Quid novi?

Il Dittamondo (4-15)


Il Dittamondodi Fazio degli UbertiLIBRO QUARTOCAPITOLO XVPosati alquanto, prendemmo la viapur lungo il Ren, dove trovammo Olanda,ch’è terra ferma e par ch’isola sia: però che ’l mar la gira e inghirlanda dico da le due parti e cosí il Reno 5 la chiude e serra ancor da l’altra banda. Molto è il paese ubertoso e pieno di belli armenti, di stagni e di laghi e da lavoro, in parte, buon terreno. Gli abitator son pacifici e vaghi 10 viver del loro e non rubare altrui; ma, a qual li sforza o ’nganna, mostran draghi. In fra l’altre cittá, a le qua’ fui, Utrech mi piacque, ma stettivi poco, come piacque a Solin, ch’era con lui. 15 "Vienne, mi disse, e troviamo altro loco". Indi mi trasse in un altro paese sopra il mar lungo e per larghezza poco. E, poi che l’occhio mio chiaro comprese la gente grande e l’abitato loro, 20 nuovo pensier ne la mente s’accese. E dissi a la mia guida: "Son costoro i Frisoni, ai quai Cesare, bis vinti, l’abito diede col qual fan dimoro?" Rispuose: "Sí e pognam che sian cinti e tonduti e vestiti a questo modo, fieri ne l’armi sono e poco infinti. L’abito c’hanno se ’l tengono a lodo, quando contro a colui che vinse il tutto provâr due volte d’uscir del suo nodo. 30 Gente non so, che dentro al lor ridutto piú amin libertá, che costor fanno, che per lei son disposti ad ogni lutto". "Ben lo mostrâr, diss’io, e fu gran danno, contra il conte d’Analdo lor signore: 35 poco è passato piú del decimo anno". Cosí parlando noi, dentro e di fore cercammo quel paese, e, poi che noto mi fu a l’occhio e dipinto nel core, vidi che di bituminoso loto 40 e di sterco di buoi si facean foco, perché di legna per tutto v’è vôto. Vidi gli abitator di questo loco come aman castitade e i loro figli guardano in fin che ’l tempo par loro poco. 45 E dicon, quando con lor ne pispigli, ch’aver dèn l’uno e l’altro etá matura, se denno ingenerar chi li somigli". "Qui non è cosa piú da poner cura; passiamo altrove, dissi a la mia scorta; 50 fuggiam costor, ché ’l veder m’è paura". Ed ello a me: "Qui due strade ci porta: l’una, per mare, passa in Inghilterra; l’altra, a sinistra, in vèr la Francia è torta. Qual farem noi?" "Qual piú ti piace afferra", 55 rispuosi; ond’el si volse verso Fiandra, che l’oceano in vèr ponente serra. Donne gentil, con voce di calandra, lá vidi e gran pasture e ricchi armenti e pecore infinite andare a mandra. 60 E nobili cittadi e ricche genti vi sono, quant’io sappia in altra parte; onesti, belli, accorti e intendenti. Poi sopra tutti gli altri sanno l’arte che Pallas prima portò in Egitto; 65 aspri ne l’armi e molto dati a Marte. Di boschi è forte quel paese afflitto: e però la piú parte foco fanno come di sopra de’ Frisoni ho ditto. L’Escalt e Lis, due gran fiumi, v’hanno 70 e piú terre ch’adornan la contrada: Bruggia, Guanto e Doagio, ov’è ’l buon panno. Di qui ci mena in Picardia la strada, che giá Gallia Belgica fu detta; da Piten castro par che ’l nome scada. 75 Dolce è il paese quanto a l’uom diletta e l’aire temperata, chiara e sana, la terra buona a ciò che vi si getta. Morico, Belva, Normaco e Ambiana vidi cittá e, tra i fiumi, piú degno 80 l’Ana trovai, che per Fiandra si spiana. Passati per Bologna, dietro tegno a la mia guida ed entro in Normandia, lo qual paese ricco e buon disegno. Qui son bei porti, armenti e prateria, 85 la terra di gran frutto e l’aire sana e per tutto abitata par che sia. Un fiume v’è, che lo chiaman Sequana, che bagna la cittá di Rotomagno, dove si truova d’ogni cosa strana. 90 Qui non mi pare da darne piú lagno. "Troviam la Francia, mi disse Solino, ché quanto piú, dovendo andar, rimagno,e piú m’è grave e noioso il cammino".