Quid novi?

Rime di Celio Magno (55)


Rime di Celio Magno55Cerca di persuadere la sua donna ad accettarlo per suo poetaA che dagli occhi, Amor, vaghi e sereni,dove come in tuo ciel ti giri e movi,folgorando in me piovisì minaccioso eterne fiamme e strali?Ben Giove irato al mio pensier rinovi,allor che sovra i mostri empi terrenitra sì spessi balenifulminando atterrò lor posse frali;benché, per tante tue piaghe mortalisaette a ministrar, verrebbon manchid'Etna i martelli, allor bastanti e forti.Non cerco insidie ond'io voglia deportidel regno tuo, né che tua gloria manchi;ma se quest'occhi stanchinon vedi mai pur nel tuo nido intenti,n'incolpa solo, e non inganno od arte:ch'acquetar non si sanno in altra parte.Anzi io t'adoro, Amor, nel santo lumedi quel bel ciglio ond'hai cura e governo;e prego il ciel ch'eternoduri il tuo seggio in sì gradito loco.Ma, lasso, altro nemico occulto scerno,ch'indi scacciarti, e non invan, presume;e già suo rio costumeopra in te sordamente a poco a poco:ch'or un stral ti rintuzza, or del tuo focoun carbon spegne, or un lacciuol ti solve,e l'or del vago crin ti fura il ladro;or un spirito ardente, almo e leggiadrodi quel bel viso estingue e 'n fumo solve,perch'al fin ombra e polverimanga il corpo in cui tu regni e vivi;e te non solo privid'ogni tuo ben, ma 'l secol nostro indegno,che non have dal ciel più caro pegno.Deh, perché mentre a far oltraggio intendeal bel volto leggiadro, a laurea testa,ed al tuo mal s'appresta,non è 'l crudel ne le tue forze colto?Perché dentro il suo cor fiamma non destail bel guardo divin, ch'un ghiaccio accende?Perché, s'ogni alma prende,e lui quel vago crin non tiene involto?Talché d'ogni altra cura in tutto scioltofermasse il corso, e in un col ciel si stesseimmoto a contemplar l'alta beltade;e chiudendo al morir tutte le strade,sol una faccia sempre il mondo avesse,né più tornar potessein braccio al suo Titon la bella Aurora;e tal dì fosse allorach'anch'io mi ritrovassi intento e fisoa l'eterno piacer del vago viso.Ma, stolto, che bram'io? Se nulla valedal suo corso fatal punto ritrarlo?Ecco, mentr'or ti parlo,ch'ei pur se n' vola, al tuo danno passando.E già mi par di vincitor mirarlo,rotto a te l'arco e spennacchiate l'ale,e con doglia immortaledal tuo nido gentil tenerti in bando.Né ciò tanto devria dolerti quandopotessi altrove riparar tuo statoe 'n sì begli occhi aver sì caro albergo;ma come nulla, s'io mi volgo a tergo,donna veggio simil nel tempo andato,così non fa beatoaltra di tai bellezze il secol nostro;né di sì nobil mostro,di sì raro miracol di naturasi vanterà giamai l'età futura.Misero, che farai? Tosto al tuo dannogiungerà 'l tuo nemico empio ed avaro;né v'ha schermo o riparoche te dal suo furor difenda e copra.Ma qual grazia or m'inspira e 'l modo chiaromi mostra da temprar tuo duro affanno?E con illustre ingannofarti a quel crudo rimaner di sopra?Qual destin vuol ch'io per tuo ben lo scopra?Né perché così pronto a' miei martiriti provi, Amor, ciò ti nascondo e taccio;là come tuo fedel, palese il faccio,perché tu quinci a tua salute aspiri.Non ha, se dritto miri,più bel don da natura umana menteod arte più possentea cosa oprar meravigliose e nove,di quella che le muse al canto move.Leva questa di terra alto e sublimenostro intelletto a più beata sorte,e con soavi scortela via gl'insegna onde se n' poggi a Dio;questa con voci ognor leggiadre e scorte,vaghi pensier tessendo in versi e 'n rime,di qual tormento opprimepiù l'alma, induce dilettoso oblio;questa col canto suo frenar s'udiospesso i fiumi nel corso, e i monti e i sassiseguaci far di sua rara dolcezza;questa di morte ancor le leggi sprezzae ne l'inferno aperta strada fassi.quinci agli spirti lassida le cure del mondo have ristoroGiove nel sommo coro,mentre Febo cantando in dolci notel'armonia tempra a le celesti rote.Di quei ch'a tal favor degnan le stelleun solo scegli e tel procaccia amico;ché del tempo nemicoei sol darti potrà vittoria e palma.E lodando i begli occhi e 'l cor pudico,e gli atti e le parole, e queste e quelledoti pregiate e belledi così gloriosa e nobil alma,farà soggetto a la tua dolce salmaper fama eterna ogni cor empio e duro,e rinovando andrà le tue favillesempre negli altrui petti a mille a mille.E saria pronto ancor con piè sicuroscender nel regno oscuropoich'ella fosse estinta, e lieto ducequa su tornarla in luce:se non che come sua cara e dilettaper darle ampia corona il ciel l'aspetta.Ma pria che sovra alcun sentenza cadach'a tanta impresa dar debba di piglio,apra la mente il ciglio,ed al deliberar spazio consenta.Perché, s'al ver si mira, ogni consiglioche prenda frettoloso incerta stradararo avien che non vadain precipizio e del su' error si penta.Quanti ne sono al tuo pensier rammenta:quei però che t'apriro i petti suoie che 'l guardo di tua donna infiamma:ché chi non arde a l'amorosa fiammascema grazia cantando a' pregi tuoi.Colui s'elegga poich'in amar primo ha più per te sofferto;né curar ch'altri a mertodi prove e di valor gli vada innanzi,sol ch'in ciò glorioso ogni altro avanzi.Scalda ogni fredda lingua ardente voglia,e di steril fa l'alme feconde;né mai deriva altrondesoave fiume d'eloquenza rara.Quinci altri col suo dir ne' petti infondeallegrezza, timor, speranza e doglia;e come al vento foglia,le menti a suo voler volge e prepara.Ma non si tenga in ria prigione amaraqualunque avrai per sì bel vanto eletto,né mercé lagrimando indarno chieda:ch'ingegno in cui gran duol continuo fieda,par che 'l canto e le rime aggia in dispetto;e dal gravoso affettoche respirar nol lascia, oppresso e stanco,sul cominciar vien manco;o se descrive pur suo duro scempio,è di tua crudeltate indegno essempio.Fa ch'anzi lieto ognor gridando ei chiamite signor grato e sé felice amante;e che d'aver si vanteguanto puote venir d'onesto dono.Volgi pietoso in lui le luci sante,con cui da morte a vita altrui richiami;rendi a lui dolci gli amiove i cor presi a tanto strazio sono.Da quel saggio parlar cortese suonoe rinverdirla a più soave frutto:talché sempre lontan da doglia e luttocon l'ardor senta il refrigerio insieme.E ciò fecondo semein lui sarà del tuo sperato onore:ché dolcezza e stuporeversando in cantar lei, sua gran beltateporterà viva ancor per ogni etate.Deh t'avess'io, canzon, più ch'altra adorna:onde tua vista a pien cara e graditafosse ad Amor, ch'in que' begli occhi ha vita.Pur ti rassetta e ripolisci ed orna,ed a lo specchio tornafinch'ogni macchia tua l'arte corregga;indi, perch'ei ti vegga,movi sicura, ove 'l mio cor comprenda:ch'a suo poeta me destini e prenda.