia versiam fra riso e canto!Vinto è 'l perfido Trace: i gridi uditede l'alto gaudio che le menti furae soverchio dai cor si stilla in pianto.O lagrime felici! Or quando tanto.di ben per mille lustri il ciel n'ha portoquanto in un punto, o lieto dì, n'adduci?Chiudami pur le lucimorte, or che tanto don vivendo ho scorto:ch'ove amica fortuna al colmo siedede le sue grazie, anzi se stessa avanza,esser non può 'l morir se non beato.Ma scorgo io 'l vero? O pur del ben bramatoformo, sognando, al cor falsa sembianza?Non erro, no: che n'han quest'occhi fede.O chiara impresa, o gloriose prede!Cominci omai da questo dì giocondopiù che mai bello a rinovarsi il mondo!Questo è quel dì che da propizie stellecon lieto aspetto in ciel n'era promesso,di Lui che le creò ministre fide;questo è quel dì ch'in voci illustri e bellealto spirto divin cantò sì spesso,mentre l'antica e nova età 'l previde.Però là, verso l'orto, il sol si videdianzi oscurar d'orribil macchie il volto,e scorrer per lo ciel fiamme e comete.Ma in queste parti liete,ove ogni ben fiorir doveva accolto,produsse in copia a noi, fuor d'ogni stile,presso al ghiaccio il terren rose e viole;e s'udir dolci augei di notte, quandopiù l'aria tace, a festeggiar cantando,quasi sorgesse allor da l'onde il sole:segni che 'l mondo omai, d'oscuro e vile,a pien farsi dovea vago e gentile,e che Dio fa predir con note chiarene l'opre grandi il ciel, la terra e 'l mare.Dove l'Ionio mar freme nel senoche fra l'Istmo e l'Epiro il flutto accoglie,e di Cefalo il nido intorno bagna,ecco il Trace spronar suoi legni, pienod'immense forze e crude, ingorde voglie:perché lo stuol fedel vinto rimagnae serva Italia i propri figli piagnadati in vittima indegna al falso dio.Ma Pietro col re Ibero e la reinad'Adria, cui la divinagrazia a l'empio Ottomano incontra unio,spinte ver lui l'invitte, armate vele,fiaccaro i corni a la superba Luna,e strage fer de la nemica schiera.Tutto fu 'l mar coperto in vista ferad'ostil sangue e di corpi: in cui ciascunaspada stimò pietà l'esser crudele.Così giacque il nemico empio, infedele:e vittoria dal ciel con preste pennea far d'uomini dèi per merto venne.O di Cristo guerrier feroci, invitti,che di voi scudo a la sua croce festee nel cui degno crin s'orna l'alloro;ben denno esser a voi gli onori ascrittidi quei che già dal mondo, in mortal veste,dèi fur creduti a le chiar'opre loro.Per voi de le virtuti il santo corone la sua dolce libertà respira,e col torto la fraude e 'l vizio geme;per voi più non si temedi barbarico Marte orgoglio ed ira:sembran giorni le notti, e i foschi giornivincono i chiari, e ne' più chiari poiogni raggio del sole un sol diventa.La nostra gioia è un mar ch'invan si tentapassar, che cela il fondo e i lidi suoiquanto più vien ch'altri a solcarlo torni;qual anco è 'l vostro merto, o spirti adorni.Che nulla esprime il voi chiamar felici,sendo di tanto ben fonti e radici.Ma che di voi dir deggio Ercoli eletti,che sol per nostra universal salutela morte avete agli onor vostri aggiunta?Quanto invidio le piaghe a' vostri pettie 'l sangue sparso! Oh come allor virtutetinse di dolce ogni più amara punta!Parmi udir ogni lingua, al suo fin giunta,spirar tai voci: — E che puoi farmi, o morte,se mi dai vita, e in te sazia è mia brama?Chi virtù prezza ed ama,aver non può dal ciel più rara sorteche questa vita, sì dubbia e fallace,ch'a natura, qual sua, render si deve,a la patria donar diletta e cara;e cangiar, fuor di sua prigione amara,con l'immortalità spazio sì breve.Però non sia chi di lagnarsi audacemi brami in terra, e turbi in ciel mia pace;ma sol grazie a Dio renda e, lieto in tutto,di mia vittoria a sé raccolga il frutto. —Con questi ultimi accenti usciron l'almede' sacri petti, e ne' lor visi estintimorte ridente allor fu prima vista.E, novi angioli, a Dio carchi di palmevolar, di compagnia celeste cinti,risplendendo per l'aria in lunga lista.Qui dunque a lor, con gioia al canto mista,ed ostri ed ori e pompe, onor si faccia:ché morte in lor suoi privilegi perde.E quei cui l'età verdegli spirti infiamma e la canuta agghiaccia,con le vergini pure e caste spose,celebrin questo giorno; e in lui rinatil'onorin sempre poi festivo e sacro.Indi, eretto a la gloria un simulacro,dal piè si legga: — A quei che 'l Trace, armati,vinser ne l'onde e fer mirabil cose,questo invece di tomba il mondo pose. —Intanto, a Dio porgendo incensi e voti,così tutti cantiam, lieti e devoti:— Padre eterno del cielo e de la terra,d'ogni letizia inessicabil fonte,ch'or nova manna al tuo popol versasti;tu del nemico tuo l'orribil guerramovesti in noi per abbassar la frontede' vizi onde i cor nostri eran sì guasti.Tu poi 'l vincesti, e in Austro allor cangiastiBorea, che contra noi sue vele empiea,dando del poter tuo stupendo segno,e di pietà tal pegnoch'ogni nostro desir d'assai vincea;ma proprio è del tu' oprar la meraviglia.Così tu 'l freno in man, benigno, prendi,nel bel camin de le future imprese,che nulla tema avrem d'umane offese;ed è 'l nostro gioir, se nol difendi,pianta in steril terren, che mal s'appiglia.Aprine, Padre, al tuo voler le ciglia:che veggon, tua mercé, pur giunte l'oreche fia solo un ovil, solo un pastore.Canzon, prima Dio loda in umil suono,poi riverente bacia il piano intorno,onde surgono al ciel gli alti trofei;e sacra il cor, la cetra e i versi mieisolo a' lor chiari pregi, a questo giorno,a le palme ch'ancor per nascer sono.Che non conviensi a chi cantando ha in donodolce fiume gustar d'onor divini,ch'a ber d'altro liquor le labbra inchini.