Quid novi?

Mariotto Davanzati 03


IIICanzon morale del detto Mariotto dove si duole della morte d'un poeta e narra le sue virtù.Fra' miei tanti pensieri oscuri e torbi,pur per ritrarre a piè di questi sterpie solver l'ale del tenace vischio,come per tempo costuman le serpi,essemplo aperto a noi veramente orbi,lo scoglio lor lasciar fra cischio e cischio,un più licito fischiovolse la fantasia atenta al vulgo.Ahi lasso, ove risulgo,ov'è la fama e 'l poetico ingegno?Qual è stato ritegnode la mia debil lingua, e qual antennaha sì tardato la debile penna?Impetri tanto il mio ingegno di graziache le lagrime dure, al cor raccolte,tacite si dimostri in questi versi.Or hai tu, Morte impetüosa, scioltel'iracundie tue forze e fatta saziad'aver lasciati i pruni e i fior somersi?Ahi, uomin perversi,condoletevi, ingrati Fiorentini,di perder tal vicini,e tu, quartier de lo Spirito Santo,che ti potei dar vantod'aver sì degna e glorïosa salma,ben che degno non fussi di tal alma!Licito fusse a me por giù l'incarcodi queste abandonate e fragil membraper veder il tesoro e la mia speme,ché ancor, lasso, ov'io guardo mi rimembratanto l'effige sua che l'alma al varcotrascorre spesso per trovarsi insieme!Anzi, perché si temedi perder questo poco che ci avanza,perduta è la speranza,consiglio, ingegno, appoggio ed intelletto.Dunque perché sospettodi por giù queste fronde sanza frutto,poco lasciando, per posseder tutto?Immaginar non posso come ponnoferrar sì stretto gl'invisibil laccidi quella glorïosa alma serena,quali esser posson sì dubbiosi impacci:ne l'andar, ne lo star, almen nel sonnol'ombra non s'interponga a tanta pena.Misero, qual catenaritien lo spirto scosso dal bel velo?Forse piacer del cielo,del qual tu vedi aperto il puro coree senti il mio dolore,el qual dee conturbar la tua letizia,se forza o fé ebbe nostra amicizia.Pur se finir dovea Morte superbal'estrenua e mirabile eccellenzadi quel che 'l mondo cieco anco richiama,qual destin, qual fortuna o qual potenzasì cruda fulminò la pianta acerba,che gli serbava sì perpetua fama?Ahi, Fortuna grama,che in sì piccol ingegno hai messo pondo,soverchio a tutto il mondo,a spremer la virtù del seme e l'ovre,che 'l dì venti d'ottovre,Domini mille quatrocentrent'anni,rapìa Giorgio di messer Giovanni!Pianga l'abbandonata Poesia,Arismetrica pianga e tu Gramatica,e Retorica prenda vesta nera,tu, ch'esser suol col vulgo sì salvatica,pianger sempre ten dei, Filosofia,d'aver perduta l'ultima tua spera,ché, a mio giudizio, egli erad'ogni celeste possa fido segno!Mondo superbo e indegno,quel che non conoscevi il cielo scelse;in te tal pianta svelse,che ti facea fiorir, ed or son secchii tuoi sì sparsi rami, e pien di stecchi.O spiriti famosi, eccelsi e sacri,o incomprensibil regno, o ben nate alme,o sacrato mirabile e sì caro,or v'allegrate, e con ulivi e palmericevete colui che me in sì acrisospir lasciò, partendo, e 'n pianto amaro!Quanto pulito e chiaropiù si dimostra il ciel ov'ei dimorae 'l sol, che a ora a oraoltre a l'usato corso ivi s'arresta!Or che solenne festagli fan dintorno quell'anime sante,ma più il Petrarca e 'l mio poeta Dante!- Canzon, come da me ti partirai,dritta a veder ten vai el bel tesoro,el qual, sempre piangendo, in terra chiamo.Quivi il vedrai con sì mirabil arteornato in mezzo del celeste coro;e' vede or quanto i' l'ho amato ed amo;priegal che per me impetri quel ch'io bramo:di lasciar questo vulgo e questo erroree girne a' piè del suo e mio Signore.