Quid novi?

Il Dittamondo (5-03)


Il Dittamondodi Fazio degli UbertiLIBRO QUINTOCAPITOLO III"Imagina, seguio, l’ottavo cielo composto d’una e d’altra figura, come de lo Zodiaco ti svelo. E pensa, s’hai veduto e posto cura quando il musaico con vetri dipinti 5 adorna e compon la sua figura: che quei che son piú riccamente tinti ne le piú nobil parti li pon sempre; e converso, ne le men li piú stinti. Cosí quel Sommo, che lassú contempre, 10 conoscer puoi che d’una e d’altra stella figurò il cielo con diverse tempre, e ch’Esso puose ciascuna piú bella propio in quel loco che vide piú degno, con l’ordine seguendo questa e quella. 15 Similmente ti dico e ti disegno ch’ogni figura significa certo la simiglianza sua in questo regno. Ma drizza gli occhi ove piú vedi aperto in vèr settentrione e ’l mio dir nota, 20 se vuoi d’alcuna d’esse essere esperto. Vedi il Carro, che intorno al polo rota; vedi Bootes, che guida il timone; di cui Boetes alluma la gota. Vedi due stelle, che l’una si pone 25 in su l’omero destro e l’altra apresso, dico sopra ’l sinistro d’Orione. Vedi due altre al Carro piú presso, de le quai credo ch’assai se’ provisto: l’Orse son dette e ’nsieme stanno adesso". Allor pensai: l’una è quella Callisto, ch’Ovidio pone che Giuno converse in orsa, poi ch’ella ebbe il fatto visto; l’altra è ’l figliuol, cui Giove non sofferse che morisse per lei, ma tutto accorto 35 fe’ due stelle di loro e ’l cielo aperse. Quel mi guardò e, poi che m’ebbe scorto che io pensava altrove, disse: "Guarda e ’l pensier lassa come il dito porto. Vedi una stella, che par che tutta arda, 40 tra il Gemini e il Cancro tanto viva, che Venus pare a chi ben la riguarda. In fra le fisse niuna v’è piú diva di luce presso a lei ed è nel Cane e ‘cuor del Cane’ voglio che la scriva. 45 Dinanzi ai piedi del Gemini stane, che ha forma d’uomo; e quinci, penso, move che sempre a l’uomo il cane apresso vane. Vedi lá il Cigno, in che trasformò Giove, e ’l Delfin di Nettunno e quella spera 50 del serpe Eritonio, che leggi altrove". Apresso m’additò d’una che v’era in atto d’assassin crudo e villano, orribile a veder quanto una fera. Questo tenea ne la destra mano, 55 come ferir volesse, un gran coltello; l’altra, la testa di un corpo umano. "Vedi la nave d’Argus col castello; e vedi Pegaseo che, tratto a volo, tutto è caval, ma con ale d’uccello. 60 Vedi Feton d’intorno al nostro polo, e, piú qua, il Corbo, che cambiò le penne perché Corona scoperse ad Apolo. E sappi, quando a far l’accusa venne, che la pernice del tutto l’avisa, 65 quasi indivina a quello che li avenne". Alfine mi disegna e mi divisa che son diciotto figure con trenta nel cielo ottavo, di diversa guisa. E io: "O luce mia, sí mi contenta 70 il tuo aperto e piacevole dire, che, ascoltando, di piú non mi rammenta. Or, se a te piace, ancora vorrei udire nomare alcuna stella principale del Zodiaco, e quel loco partire". 75 "Ogni cosa, rispuose, per la quale io possa sodisfare a la tua sete, mi piace e piú di altro non mi cale. Sarthan ne le corna d’Ariete due stelle son lucenti e pari poste 80 e ciascuna d’un modo in noi reflete. E con gran luce tre n’ha ne le coste: Albuthan prima le nomâr coloro, che puoson mente com’eran disposte. Albocach son tre altre e fan dimoro 85 ne lo capo del Gemini e tra i piei Anchacas due, che lucono come oro. E vedrai, se ben miri ai detti miei, Anacotha nel muso del Leone lucenti sí, che conoscer le dèi. 90 Cosí, nel petto, Albegen si pone e Alcarfa sopra alquanto dal rabbuffo de la sua coda, di sotto al groppone. Similemente apresso del ciuffo, dico negli occhi suoi, ne stanno due 95 e queste truovo nominate Artuffo".E qui si tacque, che non disse piue.