Quid novi?

Giovanni della Casa


Il Casa tiene il primo luogo nell' ordine della nostra raccolta. Fu toscano, nativo di Mugello, contado del fiorentino, e arcivescovo di Benevento. Ambiva il cardinalato; ma ne morì in desiderio, tuttochè avesse protettori sulla cattedra di san Pietro, e gli studj fossero scala agli onori al suo tempo. Alcune scostumate terzine composte in gioventù gli impedirono il conseguimento di quella dignità, se crediamo ai biografi; o forse la rigida tempera di Paolo IV, sdegnoso di aderire alle sollecitazioni della corte di Francia, e di mostrarsi troppo liberale agli amici. (Casotti, Lettere intorno alle opere del Casa). Volentieri accondiscenderei all' opinione ebe nasce spontanea dalle poesie dell' autore, dalle quali poco indizio trapela di scontentamento de' suoi giovanili poemi, bensì molto delle fatuità de' servigi e delle speranze cortigianesche. Il Casa ebbe indole d'animo generosa, e diremo anche guerriera, confessandolo egli stesso nelle sue rime, se non in quanto le gagliarde passioni erano in lui addolcite dall'amore, e dalla malinconia compagna agli studj. Fu accanito avversario al Vergerio, oltre che nei Jambi, in una lunga scrittura trovata dal Menagio nella Magliabecchiana. Sconfidato di prevalere nel favore dei principi, cercò la solitudine, ove anelava a disimparare ciò che Roma gli aveva insegnato molti anni. Nobilissima è 'la canzone in cui deplora i traviamenti amorosi del suo primo tempo, e nobilissimi tutti i sonetti in cui parla dell'arte ai più celebri fra suoi contemporanei. Resosi singolare e stimato per la diligenza con cui cercò la perfezione del verseggiare nella scelta industriosa e nella collocazione delle parole (arte censurabile nella prosa delle sue orazioni e de' suoi trattati), è mirabile per la passione che seppe mantener viva e sensibile nella sua poesia. Concorse col Bembo nell'amore di Elisabetta Quirini; e vorrei crederlo più di lui fortunato, se le fortune degli innamorati si dovessero desumere dalle facoltà dell' ingegno e dalla forza della passione. Avendosi per suoi alcuni sonetti che con incerto giudizio gli vengono attribuiti (e non saprebbesi, per verità, a chi altri meglio in quel secolo), sarebbe stato cittadino ardente e animoso, del pari che fervido innamorato. Toltosi all' imitazione del Petrarca, e fattosi per certi rispetti caposcuola, non potè fuggire all' ugne dei commentatori, che gli furono addosso numerosi e instancabili. Non li nominerò, perchè l'indole di queste Note molto succinte non concede ch' io mi giovi se non scarsamente delle loro fatiche: li ringrazio tutti in comune dell'avermi insegnato ad avvertire i luoghi più ardui del canzoniere, quando essi ordinariamente ristavano dal loro ufficio, esercitato nel resto con incredibile pertinacia. Chi peraltro amasse correre a diporto per quel pelago di citazioni e di sensi sottintesi e figurati ricorra alla veneta edizione del Pasinello, ove in quattro grossi volumi è quanto d'antico e di moderno può desiderare su questo proposito la pazienza degli eruditi. In quale stima sia da tenere il Casa s'impara, più che altro, dalle liriche di Torquato Tasso che l'imitò con assiduità di discepolo.(Luigi Carrer, Lirici italiani del Secolo Decimosesto con annotazioni, pag. 299)Signor fiorentino, che nacque ai 28 giugno 1503. La sua gioventù non si loda. I suoi vizi morali e letterarj non si dimenticarono mai dalla corte romana, in cui entrò. Dice di lui a tal proposito Durante Duranti: il Casa,cui la Formica e 'l FornoFe' che il verde cappel verde rimase.Egli stesso di se scrisse, "puer peccavi, accusant senem". Nel 1544 fu eletto arcivescovo di Benevento, e nunzio a Venezia, la qual città fu da lui volentieri eletta per suo privato soggiorno. E' celebre la sua orazione a Carlo V per la restituzione di Piacenza. Le liriche sue poesie non sono stimate che dai dotti; ma il suo "Galateo" è conosciuto anche dal popolo. Morì d'anni 53.(Andrea Rubbi, Parnaso Italiano, Volume 10, 1785, pag. 318)