Quid novi?

Il Dittamondo (4-24)


Il Dittamondodi Fazio degli UbertiLIBRO QUARTOCAPITOLO XXIV"A ciò che ’l mio parlar piú ti diletti, farò la tema mia maggiore un poco, venendo digradando a quel che aspetti. Cosí, com’hai udito, con gran foco ne l’arsion di Troia, e prima ancora, possedeano i giganti questo loco. Bruto, nel tempo a punto ch’io dico ora, con piú Troiani in quest’isola venne, che cacciò quelli e per signor dimora. La sua prosapia lungamente tenne lo regno poi, ma troppo avrei a dire s’io dovessi contar ciò che n’avenne. E però tu che leggi, s’hai desire di ciò sapere, guarda l’alta storia di Bruto, perché quivi il puoi udire. Lungamente regnaro in molta gloria; alfin ne fun signor que’ di Sansogna, secondo che per molti n’è memoria. Qui non ti conto il danno e la vergogna che l’isola in quel tempo sofferse, però ch’ad altro intender mi bisogna. Ma tanto ti vo’ dir: che strutte e sperse vi fun le genti e il regno partito in molte parti, in genti diverse. E Alis, ne gli anni ch’io ti addito, in Cantuaria prese a far suo regno: bel fu del corpo, cortese e ardito. Apresso di costui, Celin disegno, poi Edelberto, largo e temperato, cortese, franco e di nobile ingegno. In questo tempo, Agustin fu mandato qui per Ambruogio a predicar la fede, per le cui man costui fu battizato. Propio ne gli anni che ’l mio dir procede, quel di Scozia, d’Irlanda e Nordanibri, 35 convertîr tutti e l’isola si crede. Ma perché molto son confusi i libri di tanti re, quanti v’erano allora, convien che da tal tema mi dilibri. Eran dal dí, che la Rosa s’infiora 40 de la Luce del ciel, da quattrocento anni passati e piú sessanta ancora, quando Uter Pendragon con l’argomento del profeta Merlino signor fu di tutta l’isola a suo piacimento. 45 Seguitò poi il suo figliuolo Artú, lo qual fu franco, largo e temperato quanto alcun altro nel suo tempo o piú. Tanto da’ suoi fu temuto e amato, che lungamente dopo la sua morte, 50 che dovesse tornare fu aspettato. Senza reda rimase la sua corte; ma non che ’l regno fosse senza re, ché assai ve n’era d’una e d’altra sorte. D’un’altra schiatta ancor gran fama è, 55 la qual fu prima e poi che Ludovico lo ’mperio e Francia tenesse per sé. Amondo fu di questi ch’io ti dico ed Edelfredo tenne il regno apresso, che del quinto Leon si fece amico. 60 Filosofia amò quanto se stesso; Boezio spuose e fece alcun volume; buon fu per pace e fiero in arme adesso. Forte, clemente e con bel costume Adoardo seguio e, dopo lui, 65 Atelstano, che fece a Scozia lume. Amondo fu di dietro da costui; apresso Edredo e di poi Eduino, che tolto li fu il regno per altrui. Segue un altro Adoardo, il cui destino 70 tal fu che la noverca sua con fraude morir lo fece e tolsegli il domino. Ma non creda colui, che regna e gaude per uccidere altrui, che Dio nol paghe con simili percosse o con piú caude. 75 Non dico piú; ma per le mortai piaghe, ch’Etelredo li fe’, lo regno prese: di che le genti funno triste e smaghe. Morto costui, il dominio discese al terzo Adoardo, nel quale si pensa 80 che spirito profetico s’accese. Costui, istando realmente a mensa, dov’eran molti d’una e d’altra guisa, tenea la mente a imaginar sospensa. E ne lo imaginar si mosse a risa; 85 poi, dimandato perch’ello ridea, a’ suoi secreti la cagion divisa: – Risi, però che in su quel punto vedeain Celio monte i sette dormienti, che’n sul sinistro ciascun si volgea –. 90 Cercato poi del ver, funno contenti. Piú cose fece e disse, ch’a ridire a Dio son belle e divote a le genti. Dopo costui, che santo si può dire, rimase Araldo a governar lo regno; 95 ma poco il tenne, come potrai udire,se pon l’orecchie a quel ch’a dir ti vegno".