Quid novi?

Il Dittamondo (6-01)


Il Dittamondodi Fazio degli UbertiLIBRO SESTOCAPITOLO I "Qui si conviene andar con gli occhi attenti, qui si conviene aver la mente accorta, qui si convien fuggir tutti i spaventi": cosí a dire prese la mia scorta; "noi siamo in Asia, lá dove si vede 5 ogni pericol ch’acqua e terra porta". E io a lui: "Quel Padre, in cui ho fede, spero che mi allumi e che mi guidi come l’animo mio lo prega e chiede. E spero in te, che mi conduci e fidi, 10 col quale lungo tempo giá son ito, che mai palpar né temer non ti vidi. Con gli occhi attenti e col pensier sentito mi troverai a le tue spalle, ognora sicur, pur che non veggia te smarrito". 15 "La fede che hai buona, disse allora, mi piace: ché colui va senza intoppo che spera in Dio, che ’l crede e che l’adora". Tu dèi saper, lettor, che s’io aggroppo le mie parole omai, piú che non soglio, 20 che il fo ché il tempo è poco e ’l cammin troppo. Ma se tu vuoi veder dove le coglio, Plinio cerca, Livio e Isidero e piú autor, col mio, da cui le toglio. Non far sí come molti, ch’io considero, 25 che braman di sapere e, per pigrizia o vanità, raffreddano il desidero. Per un sentiero, che ’l nocchier c’indizia, segnato per la riva del bel fiume, seguia colui, ch’era ogni mia letizia. 30 Io avea preso, andando, per costumeaddimandarlo, per non perder tempo e per trar del suo dire frutto e lume. E però, come io vidi luogo e tempo, li dissi: "Dimmi, s’altro mi sai dire dentro a quest’acqua, notato al tuo tempo". E quel, ch’era disposto al mio disire, mi ragionò come il delfino a ’nganno il coccodril conduce e fa morire; e come quivi, in un’isola, stanno 40 uomin di piccolissima statura, ch’ancor la morte a’ coccodrilli dánno. "Li senici ci son, d’altra figura; l’ippotamo, c’ha forma di serpente, crudel ne l’opra e ne la vista scura. 45 E, se ben ti ricorda e hai a mente, di qua dal lito di Canopitano, dove intanata sta la trista gente, quando volgemmo a la sinistra mano, quivi, tra l’Etiopia e l’Egitto, 50 leonipardi, leonze e tigri stano. Piú lá è l’animal ch’aucefa è ditto, simile al badalischio nel rimiro; ma va per terra piú grave e affitto. Altri animali sono per quel giro 55 con tante orribil voci e sí diverse, che sol l’udirle altrui è gran martiro". Cosí andando per le ripe sperse e ragionando, l’occhio mio da lungi con un gran muro piú torri scoperse. 60 "O luce mia, che mi speroni e pungi per questa strada, diss’io, fammi chiaro che terra è quella, prima che lá giungi". "Due cittá son, diss’el, che fan riparo sopra quest’acqua: quella di lá noma 65 Babilonia; l’altra, di qua, il Caro. Tra l’una e l’altra son maggior che Roma: quivi è il real palagio del Soldano, che tutto Egitto signoreggia e doma". E io a lui: "Per non andare invano, 70 de’ re e de’ signori udir vorrei, che regnar qui nel tempo piú lontano". "Figliuol, rispuose, i primi, saper dèi, poi ’l diluvio, che tennero il paese, fun molto accorti e nominati dei. 75 Festus Sol, Osiris prima lo prese, Orontoloteo e Tifone apresso, da’ quai la gente qui vivere apprese. Seguitâr, dopo quei ch’io dico adesso, i Dinaste e Cineo, che fu il primo, 80 di Cam disceso e parente ben presso. Seguirono i Pastor di questo vimo; seguiron similmente i Faraoni e i Tolomei, secondo ch’io stimo. Ma or la mente a quel ch’io dico poni: 85 durarono i Dinaste in fin che tenne Amosis tutte queste regioni. Pastor costui si disse e allora venne di qua Ioseppo che, col suo gran senno, questo paese condusse e sostenne. 90 Apresso Amram e Ioachabet dienno Moises allora in man de la fortuna e marinaro innanzi tempo il fenno, per tema, quando egli era ne la cuna; ma pria poco fu detto Faraone 95 Amenofis per la gente comuna. Non molto poi, come il Genesis pone, lo mar s’aperse al popolo di Dio, per fuggir morte, danno e quistione: io dico quando Chencres lo seguio, 100 sí come è manifesto a tutto il mondo che l’acqua lui e tutti i suoi sorbio. Orosio scrive sí come nel fondo quale il miracol fu si vede ancora, pur che ’l mar posi e ’l tempo sia giocondo. Saba reina tra questi s’onora; ma l’ultimo Natanabo si dice, che col Magno Alessandro poi dimora. Tolomeo Lago fu l’alta radice de’ Tolomei e certo, se ben miro, 110 degno ne parve, tanto fu felice. Alfin colei, che l’uno e l’altro tiroabbeverò del sangue del suo busto,lo regno tenne e, dopo tal martiro,rimase in man del buon Cesare Augusto". 115