Quid novi?

Il Dittamondo (5-19)


Il Dittamondodi Fazio degli UbertiLIBRO QUINTOCAPITOLO XIXPer quel cammin silvestro se ne giaSolino ragionando, perché menograve mi fosse la solinga via. E qual fu mai, che potesse a pieno trattar le novitá, le quai mi disse 5 e ch’io trovai cercando per quel seno? Non credo appena Origenes, che visse al tempo d’Alessandro imperadore, che sei mila volumi e piú iscrisse. Ma poi, che fummo del gran bosco fore, 10 arrivammo ove i Psilli anticamente vissono senza legge e senza amore. Incredibile a dir fie questa gente: prova facean de le moglie co’ figli; sicur vivean da ogni serpente. 15 Cosí andati noi non molti migli, trovammo dove stanno i Nasamone presso ai Filen, come l’occhio co’ cigli. Un fiume v’è, che si noma Tritone; una fontana molto santa e sagra 20 si trova ancora per quella regione. Tant’era quella strada acerba ed agra, ch’io dicea fra me: Questa sarebbe da chi è grasso e volontier dimagra. E poi che la mia guida tratto m’ebbe 25 fuor di questa contrada piú avanti e che s’accorse che ’l cammin m’increbbe, m’incominciò a dire: "Fra gli Amanti venuti siam, che fan case di sale e c’hanno assai carbonchi e diamanti". 30 E io a lui: "Il sai poco qui vale, per quel ch’io veggia, e par sí nova cosa, ch’a dirlo altrui si crederebbe male. Ma dimmi, e ’l mio disio qui poni in posa, la natura del diamante in prima; apresso, del carbonchio ancor mi chiosa". E quello a me: "Di Saturno si stima il diamante e sua natura addita sí dur, che ferro o foco non ne lima. Contro a ogni forza di martel s’aita; 40 ma chi nel sangue l’aviluppa e caccia, sí come vetro in polvere si trita. Sicur fa l’uomo e li spiriti scaccia; li suoi canton, la punta e la grossezza, lo color cristallin, la chiara faccia 45 mostrano quanto è caro per bellezza: innanzi a ogni pietra questa è posta; magico incantamento alcun non prezza". Cosí rispuose a la prima proposta. E seguí poi; "Sopra quante ne sono, 50 lo nobile carbonchio a l’uom piú costa. Di molte specie trovar se ne pono; ma quei che son di maggior valimento intender dèi che nel mio dir ragiono. Nel fuoco muor, che par carbone spento; 55 ma poi ne l’acqua torna in suo costume e a l’uom porge vertú e ardimento. Quel, ch’io ti dico, di notte fa lume; dilegua la tempesta per natura; dai frutti sperge gli uccelli e consume. 60 Se al sol lo tien, viene in tanta calura: fuor gitta il fuoco e tanto a l’occhio piace, quanto alcun’altra, a cui si ponga cura". Qui tacque; e io a lui: "Tanto mi face contento il tuo bel dir, ch’io penso ognora 65 trovar cagion di non lasciarti in pace. E però dimmi, e non t’incresca, ancora di queste pietre, che sí care poni, se intorno a questi alcun’altra s’onora". "Trogoditi, rispuose, e Nasamoni, 70 ch’abbiam passati, ne han come costoro: e cosí il conta, se mai ne ragioni. Qui non bisogna, omai, piú far dimoro; ma guarda di che fanno i tetti e nota sí come vivon ne la vita loro". 75 Poi, cosí detto, per quella via vôta si mosse e io apresso e, ne la fine, gente trovammo in parte assai remota. Ecco Getulia, c’ha le sue confine; seguita poi coi Garamanti, in parte, 80 e con il lago, ancor, de le saline. E sí come tu leggi in molte carte, dai Geti greci, che di qua passaro, presono il nome, com’hai in altra parte". E io a lui: "Assai questo, m’è chiaro 85 e, poi che novitá da dir non veggio, s’altro paese cerchi, a me fie caro". Ed ello a me: "A ciò penso e proveggio". Ma piú non disse e prese la strada sotto un gran monte, di scheggio in ischeggio; 90indi arrivammo in un’altra contrada.