Quid novi?

Il Dittamondo (5-27)


Il Dittamondodi Fazio degli UbertiLIBRO QUINTOCAPITOLO XXVIIO sommo Padre, al qual di render graziadel ben che Tu m’hai fatto e che mi fail’anima mia non sempre n’è sazia, Te, Signor, lodo, che non fatto m’hai di quei miseri sconci, ch’io dico ora, 5 e d’altri molti che di lá trovai. Solino in verso me si volse allora, dicendo: "Vienne, ché, poi che gli hai visti, perdesi il tempo, se piú si dimora". E cosí ci partimmo da quei tristi, 10 passando per luoghi oscuri e solinghi, boscosi molto e di paura misti. Qui vo’, pintor, s’avièn che pennel tinghi per disegnar questo luogo silvano, che sopra il Nilo un’isola dipinghi, 15 ne la fine d’Egitto, il piú lontano, che da Canopo, giá quivi sepulto, fu nominata pria Canopitano. E per ben farti intendente e astulto, quanto puoi trova dritto ad Atalante: 20 per quel paese boscoso e occulto abitan genti, una e altra, tante, ch’è maraviglia; ma queste non hanno ordine o modo alcun d’uom, per sembiante. Niun propio vocabolo dir sanno, 25 niuno special nome; e per lor vita sicuri tutti gli animali stanno. Questa contrada, la qual qui s’addita, posta si vede sotto la zona usta e per le grotte la gente è smarrita. 30 Cosí passando la terra combusta, trovammo nel piú stremo altra genti ne l’atto assai piú acerba e robusta. Qui si fermò Solin con passi attenti, dicendomi: "Costor fa che tu noti. 35 che ’l piú vivon di carne di serpenti. Di ogni amor, d’ogni pietá son vôti; per le spilonche li vedi abitare cosí come orsi e per luoghi remoti. Muovon le labbra, nel lor ragionare, 40 al modo de le scimie e cosí stridi gettan fra lor, quando son per parlare. E voglio ancor che per certo ti fidi ch’una pietra hanno, ch’è tutta lor gloria, che execontaliton nomar giá vidi. E qui mi fece appunto memoria de’ color suoi e sí de la natura, come la pone dentro a la sua storia. Tanto a l’udir fu nova la figura,che in l’animo pensai: Egli è ragione 50 che l’abbian cara, tanto al dire è scura. Ed el, pur seguitando il suo sermone: "Trogoditi questa gente si dice, come tu puoi saper da piú persone". Così cercando il paese infelice, 55 tra ’l Nilo e ’l monte, in verso il sen d’Arabia, dove Etiopia serra le pendice, gente trovammo di sí scura labia, ch’a riguardare i corpi e’ lor costumi, non so ch’al mondo di piú strani v’abia. 60 Quando li vidi, tal miracol fumi, che stupefatto a Solino mi volsi, ch’era la luce di tutti i miei lumi. Quel mi guardò, sí come parlar volsi, e disse: "Non temer; fa che ’l cuor deste, 65 che ’l sangue per le vene torni a’ polsi. Questa gente, che vedi senza teste, e ch’an la bocca e gli occhi dentro a’ petti, non son per danno altrui né per tempeste. Guarda e passa oltra e fa che ti diletti 70 d’averli visti e forma in fra te stesso l’abito, la grandezza e gli altri aspetti". "Non per tema, diss’io, di loro adesso mostrai smarrito; tanto m’hai sicuro, ch’alcun non temo, quando ti son presso. 75 Ma ’l subito vedere e ’l loco scuro maravigliar mi fe’; ma non ti grevi dirmi il lor nome, ché d’altro non curo". Ed ello a me: "Nominati son Brevi per altrui e per me: e questo è giusto, 80 se ben li guardi e che vuoi dir rilevi". E io: "Se la natura avesse al busto la testa aggiunta, parrebbon giganti, tanto hanno lungo e lato l’altro fusto". Cosí parlando, passavamo avanti, 85 andando lungi dai lor freddi stalli, che per le grotte ne parean cotanti. E come mostran li Tedeschi e i Galli comunalmente de la carne bianchi, cosí costor come oro sono gialli: 90per ch’io non vidi mai sí novi granchi.