Quid novi?

Il Dittamondo (5-15)


Il Dittamondodi Fazio degli UbertiLIBRO QUINTOCAPITOLO XVLo nono mese era giá de l’anno, allor che in Alessandria mi posai, debole e stanco per lo lungo affanno. Di molte lingue qui gente trovai, che fan mercatanzia co’ Saracini 5 e propio cristian vi vidi assai. Questa cittá si è su le confini d’Africa e d’Asia e pare che dicerna Europa contro al mar che batte quini. Vidi la torre, dov’è una lanterna, 10 di sopra il porto, la qual, col suo lume, li navicanti la notte governa. E qual vuol ire al Cairo su pel fiume, sette dí pena e quattro per terra: cosí quei che vi vanno han per costume. 15 E se la gente, ch’è di lá, non erra, io vidi una cappella, onde il beato Marco a ingegno il Venezian disserra. Acqua dolce non hanno in alcun lato: tutte vi sono, come il mare, amare; 20 dal Nilo l’hanno nel tempo ordinato. Grande è la terra e ricchissima pare, con casamenti di pietre e di marmi, alte le mura e forti da guardare. "Solin, diss’io, deh piacciati di farmi 25 chiaro questa cittá chi puose prima, a ciò ch’ancor lo noti ne’ miei carmi". Ed el: "Quel greco, che si pone in cima de la rota del mondo e tiene un pome, la fonda e ferma: e ciò per certo stima. 30 La veritá ti manifesta il nome. Non sol questa, ma dodici n’ospizia e fece fare: e odi il dove e ’l come. Dopo l’acquisto e ’l grande onor di Sizia, voglio che sappi, senza niun fallo, 35 che una in quelle parti ne difizia. Ancor dove fu morto Bucifallo ne fece un’altra, per farne memoria, sí come in India la piú parte sallo. Similemente, dopo la vittoria 40 ch’ebbe di Dario, come si ragiona, tra’ Persi dico un’altra ello ne storia. E presso ancora a la gran Babilona, dov’è Caldea, un’altra ne fece, poi che di tutto il regno s’incorona. 45 E per l’usanza, ch’era in quella vece, d’acquistar fama e onorar sua patria, una ne fe’ ne le confine grece. Cosí di sopra al paese di Batria l’altra formò, per dare asempro e copia 50 ch’a cercar d’ir piú lá è una smatria: Ercules, dico, in quella parte propia, per mostrar sua vittoria pose un segno e altri alcun che quel terren s’appropia. E perché vide il luogo ricco e degno 55 di Margiana e Termedite, ancora una ne forma dentro dal suo regno. In Frigia, presso ove Troia dimora, fe’ l’altra e, se coi piedi di lá raspi, ben la potrai veder, ma poco è ora. 60 Non lungi è l’altra a le porte de’ Caspi, dove addietro t’ho detto che di rado vi passa l’uom, che tristo non v’innaspi. Una ne forma con ricco contado tra’ Massageti, e l’altra presso a Poro, 65 sopra un bel fiume, dove è porto e guado. Ma vienne e qui non facciam piú ristoro". E io: "Va pur, ché l’andar m’è diletto e fatica del cuor quando dimoro". Qui non fun piú parole né aspetto; prese la strada, sí come colui che sapea di lá ogni tragetto. E poi che ’n parte, che mi piacque, fui e vidi il tempo ch’era a ciò disposto, cosí parlando mi rivolsi a lui: 75 "A ciò che ’l nostro andar sia di men costo, piacciati dirmi perché la cagione a questo regno Libia nome è posto". Ed ello a me: "Diverse opinione ne son; l’un dice che Libia è un vento 80 africo qui, che tal nome li pone. L’altro si vuole, al quale io piú consento, ch’Epafo, che fu figliuolo di Giove, venne in Egitto con molto argomento. Menfione fé, prima che gisse altrove; 85 una figlia ebbe, a la qual Libia disse, accorta molto e con bellezze nove. Apresso pare che di qua venisse e che, per suo valor, fosse signore di queste parti tanto quanto visse. 90 Onde, per fare a la figliuola onore, Libia nominò il regno tutto. Or n’hai, com’io, il ver dentro dal core". E io, che penso pur di cavar frutto de le parole sue, sempre andando, 95 li dissi: "Assai m’è chiaro il tuo costrutto; ma quanto posso ti prego e domando ch’ancor m’allumi se qui la vista erra o dritto scorge, da lungi mirando: perché a me par veder sopra la terra 100 lo mar sí alto, che m’è maraviglia che non si spande e come in sé si serra". Ed ello a me: "Quel ch’è ’l ver, ti somiglia; ma la virtú di Dio, che ’l ciel corregge e che ogni alimento abbraccia e piglia, 105termine ha posto a tutte cose e legge".