Quid novi?

Rime di Celio Magno (331-346)


Rime di Celio Magno331 [A Fabio Patrizi]Di via più ricchi marmi adorna or sorgela tomba mia da le tue dotte cartee fabricar con via più nobil arteper l'amiche tue man, Fabio, si scorge.Onde d'ogni sua lode ella a te porge,architetto gentil, la maggior parte;che 'l dolce suon per cui le pietre spartes'uniro a fondar Tebe, in te risorge.E 'l mio, col nome tuo sculto, di Letenon varcherà giamai l'orrida sponda,ma vital per me fia l'ora funesta.Cortese amor, che, giunto ad alte metedi chiaro ingegno, il crine altrui circondadel proprio lauro, e 'l volo al tempo arresta.332 [A Ercole Udine]Amor, ch'un vetro agli occhi altrui preponedel color tinto ond'è la mente impressa,falsa ammira di fuor sembianza espressae per verace entro 'l pensier la pone.Questo è de l'error tuo dolce cagione,Ercole, per la lode a me concessa;questo la cetra mia, roca e dimessa,tra le pari a la tua, cieco, ripone.Dunque a te grazie; a me più tosto seguarossor che vanto: e 'l tuo, nol mio, valore,magno e cortese oltr'ogni stil si nome.Così mia forza egual fosse a l'onore:ch' Ercole anch'io talor ti darei treguadal sostener le tue celesti some.333[A Lucrezia Marinella]Qual ghirlanda giamai di più bei fioricinse per man di ninfa a Delia il corno,che quella ond'al tuo canto il crin m'adorno,angela scesa dai celesti cori?Son di natura e d'arte alti tesoriquei ch'in te m'apre aventuroso giorno,ma fan le lodi a te giusto ritorno,ch'in me soverchie, in te sembran minori.Non più fastosa sia, non più rammentisue donne a par di te l'antica istoria:sorga il tuo sol, la lor luce tramonte.E scriva Febo a le future gentil'affetto del mio cor con la tua gloria,ne' più bei lauri in sul castalio fonte.334 [Ad Angelo Ingegneri. 1]Già dubbio, ed or per voi certo, m'aveggiodi Pindo non errar dal camin vero,ch'al testimon del vostro cor sincerogiunto a sì gran valor, pochi pareggio.Ma non mi scorgo tal s'io mi riveggioqual mi pingete; e tanto indarno speroben de l'alloro il natio bello interoonde 'l crin s'orna Febo, in voi vagheggio.Splende il Giustinian d'onor sì raro,splende il Veniero; io l'orme lor pregiatetento, ma girne assai lontan conosco.Né deve a' raggi vostri esser discaroch'oscuro piè vi segua, alme ben nate,ché 'l sol più luce a par d'un nuvol fosco.335 [2]Troppo a dietro restar me vinto io veggio,e voi tant'oltre gir per bel sentiero:ché di lodarmi a pien vano è 'l pensiero,ingiuria il dirne poco, e 'l tacer peggio.Né però 'l vanto mio ricusar deggio,ch'onor d'ogni alma è dolce lusinghiero,ed ha benigno il ciel merto leggieros'altri il ripon di basso in alto seggio.Quinci oscuro per me nel vostro chiarolume io parrò: se non qual mi mostratenon indegno cultor del lauro tosco.E con favor sì prezioso e carosottratto a morte, a la futura etatepasserò noto anch'io per fama vosco.336[Ad Andrea Gussoni]Chi me, d'ingegno umil, povera tombacantando illustra e d'arricchir procura?Chi rende eterno quel che poco durae volge un muto sasso in chiara tromba?Certo d'angelo voce or qui rimbomba,ch'ov'io nulla sperai fama futura,dal diluvio mortal mi fa secura,sì come altr'arca già sacra colomba.Dunque a me d'onor ceda ogni sepulcro,che 'l feretro si cangia in lieta cunae nel mio cieco albergo il sol si scorge.Rispondo: Amor cortese in stil sì pulcro,con altri, in te sue proprie doti aduna:ché dal suo fonte ogni miracol sorge.337[A Ginevra Maggi Abbiosa]Pianta a cui neve d'aspro verno e durola chioma imbianchi e la virtù reprima,sembra il mio ingegno; e quanti frutti io primane colsi, nati a basso pregio furo.Onde in alzando lor non ben figurose te più 'l canto o cortesia sublima:ch'ambo egualmente van di gloria in cimadando a mia tomba eterno onor futuro.Quinci de le tue mani opra io divegnoe la mia nobil sete in te si sbramasì ch'a par del ginebro il lauro sdegno.Così potess'io ordir la ricca tramade le tue lodi, e gir del merto al segno:ma il ciel tentar senz'ale invan si brama.338 [A Marco Venier]Frutto che da sé nacque aspro, immaturo,con gusto infermo, amor soave stima,mentre il tuo divin canto il mio sublima,a cui le Muse ognor sì scarse furo.Ben col tuo nome il mio giunto assicurodi quell'onor ch'invan sperai da prima,posto or da man benigna in tanta stimae rinovato al bel viver futuro.O mia rara ventura, o ricco pegnod'alma cortese, ove ogni nobil bramas'alza con l'opre a glorioso segno!Ch'è la tua vita di virtute e famaperpetuo fonte; onde, o d'invidia è pregno,o senza cor chi non t'onora ed ama.339[A Cristoforo Ferrari]Dunque a palustre e roco augel s'inchinadi Pindo il più gentil cigno canoroqual tu, Ferrari? E 'l mio rozo lavoroal favor del tuo canto il ciel destina?Ben gir caro a sì degna e pellegrinaalma e di mie fatiche ampio ristoro:ma dal bel di tue lodi alto tesoroil mio basso valor troppo declina.E del tuo dolce inganno è la radicech'io, per me nudo, a te splendo copertodel mio compagno entro la luce altera.Basti a me del cor d'ambo esser felicee nell'amarvi anch'io, s'altro non merto,d'ambo voi riportar palma primiera.340[A Orsatto Giustinian]Se mirabil d'amor legge presumech'in noi regga duo corpi un spirto solo,dovunque spieghi o l'un o l'altro il voloil medesmo vigor desta le piume.Ciò vien da te come da fonte fiume,ch'io non basto a seguir per me lo stuolod'Apollo, ma tra quegli il vanto ho soloch'adoran d'amicizia il sacro nume.Così tu, novo Orfeo, morto disarmiper me cantando, e in me te stesso onori,cieco a conoscer la tua forza e l'armi.Ritratto è proprio tuo quel che colori;e gloria mia ch'ove co' degni carmitu m'alzi, io col mio ardor t'arda e innamori.341Al signor Cristoforo Ferrari. PrimoDeh, perché avien che noi crudel consumeil tempo, s'è, qual noi, del ciel figliuolo?Né spuntar possa umana forza o dolodegli occulti suoi strali il duro acume?Lasso, ho già sparso il crin di bianche brumecol dolce amico, e seco al fin me n' volo;e 'l gioir nostro ognor si turba al duoloche di smembrarsi l'un da l'altro assume.Ma se certo è 'l morir, dee consolarmiche i nomi giunti almen, com'ora i cori,vivran nel canto onde a lui piacque ornarmi;e ch'io pinto non men ne' tuoi colorisecuro vo, di seco eterno starmia l'ombra ancor de' tuoi famosi allori.342SecondoChi di sacro Parnaso al bel cacumeodo e veggio cantando alzarsi a voloch'a prova il cigno vince e 'l rossignuoloe qual canto ammirar più si costume?Porgagli lauri il colle e palme Idume,e l'or de le su' arene Ermo e Pattolo,e mentr'io l'alma in ascoltar consolo,per me Febo ne tessa ampio volume.Tu Ferrari, tu sei: ch'or a bearmivieni con l'armonia dagli alti cori,ed a' tue lodi ed al tu' amor degnarmi.Io sì legato il cor da' tuoi favori,se non basto a scolpirti in ricchi marmi,sacro a te questi almen poveri fiori.343[A Offredo Offredi]Col gran Bembo, di Febo amato figlio,ripor me dal mio basso gli alti scanni,di poveri cangiato in ricchi panni,signor, è sol d'amore opra e consiglio.Questo in mio troppo onor v'inganna il ciglio,e mentre da fuggir del tempo i dannisì cortese a me presta i propri vanni,d'Icaro ogni timor pongo in essiglio;che come al Tebro in questo salso stagnodate di Dio ministro alto splendore,così le Muse in voi se stesse ornaro.Quinci il crin v'ornerà col lauro a parol'ostro; e ben voi già sete in ogni coreBembo non pur, ma Pietro, e sacro, e magno.344[Ad Aurelio Prandino]Portar luce al sol osaquel ch'io d'Ascanio canto,e 'l cieco di me vantodal dolce fonte del tu' amor deriva.Cantane tu, ch'al morto hai canto eguale,giunte a le sue de la tua fama l'ale;sol lode a me s'ascrivadi cor pien d'alta bramache lui morto e te vivo onora ed ama.345[A Tiberio de' Conti]Qual pianta steril suol, ch'inserto portefecondo germe e in lui si rinovelle;o roza tela, a cui famoso Apellecon dotta man ricco ornamento apporte;tal per tue lodi al mio stil roco porte,canoro ei sembra e si trasforma in elle;e le due del mio cor dolci facellecon maggior vampa in me sento risorte.Ma s'elle ardean non meno i tuoi desiri,o che bei frutti di felice ingegnopotea 'l mondo raccor fra tuoi sospiri.Potessi or io l'onor, che da te vegnoa trar, dar frutto a que' duo vaghi giri:poich'io ne son, fuor che per grazia, indegno.346 [A Marino Garzoni]Oh foss'io degno del tesoro in parteond'ora il nome mio s'ingemma e inostracome del vostro cor, ch'indi si mostra,Marin, mi glorio aver sì ricca parte.Ma cieco affetto a me l'onor comparteche troppo val con debil merto in giostra;e mentre vien da lui mia lode mostra,pinge incauto voi stesso a parte a parte.Voi degli anni sul fior correte dietrocon piè franco a virtù per camin erto,pien d'opre degne e d'umil cure scarco;io su i vostri pietosi omeri carconovo Anchise in amor, vo lieto e certodi fuggir de l'oblio l'incendio tetro.