Quid novi?

Rime del Berni 5-6


5CAPITOLO DEL DILUVIONel mille cinquecento anni vent'uno,del mese di settembre a' ventidue,una mattina a buon'otta, a digiuno,venne nel mondo un diluvio che fuesì ruinoso che da Noè in làa un bisogno non ne furon due.Fu, come disse il Pesca, qui e qua;io, che lo viddi, dirò del Mugello:dell'altre parti dica chi lo sa.Vulcano, Ischia, Vesuvio e Mongibellonon fecion a' lor dì tanto fracasso:disson le donne che gli era il fragello,e che gli era il demonio e 'l satanassoe 'l diavolo e 'l nemico e la versierach'andavon quella volta tutti a spasso.Egli era terza e parea più che sera;l'aria non si potea ben ben saperes'ell'era persa o monachina o nera;tonava e balenava a più potere,cadevon le saette a centinaia:chi le sentì non le volea vedere.Non campò campanile o colombaia;in modo tal che si potea cantarequella canzona che dice: "O ve' baia".La Sieve fece quel che l'avea a fare:cacciossi inanzi ogni cosa a bottino,menonne tal che non ne volea andare.Non rimase pei fiumi un sol molino,e maladetto quel gambo di biadache non n'andasse al nemico del vino.Chi stette punto per camparla a badaarebbe poi voluto esser altrove,ché non rinvenne a sua posta la strada.Potria cantar cose alte e cose nove,miracoli crudeli e sterminati,dico più di otto e anco più di nove:come dir bestie e uomini affogati,quercie sbarbate, salci, alberi e cerri,case spianate e ponti ruinati.Di questi dica chi trovossi a i ferri;io ne vo' solamente un riferire,et anco Dio m'aiuti ch'io non erri.O buona gente che state a udire,sturatevi li orecchi della testa,ch'io dirò cosa da farvi stupire.Mentre che gli era in ciel questa tempesta,si trovorno in un fiume due persone:or udirete cosa che fu questa.Un fossatel che si chiama il Muccione,per l'ordinario sì secco e sì smuntoche non immolla altrui quasi il tallone,venne quel dì sì grosso e sì raggiuntoche costor duo, credendo esser da lato,si trovorno nel mezzo a punto a punto.Ivi ciascun di loro spaventatoe non vedendo modo di fuggire,come sa ch'in tal casi s'è trovato,vollono in sur un albero saliree non dovette darne loro il core.Io non so ben quel che volesse dire:eron frategli e l'un, ch'era il maggiore,abbracciò ben quel legno e 'n su le spallesi fé salir il suo fratel minore.Quivi il Muccion e tutta quella vallecorrevon ceppi e sassi aspri e taglienti:tutta mattina dàlle, dàlle, dàlle.Furno coperti delle volte venti,e quel di sotto, per non affogare,all'albero appoggiava il viso e' denti.Attendeva quell'altro a confortare,ch'era per la paura quasi perso;ma l'uno e l'altro aveva poco a stare,ché bisognava lor far altro verso.Se non che Cristo mandò lor un legnoche si pose a quell'albero attraverso:quel dette loro alquanto di sostegno,e non bisogna che nessun s'inganni,ché 'n altro modo non v'era disegno.A quel di sotto non rimase panni:uscinne pesto, livido e percosso,et era in ordin come un san Giovanni.Quell'altro anche devea aver poco indosso;pur li parve aver tratto diciannove,quand'egli fu dalla furia riscosso.Questa è una di quelle cose nuovech'io m'arricordi aver mai più sentita,né credo tal ne sia mai stata altrove.Buone persone che l'avete uditae pur avete fatto questo bene,pregate Dio che vi dia lunga vitae guardivi dal foco e dalle piene.6CAPITOLO DEL CORNACCHINO O LAMENTO DI NARDINOCANATTIERE, STROZZIERE E PESCATORE ECCELLENTISSIMOO buona gente che vi dilettatee piaccionvi i piacer del Magnolino,pregovi in cortesia che m'ascoltiate.Io vi dirò el Lamento di Nardino,che fa ogn'or con pianti orrendi e fierisopr'al suo sventurato Cornacchino.Quest'era un bello e gentil sparavierich'e' s'avea preso e acconcio a sua manoet avutone già mille piaceri;egli era bel, grazioso e umano,sicuro quant'ogn'altro uccel che voli,da tenersel per festa a ignuda mano.Avea fatto a' suoi dì mille bei voli;avea fra l'altre parti ogni buon segno,e prese già quarant'otto assiuoli.Non avea forza, ma gli aveva ingegno,o, come dicon certi, avea destrezza,e 'n tutte le sue cose assai disegno;tornava al pugno, ch'era una bellezza;aspettava il cappell com'una forma:in fine, gli era tutto gentilezza.O Dio, cosa crudel fuor d'ogni norma,che quando e' venne il tempo delle starnee che n'apparse fuora alcuna torma,appena ebb'ei comminciato a pigliarne,che gli venne un enfiato sott'il piede,appunto ov'è più tenera la carne,sì come tutto dì venir si vedea gli uccei così vecchi come nuovi,che per troppa caldezza esser si crede.Quel che si sia, comunque tu gli provi,e' vien subitamente loro un male,che questi uccellator chiamano i chiovi.O umana speranza ingorda e frale,quant'è verace il precetto divinoche non si debba amar cosa mortale!Comminciò indi a sospirar Nardinoe star pensoso e pallido nel volto,dicendo dì e notte: "O Cornacchino,o Cornacchin mio buon, chi mi t'ha tolto?Tu m'hai privato d'ogni mio sollazzo,tu sarai la cagion ch'io verrò stolto.Impiccato sia io s'io non m'amazzo,s'io non mi metto al tutto a disperare".Così gridava che pareva pazzo.E come spesso avvien nell'uccellare,che qualche uccel fantastico e restiocosì 'n un tratto non volea volare,e' s'adirava e bestemmiava Dioe mordeasi per rabbia ambo le mani,gridando: "Ove sei tu, Cornacchin mio?".Di poi ha preso adirarsi co' cani,e gli chiama e gli sgrida e gli minacciae dà lor bastonate da cristiani.Ond'un ch'è suo (né vo' che vi dispiaccia),c'ha nome Fagianin, ch'è un buon cane,èssi adirato e non ne vuol più caccia,e spesso spesso a drieto si rimane;dicono alcuni che 'l fa per dolore:un tratto e' va più volentieri al pane.Vedete or voi quanta forza ha l'amore,che insino a gli animali irrazionalihanno compassion del lor signore:queste son cose pur fiere e bestiali,chi le discorre e chi le pensa bene,che 'ntervengon nel mondo a gli animali.Però, s'alcuna volta c'intervienecosa ch'al gusto non ci vadi troppo,bisogna tòrne al fin quel che ne viene;ché si dà spesso in un peggiore intoppoet è con danno altrui spesso insegnatoche gli è meglio ir trotton che di galoppo.O buona gente ch'avete ascoltatocon sì divota e pura attenzionequesto lamento ch'io v'ho raccontato,abbiate di Nardin compassione,sì ch'e' non s'abbi al tutto a disperarne:Dio lo cavi di questa tentazione.Io voglio in cortesia tutti pregarneche voi preghiate Dio pel Cornacchino;dico a chi piace uccellare alle starne,ch'è proprio un de' piacer del Magnolino.