Quid novi?

Rime di Celio Magno (88-98)


Rime di Celio Magno88S'arde in me, cruda Filli, altro desioper giusto premio a la mia lunga fedeche mirar tua beltà, s'altro il cor chiede,or qui morto a' tuoi piè cader poss'io.Poss'io viver, direi, nel foco miosenza alcuna impetrar da te mercede;ma 'l tuo sì duro orgoglio, ohimè, non credech'è tal viver di morte assai più rio.Cheggio sol di tua vista esser beato,né 'l dei negar: ché 'l sol, cui t'assomiglio,mostra a tutti benigno il volto amato.Ma s'in me poi tu scopri altro consiglio,allor mi fuggi; e siami in pena datoaver da' tuoi begli occhi eterno essiglio.89Qui sotto questo caro arbore amatostava Fillide mia col grembo steso,mentr'io, su i rami a coglier pomi asceso,giù ne pioveva or d'uno or d'altro lato.Gioir parea ciascun che per lei natofosse, e da lei con festa accolto e preso;io de' più scelti ad arricchirla intesonel suo goder per lor godea beato.Quante fiate a' rai di quel bel voltointento e di me stesso in dolce oblio,fui quasi, errando il piè, sossopra volto!E quante ancora indarno ebbi desiodi cangiar forma, e 'n novo frutto voltocaderle in sen tra gli altri pomi anch'io.90Perché con sì sottile acuto raggioCinzia a spiar per l'ombra folta passidove Filli mia bella or meco stassisotto questo frondoso, antico faggio?Forse, cercato il tuo pastor ch'oltraggioti fa tardo ver te movendo i passi,qui gli occhi ancor per ritrovarlo abbassi,e sospettosa in ciel fermi il viaggio?Vano è 'l timor, se pur timor ti presein sui primo scoprir de' furti miei,me credendo colui che 'l cor t'accese:che per Endimion fuor del mio laccioFilli non usciria; ned io torreiGioir Diàna a te più tosto in braccio.91Qual per bel prato a la stagion novellada vari fior va raccogliendo fuoreape ingegnosa il dolce, almo licore,di ch'empie e sparge la sua ricca cella;tal nel volto e nel sen de la mia bellaFilli, or d'un bianco or d'un vermiglio fiore,coglie il dolce, cred'io, che serba in quellacara e soave bocca, industre Amore.Questo è 'l nettar d'Amor, ch'a mille provevince quel che più dolce e più pregiatoil bel frigio garzon ministra a Giove;e raro a me dal ciel gustarlo è dato:forse perch'uom mortal la via non troveda girne a par degli alti dèi beato.92Con sue candide man del proprio pettoFilli cortese il chiuso velo aperse,e duo piccioli colli a me scopersetra cui valle giacea d'alto diletto.Sculto per man famosa in marmo elettosì vago seno il mondo unqua non scerse;né mai da sé formato agli occhi offerseNatura altro più vago e più perfetto.Io, poich'a dolci prieghi in grazia l'ebbi,l'avide labbra d'alta sete pienochinai, ma foco in quella neve bebbi.E tutt'altro il mio cor pregiando menoivi rimase, e mai più nol riebbi:ma felice or si vive in quel bel seno.93Stanco già dopo lungo, erto caminoin grembo a Teti il sol facea ritorno,e da l'ardor del caldo, estivo giornostava a terra ogni fior, languido e chino.Quando irrigar vid'io vago giardinoch'era tutto per sete arso d'intornoFilli succinta in schietto abito adorno,ripieno il vaso al bel fonte vicino.Sospesa l'una man l'elsa teneadel cavo rame; e 'n lui sovente immersal'altra, su l'erbe fuor l'acqua spargea;che parean dir: — Tua man candida e tersacessi l'onda spruzzar, ché noi ricreasol la virtù che 'l tuo bel ciglio versa. —94Benché ad aprir con lei la bella Auroravi lusinghi e consiglie,deh non aprite ancora!Indugiate ad aprir, rose vermiglie!Tosto dal sonno destala mia più bella Aurora a voi, qual suole,tornando, sparso il crin da l'aurea testa,vi condurrà de' suoi begli occhi il sole.A lei v'aprite, a lei con largo nembopiovete entro il bel grembo:ché se de l'altre voi più vaghe sete,gradir più vaga Aurora ancor dovete.95Prendi, Fillide, prendida fido amante umìlequesta rosa novellach'al tuo volto è simìle,anzi di lui men bella.Ma se la spregi, e rendiper mercé crudeltade,pensa che tua beltade,onde sì altera vai,sparir tosto vedraicome il pregio e 'l colorein questo vago fiore.96Mentre in verde boschettodesta al suono un pastor le dolci corde,giunge vago augellettoa prova il dolce canto al suon concorde.Io di natura e d'arte al bel concentobear l'anima sento;ma certo armonia talenon è cosa mortale:son forse dèi del loco adorno e bello,volti l'uno in pastor, l'altro in augello.97Tradotto dal greco anticoDi Medea cruda è quellastatua dov'hai tuo nido,incauta rondinella.Ahi consiglio mal fido,creder i figli tuoia lei, ch'uccise i suoi.98Combatte in mio favor sovente Amorecon la mia dea, che a tortomi vuol, perch'io l'adoro, al tutto morto;quei l'armi ha di pietade,questa di crudeltade.Ma sempre, ahi lasso, in tal battaglia ho scortoch'ella vince, ei fa pace, io 'l danno porto:ch'ogni piaga, ogni doloree sangue che si versa, è del mio cuore.