Quid novi?

Rime di Celio Magno (300-310)


Rime di Celio Magno300Al clarissimo signor Andrea Gussoni [1]Non t'ornò il crin de la sua nobil frondasì amico Apollo e diè sì dolce cantoperché, Andrea, tu men grato a favor tanto,i suoi doni e 'l tuo onor scemi e nasconda.Troppo rigida in te modestia abondadi crudeltà vestendo incauta il manto,mentre a' tuoi propri parti il sole e 'l vantoneghi, lor chiusi in ria prigion profonda.Grave a Natura, grave a Febo oltraggio,ch'al mondo gli han, non a te sol produtti,è che sì gran tesor giaccia sepolto.Escan dunque a la luce; e tu più saggiocogli de la tua gloria in vita i frutti:che dopo morte il qui goderne è tolto.301[2]Ben può tua musa oltr'ogni stil facondame trasformar col suo divino incantoma sé non già: ch'anzi or palesa quantosovrano lume il suo valor diffonda.Tu, se modesto invan velo il circonda,squarcialo, e splendi ai più famosi a canto;ch'io, qual mi sia, preparo il legno intanto,aura sperando al navigar seconda.Favorir suol fortuna alto coraggio;e s'al bel voto fian contrari i flutti,vanto almen de l'ardire avrò raccolto.Prendi omai, prendi il proprio a te viaggio;conosci i don del cielo in te ridutti,al dritto, al mondo, a la tua gloria volto.302[3]Se in faccia ride il ciel vaga e giocondao mesto versa nubiloso pianto;se 'l crin di neve o fior la terra ha spanto,o di biade o di frutti appar feconda;se 'l mar placido giace o i liti inonda;se 'l sol vibra il suo raggio intiero o franto,e la luna a pien s'apre o cela alquanto:il tutto a commun pro mira e ridonda.Porge in tributo al degno uman lignaggioNatura alma e benigna i parti tutti,né da sì giusto essempio alcun va sciolto.E tu sol negherai dar dolce saggiodi quanto il tuo valor fiorisca e frutti,il tuo ingegno a te solo arato e colto?303[4]Così di grazia alcuna stilla infondabenigno Febo a quel ch'io servo e canto,come ai cigni ond'ha voce e Smirna e Mantova par la musa tua purgata e monda.E tal d'eternità radice fondache spesso morte il suo gran danno ha piantoio presso a lei son quasi umile a cantoch'altera quercia vince e soprabonda.Ma se di fede alcun merto pur haggio,cedi a' consigli miei dal vero instrutti,che negletto da te se n' lagna or molto.Faccian dal fosco al chiaro omai passaggiotuoi parti fuor da giusta man condutti,né stia più 'l sole infra le nubi involto.304[5]Se te pregando invan con debil fiondal'aria percuoto, e in steril suolo io pianto,mentre rispondi almen parte ne schianto,onde a quel che tu celi, altri profonda.Tal a saper s'un campo il ciel fecondapoche spiche talor ne coglio e spianto;e per te noto far basta ben tanto,ch'è palma, se non prima almen seconda.Del tuo merto divin fedel messaggiofian questi a mio favor carmi construtti,mio dolce inganno in pro d'ambo rivolto;ch'essi con proprio tuo ricco vantaggiofiorir faranno i miei sterili asciutti,qual nobil germe inserto in ramo incolto.305[6]Di novi lauri e fior vesta la spondail bel Cefiso; e febo e 'l coro santo,già mesti al tuo tacer, lieti altrettantoaprano al tuo cantar più dolce l'onda.Pur frutto è ciò di mia lingua infeconda,il cui diffetto con tal lode ammanto;pur quinci appar, se quel ch'ammiro e vantosovra ogni altra credenza al ver risponda.E s'or del tuo valore un picciol raggioai più chiari s'agguaglia in prova addutti,ché non discopri a piena gloria il volto?Repugna a nobil cor pensier selvaggio,onde sian gli onor tuoi da te distrutti,né 'l mio fedele, util consiglio accolto.306 [A Orsatto Giustinian]A le lagrime pie ch'io vo spargendocon bassi carmi ad alta impresa accintoceda in prova d'amor Virgilio, vinto,a cui per altro, umìl, la palma rendo.Io l'aspra sorte tua mia propria intendo,d'alta e verace doglia il petto cinto;quei con bell'arte espresse un pianger finto,del cesareo favor l'aura seguendo.E quanto a smorta stella il sol prevale,tanto il mio don del suo più nobil dico,s'altrui d'onor via più che d'oro cale:ch'oltra il tuo affetto, ond'io l'alma nutrico,mi dai col tuo valor vita immortalee trofeo del crudel tempo nemico.307[A Giovan Battista Sancio]Proprio soverchio amor, ch'in noi rinforzagli sproni del desio ch'al mal trasporta,apre a stolta superbia ancor la portach'ogni fior di virtù recide e scorza.E qual senza nocchier che regga l'orzanave a perir se n' va da Borea scorta,tal privo di ragion morte riportachi dà le vele a questo vento in forza.Io per rifugio espongo agli occhi mieiconfitto in croce il re del cielo, e qualifonti versar le mani e i santi piei;e mentre a me poi dico: — Or tu che vali,misero? Tu che polve ed ombra sei? —Veggio il mostro fuggir, vinto e senz'ali.308Ad Ascanio PignatelloBen deggio Icaro dirmi, or che m'aggiungequell'ali Amor che le tue man formaro;e perch'io m'erga ov'uom poggia di raro,tolto a me stesso, a te mi ricongiunge.Ma varia norma al mio volar s'ingiunge:ch'io di gir teco al sol vicino imparo,e de' tuoi pregi il fermo alto riparome d'ogni tema del cader disgiunge.Che quanto esser pò in me d'oscuro e viletu 'l rischiari al tuo lume e 'l fai perfettoportando il nome mio da Battro a Tile.Or, qual altra è maggior gloria e dilettoch'eterno andar col tuo sublime stilee nido aver dentro al tuo nobil petto.309[A Bernardo Maschio. 1]Qual pastor ch'al chiamar d'angelo elettoa mirar nato il re del ciel se n' gio,tal oggi a inchinar lui desto è 'l cor miodal suon che santo ardor vi trae del petto.Veggio ch'in virginal ventre concetto,vergin lasciollo ancor quando n'uscìo;e che Dio, presa carne, a l'uom s'unioper farlo d'ogni ben colmo e perfetto.Quinci com'esser può che 'l ghiaccio durodel mio voler non si dilegui e stempredeposto il peso omai di tanti errori?Dunque oggi ognun di noi del ciel sicurocon sacrificio umil de' propri cori,cantando in gloria sua la lira tempre.310[2]Più tosto il fil del mio viver recidapietosa Parca in questo essilio indegno,ch'io dal mio caro e prezioso pegnopur momento il pensier giamai divida.Ché nobil rende ogni alma in cui s'annidaAmor, e l'ali sue presta a l'ingegnoe la face al valor, sì ch'oltra 'l segnoche da sé spera, al ciel gli è scorta e guida.Ma s'io per la sua via piango e m'adiro,dal ciel, non già da lui, la colpa nasceche dal mio paradiso or mi disgiunge.E benché tu per maggior pace il lasce,sappi che quando me più 'l dolor punge,vince mille tue gioie un mio sospiro.