Quid novi?

Rime di Celio Magno (264-275)


Rime di Celio Magno 264 A Isabella reina d'Inghilterra nella sua coronazione Scende in te pur dal ciel nova Minerva,Anglia felice, e 'l tuo bel scettro adorna.Per lei l'età de l'oro in te ritorna,e stil cangia tua sorte empia e proterva.L'amata libertà, ch'afflitta e servapiangesti un tempo, al fin cinta ed adornadi sacra oliva in te lieta soggiorna,per lei, ch'ad alta speme ancor ti serva.Mira come nel seggio ov'ella splendeda la fronte serena un raggio move,ch'a vera gloria ogni cor freddo accende.Mira com'apre a le sorelle novesuo real manto, e tal se stessa rendeche ben figlia pò dirsi al sommo Giove. 265 2 Ecco bramato sol ch'in Occidentedel brittannico mar sorge a noi fuoree comparte al suo ciel grazia e favoretal ch'invidia ne porge a l'Oriente.O ricco lido, o fortunata gente,soggetti a la virtù del suo splendore;quando v'addusse mai più felici orealtro sol più di lui chiaro e lucente?Ecco tessono a lui, sorti de l'onde,Arno, Tebro ed Ilisso ampia coronade' più ben culti fior de le sue sponde.Ecco, mentre di voci alte e giocondeogni monte, ogni valle, ogni antro suona- Isabella! -, - Isabella! - Eco risponde. 266 Vera di Carlo, anzi, di Giove figlia,ché novo Ercole invitto in gonna sembri,poiché 'l vanto di Lerna a noi rimembricon prova di valor che 'l suo simiglia.Tu mentre d'infettar più speme pigliad'eretico veleno i nostri membri,l'Idra infernal, sue teste incidi e smembrischernendo quanto invan tenta e consiglia.Tronco uno, altri due capi uscian repente,e scemando crescea l'orribil mostro,fatto del perder suo ricco e possente.Vinto al fin con tua gloria e scampo nostronel foco ei fu di tua virtute ardente;e ne gioì la terra e 'l sommo chiostro. 267 [A Francesco Corner] Nova gloria di fiumi, antico Sile,tu, che di tanti e tantisecoli corsi hai le memorie innanti:sì s'al Cornaro mai pastor simìlene l'opre degne e ne' costumi santicon più felice leggeresse questo di Cristo amato gregge;dì come per tal vanto i fiori e l'ondeinvidi il Tebro a le tue ricche sponde;e dì se i giorni tuoi più lieti foroin quella dolce prima età dell'oro. 268 Alla reverenda madre Maria Grazia Miani abadessa di San Serudo Spirto eletto da Dio, nobil pastorad'angelico suo gregge in sacro chiostro;chiaro sol di virtute al secol nostroche di [ ] ben l'alme innamora;mentre tanto da voi s'alza ed onorail basso mio, ma fortunato, inchiostro,e porger degna il puro affetto vostroal ciel suoi prieghi in mia salute ognora;ardor sol di virtù, pietoso zelover me mostrando, al nome vostro e miovera gloria acquistate in terra e 'n cielo.Che voi per sì gentil santo desiopiù divina splendete in mortal velo,e me fate più caro al mondo e a Dio. 269 Degna ancella di Dio, spirito ardentein servir lui con puro e santo zeloch'ad ogni altro desio fatta di gelosol drizzi al suo voler l'opre e la mente.Chi 'l volto mira e le parole sentetra lo splendor del tuo sacrato velo,ti crede angiola a noi scesa dal cieloper farci d'ogni ben ricche e contente.Bontà, senno, valor, bellezza e quantedoti in donna più 'l mondo onori ed ami,t'adornan sì che quasi un sol risplendi;Felicita a ragion dunque ti chiami,poiché di tai virtù, di grazie tante,te stessa, e noi per te, felici rendi. 270 All'illustrissimo signor procurator e cavalier Foscari, signor Colendissimo Chiesi al cielo il tuo scampo in così ardentiprieghi dal grave morbo ond'eri oppresso,ch'impetrai grazia; e del suo don concessonunzio a te furo i miei divoti accenti.Premea già tutti i cor mesti e dolentinel tuo periglio il commun danno espresso;e regnavan per te, lungi e da presso,gran tema, alta pietà, giusti lamenti.Or lieto ognun respira al suon giocondodi tua salute; e grazie a Dio son portepiene d'affetto umìl del cor profondo.O felici miei voti, o rara sorte:dar di cotanto ben presagio al mondoe tor sì degna e nobil vita a morte. 271 Alli clarissimi signori il signor Giovanni Michiel cavalier procurator ed il signor Giovanni Griti, destinati procuratori alla Corte Cesarea Quelle ch'intenerir posson col cantoi cor più duri e di pietà nemici,sacre Muse, già dolci a voi nodricich'or di vostre virtù si pregian tanto;deh m'impetrin mercé sotto il lor mantoda voi nate a la gloria, alme felici!Ché l'ira ha in cor gentil corte radicie di clemenzia è più ch'umano il vanto.Peccai dolente del peccar; ma duranecessità la propria voglia spinsea schifar quel che m'era alta ventura.E ben contra ragion forza mi vinse:ché me per voi servir formò natura,e via più ch'a me stesso a voi mi strinse. 272 Al clarissimo messer Tomà Mocenigo Poich'a quel fonte, ove 'l tuo dolce pegnofatto mondo per grazia in Dio rinacque,Signor, nol tenni; almen tra le sacr'acquedel bel Parnasso a celebrarlo io vegno.Febo m'inspira: io canto. Or qual più degnoparto a bear l'alta sua patria nacque?in qual ripor al ciel più speme piacquedi bontà, di saper, d'opra e d'ingegno?Cresci a l'almo splendor de' tuoi grand'avi,felice germe, e le lor glorie avanzanato a frutti d'onor rari e soavi.E mentre qui farai lunga tardanza,perché 'l mondo ne goda, al ciel non gravich'al fin poi seco avrai perpetua stanza. 273 All'illustrissimo signor Giacomo Foscarini, cavalier e procuratorGià gran tempo, signor, fosti dal chiaropublico grido a l'alto grado eletto,ch'in novo segno de l'antico affettoda larga inan ti vien sì dolce e caro.Amor ver la tua patria ardente e raroprender in travagliar per lei dilettoespor più volte a morte il franco pettosol per giovarle a tal gloria t'alzaro.Quinci ogni cor gioisce, e mentre esprimele tue lodi e 'l suo gaudio, ond'è ripieno,fa che più 'l grado appar degno e sublime.Ma questo, e seco ogni altro onor, tien menodi tua virtute; e dritto è ben che stimescarso a merto divin premio terreno. 274 All'illustrissimo signor Leonardo Donato, cavalier e procurator Qual si gloria giardin di nobil piantach'oltra ogni stil feconda i rami stende,tal del tuo gran valor, ch'in lei risplende,la tua patria, signor, si pregia e vanta.Chi con mente fra noi più saggia e santapiù vigil Argo al ben commune intende?Chi con più dolce dir l'anime prende,sgombro ogni falso error che 'l vero ammanta?Quinci Venezia te dal cielo appella,Donato, dono e grazia altera e rara,più che mai per te fatta adorna e bella.Ch'ogni opra, ogni pensier ben ti dichiarasuo degno figlio e padre; e sol quant'ellafrutto ne coglie, a te la vita è cara. 275 Nettuno al clarissimo signor Giacomo Soranzo, cavalier e procuratorScorsi del Trace il marzial riduttoche sul mio lido a vostro mal construsse,qual se, tocco da Giove irato, fussegià dal tuo fulminar vinto e distrutto.Scorsi produr di gloria eterno fruttoil chiaro alto valor ch'in te rilussequando a battaglia uscir primo t'indussecon l'oste che copria di legni il flutto.Queste a te mostrin dunque interne partidel gregge [mio, ch'ei qual] tuoi pregi intendale sue viscere e 'l cor convien donarti.E presagio ti sia ch'ove tu splendanel manto, a cui dal ciel sento chiamarti,a te tributo il mio mar d'Adria renda.