Quid novi?

Rime di Celio Magno (321-330)


Rime di Celio Magno321Sopra il giardino da Ca' Diedo in MuranoOh come gli occhi e 'l cor m'alletta e fura,nobil giardino, il tuo ridente aspetto,come tra lor nel tuo bel campo elettocontendon de la palma arte e natura.Né men deve in te dirsi alta venturaservir signor di cortesia ricettoche sol prezza il tesor del tuo dilettoquand'altri il gode, e in ciò tua gloria cura.Ben dunque egli di te, di lui tu degno,ciascun più per altrui che per sé nato,doppio in terra del ciel gradito pegno:tu di letizie, ei di virtute ornato.E vince il merto d'ambo ogni alto segno,o paradiso, o possessor beato!322Al clarissimo signor Almorò Nani, donandoli un gottoQuesto fral vetro, a te di saldo amorech'a nessun cede in testimonio offerto,specchio esser può del camin proprio e certoche l'uom guida a bel fin lungi d'errore.Questo la sete estingue, e noi l'ardorespegner debbiam d'ogni desir tropp'erto,e qual egli traspar chiaro ed aperto,tal senza macchia aver candido il core.Il dolce nettar poich'in lui si provainsegna a la virtù misto il diletto,in cui congiunti il vero ben si trova.Né però 'l mando in norma ad uom perfettoma sol perché qualor di ber ti giovadesti la mia memoria entro il tuo petto.323Proemio dei madrigali spiritualiGli occhi, ma via più 'l coreleggendo affisa in queste sacre rime,in cui di Dio s'esprimequel ch'uomo oprò d'ogni uman uso fuore:ineffabil bontade, immenso amore,sommo saper sublime,infinito poter di stupend'opre,fuor d'ogni accento, lor spira e si scopre.Stampale ancor tu poicol divin sangue e chiodi acuti suoiin mezzo l'alma: e 'l tuo divoto zelovittoria avrà nel mondo e palma in cielo.324Quel che splende in tre soli unico soledal ciel di gloria per sovran consigliod'infinita pietà rivolse il ciglione l'uom, simile a lui, diletta prole.Mentr'ei di gravi error sott'alta molegiaceva oppresso in lagrimoso esiglio,e' mandò per suo stampo il proprio figlio,pegno promesso in sue sacre parole.Quegli in terra discende e in uman velocon sua vita a ben far gli porge essempio,e con la morte sua da morte il guarda.Or qual petto esser può sì duro ed empio,scorto ver lui di Dio sì ardente zelo,che d'amor, grato a tant'amor, non arda?325Al magnifico signor Girolamo Rannusio.Poi ch'io fui del tuo germe al sacro fonte,ove rinacque in Dio, padre secondo,qual vecchio, esperto peregrin del mondo,spargo tai voci, al suo ben calde e pronte.Guidalo tu per mano a l'erto montede la virtute, e fa il salir giocondo;nodrisci in lui d'onor seme fecondo,che produca opre a te leggiadre e conte.Ma pria che 'l mento infiori, il cor gli informa,perch'in tenera età costume impressoè di buon frutto o reo propria radice.Quinci il vedrai stampar di gloria ogni ormanel bel camin degli avi e di te stesso,nobil sua scorta e genitor felice.326All'eccellentissimo signor Orazio GuarguanteSe da mortal periglio a vita scortospiro per te, novo Esculapio mio;novo, e di grato cor medico anch'iorimedio a te contra mestizia apporto.Bevi a mensa con Febo in bel diportodentro il vaso ripien ch'ora t'invio,del nettare di Bacco il dolce obliovital de l'egre menti ozio e conforto.Così 'l ciel nel licor salute inspiri,tal che raddoppi in te gli anni e la gioia,e sembri un paradiso il tuo ristoro.Pover è 'l don, ma s'a l'affetto miriè ricco; e se con lui talor tua noiafia spenta, potrà dirsi alto tesoro.327 [A Lucio Scarano. 1]Qual tromba de la tua più dolce ammira,Lucio, il bell'Arno? E qual dal tempo rioscampo di lei più fido aver poss'iomentre in mio onor tua cortesia l'inspira?Né sol Febo d'alloro il crin t'aggirama, pien d'alto saper, Natura e Diocontempli, e de le lingue onde fiorioIlisso e Tebro il pregio in te si mira.E benché m'ornin troppo i carmi tuoi,grazia stimo però ch'amor t'inganni,sì ch'or mia bassa cetra alto rimbomba;ché con le lodi onde arricchir mi vuoiristorerò d'avara sorte i danni,fatto aquila per te d'umil colomba.328 [2]Scarano, a te che tieni in man la chiavech'apre Elicona, ogni uom di lui seguace,qual rio che porta al mar l'onda fugace,tributo del suo ingegno a render have.Quinci è 'l mio dono; e s'al tuo culto e gravegiudicio in parte almen risponde e piace,o quanto oltra la speme acquisto facee di timor d'oblio vien che si sgrave!Ché quando altro d'onor premio non senta,pago ei n'andrà de le tue lodi sole,che pon celebre farlo in ogni parte;tal povero nocchier, mentre paventatra dubie sirti, in porto arrivar suole,e d'or carco e felice indi si parte.329[A Orazio del Toso. Primo]Di tai pregi, e non d'altro, il crin m'adornosovra i duo cigni a cui prepor mi tenti:ch'essi tra fere e boschi e roze gentitemprar la lira e indegno ebber soggiorno;io con la mia far cerco al tempo scornoin cittade real, tra nobil menti.e se tu solo a mie lodi consenti,più che 'l Trace e 'l Teban chiaro ne torno.L'un fondò mura a stuol famoso in armi:io tempio innalzo a spirti in toga, illustriper opre ond'uomo un dio terren diventa;l'altro Euridice perde: io se prestarmila cetra vuoi con che Parnaso illustri,da Lete al ciel trarrò la mia fama spenta.330[Secondo]Fuggendo de l'oblio l'ira e lo scorno,spiegai timide vele a dubî venti;or dal giudicio de le nobil mentiper te lieto e sicuro, Orazio, i' torno.Tal senno, tal valor ha in te soggiorno,ch'è certa norma altrui quel che tu senti;benché troppo in mie lodi il fren rallenti,che fan da me qual d'eco in te ritorno.Tu col dolce cantar non pur disarmidi lauro i duo, ma tutti i cigni illustri,ch'agguagliar il tuo volo invan si tenta.Ver me dunque a sua voglia il tempo s'armi:che col tuo scudo onde m'affidi e illustri,mia fama il suo furor nulla paventa.