Quid novi?

Il Dittamondo (4-27)


Il Dittamondodi Fazio degli UbertiLIBRO QUARTOCAPITOLO XXVIIOra ci chiama la terra di Spagnae noi lá ci volgiamo, a ciò che nulla notabil cosa a dir di qua rimagna. Per la marina salvatica e brulla in fino a essa fu la nostra via, col vento che di lá piú dritto frulla. Questa contrada è di gran signoria: sei province vi son tai, che ciascuna par che per sé un buon reame sia. L’aire, la terra, il sole e la luna trovai a questa gente sí benigna, ch’al viver lor non manca cosa alcuna. Di ricchi armenti gran copia v’alligna, d’oro, d’argento e di tutti i metalli; biada, frutti hanno assai, ulivi e vigna. Nobili fiumi corron per le valli: Bitis, Minius, Hiberus e Caro; ricche cittadi e piacevoli stalli. E poi che del paese fui ben chiaro, gli uomini vidi ne l’arme sí destri, arditi e franchi, ch’assai mi fu caro. Similmente del mare son maestri: ciascun come un padron vi si conduce; in cacce fieri, sicuri e silvestri. La gemma ceraunio ancora vi luce, di piropo colore, e Solin disse come la sua vertú mostra e produce. Noi fummo dove anticamente fisse Ercules le colonne, per un segno ch’alcun d’andar piú innanzi non ardisse. Non lungi qui Ulissipon disegno, ch’edificò Ulisse, per mostrare ch'egli era stato al fin di questo regno. Ancora l’ombra di Tingi vi pare, che fabbricò Anteo e dove il drago 35 puose a la guardia del bosco nel mare. Di trovar novitá io era vago e Solin mi mostrava or quella or questa, cercando a suo poder di farmi appago. Noi fummo dove fu la gran tempesta 40 di Medusa e tra loro si ragiona sí come Perseo le tagliò la testa. Da Ispalo fiume la Spagna a dir sona; vero è ch’Esperia e Iberia si scrive anticamente per altra persona. 45 Confina da levante con le rive di Nerbona e Pireno sí la serra da quella parte che ’l Gallico vive; da l’altre due il mar gira la terra. E qui trovai piú re, onde ’l paese 50 o per l’uno o per l’altro spesso ha guerra. Pier d’Aragona Maiolica prese ed uccise il cugin che n’era re e ’l suo figliuolo per piú tempo offese. Qui Giovanna di Puglia assai ben fe’, 55 che ’l trasse di pregione e di tristizia con darli il regno e per sua sposa sé. Per visitare il Santo di Galizia, Sighera, Toro e Coria passai: questi son fiumi c’hanno acqua a dovizia. 60 Veduta l’Azizera, assai lodai Alfonso di Castella che lá vinse, perché era forte e di soccorso assai. Solin di sotto a Lusitan si strinse a parlar meco, cosí come quello 65 ch’a ogni mio piacer mai non s’infinse. "Mare, terra e cielo, mi diss’ello, Ataboro distingue in questa parte: l’occhio tel mostri, s’oscuro favello. In questo mare son piú isole sparte, 70 tra le qua’ prima vedi le Casseride con saturnin metallo e non di Marte. Poi son le Fortunate, ove si peride ispesse volte qualunque vi pratica, dico per tempo secco o vuoi per veride. 75 Qui trovai gente, che copron le natica di foglie di dattali che tessono insieme e d’una pelle e d’altra salvatica. Ancora in queste parti così streme Colubraria truovi, Ebuso miri, 80 che di serpente alcuno mai non teme. E cosí puoi veder, se tu disiri, le Baleare per queste contrade, se gli occhi in vèr levante, andando, giri. Ma vienne, sí vedrem quelle di Gade". 85 E mossesi come uom che non s’infinge; e io apresso lui per quelle strade. La Spagna Portogallo serra e cinge, Castella con Granata, al dí d’ancoi, Aragona e Maiolica costringe. 90 Apresso tutto questo, disse: "Poi che hai veduto Europa a passo a passo quanto veder ne ponno gli occhi tuoi, qui è solo da pensar trovare il passo e forte nave che di lá ci porti". 95 E io: "A te, che ’l sai, il cerco lasso". E cosí, ricercando per quei porti, salimmo sopra un legno ed ello e io,nuovo e grande, e marinari accorti.E, giunti su, ci accomandammo a Dio. 100