Quid novi?

Rime di Celio Magno (76-85)


Rime di Celio Magno76A quelle belle man che m'impiagarocol proprio arco d'Amor sì forte il petto;a quelle onde in tal laccio il cor fu strettoche più che libertà m'è dolce e caro;queste spoglie onorar non sia discaro,di sé vestendo il viv'avorio e schietto.E dove manca il don, paghi l'affetto,ch'a voi non è de l'alma propria avaro.Queste odorando voi, per me le rosebacieran de la bocca, ove naturaodor che spira assai più dolce ascose;e per me si godran la luce puradegli occhi, ove il mio sole il ciel ripose.O di pover don felice usura!77Perdon vi chieggio, o mia terrena stella,et ad ogni supplicio umil mi rendo,se vostra fe' col mio sospetto offendoe vi forma il pensier ver me rubella.Che far poss'io? Voi sovr'ogni altra bella;più ch'altri io cieco ognor vaneggio ardendo:e quante Amor insidie ordisca intendoper riportar di voi palma novella.So come in donna foco, a cui ristorovicina esca non dia, talor si spegna,e lontananza in Lete il cor le immerga;ma so non men che d'onor legge insegnache prodiga bellezza è vil tesoroe in nobil petto un ardor solo alberga.78Lettere amorose abruciate fra via per sospetto di peste.PrimoFrena l'empio furor, ministro insanoch'ardi le chiuse carte; anzi le inchina:ch'elle son, se nol sai, cosa divina,e scritte in terra da celeste mano.Temer peste da loro è stolto e vano,ch'anzi salute il ciel per lor destina;e fanne prova in me, c'ho già vicinamorte, languendo a la mia dea lontano.Fortuna rea, ch'al mio digiun soffertoper sì lungo sperar, con doppia noiainvidi il cibo in su le labbra offerto;ma 'l restar il mio nome e la mia gioiaarsi e 'n cenere volti, augurio è certoche vuole in ciel ch'in questo essilio i moia.79SecondoAhi, ch'innocenti fur le dolci e pienote dal mio bel sole in carta espresse;e nel funesto rogo arse con essealto tesor de le speranze mie.Anzi, tra quelle fiamme ingorde e riearser allor le mie viscere istesse;poiché nel duol de l'aspre piaghe impresseconforto altro non è che 'l ciel m'invie.Ma tu, se in te di nobil cura è dramma,fanne vendetta, Amor; che son tue piumequelle onde scrive e i cor madonna infiamma.E troppo offende il tuo possente numeche sacrilega man con empia fiammadel più bel foco tuo l'esca consume.80TerzoChiedea mia fé che le bramate cartedesser luce a quest'occhi e vita al core,e sentisser da me devuto onoredi ben mille miei baci a parte a parte.Ma s'esser pur dovean distrutte e sparte,ciò fatto avria de' miei sospir l'ardore,o de' miseri lumi il largo umorech'io verso dal mio ben, lasso, in disparte.Or che farò? Se del conforto usatoin terra e 'n mar le vie rinchiuse stanno?Perché più vivo in sì dolente stato?Deh soccorri tu Amor pietoso al danno:fatti de la mia dea corriero alatoo m'aita con morte in tanto affanno.81Al saettar di duo be' lumi ardenti,che d'angelo parean dal ciel disceso,vinto io rimasi; e bench'a morte offeso,m'eran dolci i sospir, dolci i tormenti.Ma poi che gli occhi, a più bel segno intenti,ebber oltre passando il guardo stesoa quel divin ch'entro 'l mortal compresoè primo ardor de le più nobil menti,qual sotto vista dilettosa e vagadi prato ove mal cauto il piè trascorse,trovai dentro un bel sen brutt'angue ascoso:che mordendo il mio cor crudo e pietosoin lui sanò d'amor l'indegna piagae con mortal velen vita mi porse.82AmanteIngrato, empio mio cor, che fatto degnod'arder al sol d'alta beltà verace,potesti d'altra oscura, ignobil facefoco gradir de la tua fede indegno.Qual acerba d'Amor pena e disdegnocontra te basta a tanta colpa audace?Poich'ingiuria a colei per te si facech'è sol del viver tuo lume e sostegno?Dunque, o sia questa mano in te conversacon giusto ferro, o tu del proprio errorelagrime amare eternamente versa:ch'è severo in se stesso un nobil core,né si purga in amor voglia perversase non con morte o con mortal dolore.83CuorePoiché duol senza fin, lasso, io sostegnolungi da la mia vera, amata pace,ceda il biasmo a pietà, s'alcun fallacerimedio in tanto mal cercar convegno:ch'ogni soccorso tenta, ogni suo ingegno,infermo che vicino a morte giace;né fallir vano a pena aspra soggiace,né ricco è men de la mia fede il pegno.Anzi indegna provar fiamma diversadal mio bel foco accrebbe il primo ardore,e mia colpa in sua gloria or si riversa.Basti dunque ch'io moia a tutte l'ore,misero essempio di fortuna aversa,senza spronar ne le mie piaghe Amore.84AmanteBramar la morte, aver la vita a sdegno,giunger sempr'esca al suo foco penace,e pascersi di quel ch'amaro spiace:legge è d'un cor di vera doglia pregno.Ma s'aver può da lei tregua o ritegnodi rubello desir fatto seguace,e fuor che 'l suo bel sole altro gli piace,è di tepida fiamma aperto segno.Così tu la tua fé candida e tersamacchiasti; e guasto del tuo pregio il fiore,hai con la mia la sua gloria dispersa.E mentre cerchi il mal render minorecon lingua, qual sei tu, di frode aspersa,il tuo fallo raddoppi, e 'l mio disnore.85CuorePeccai, stolto; e pentito a mercé vegno,com'uom ch'al vero cede e vinto tace;e vergogna e dolor mi punge e sface,tal ch'a scorno e tormento il viver tegno.Dunque io contra 'l mio sol ghiaccio divegno?e me stesso gli furo empio e rapace?Dunque altrove spirar posso fugaceda quel bel seno, in cui felice i' regno?Torni pur l'onda al suo fonte riversarapido rio, con meno altrui stupore,poich'in perfidia è la mia fé conversa;ed io mi strugga in lagrimoso umored'acerba doglia: onde, mia colpa astersa,racquisti almen con bel morir l'onore.