Quid novi?

Della Casa 14: sonetti


LE RIME EXTRAVAGANTILXVNé l'alba mai, poi che 'l suo strazio riovien Progne, ombrose valli, a pianger vosco,quando 'l ciel fosse in sul mattin men fosco,di braccia al vecchio suo sì bionda uscìo;né 'n riva di corrente e largo riochiome spiegò d'april tenero boscosì vaghe, come il sol ch'io sol conoscosparger tra voi le sue talor vid'io.E or le tronca empio destino acerbo,e 'mpoverisce Amor del suo tesoro:a noi sì cara vista invidia e toglie.Deh chi 'l mio nodo rompe e me non scioglie?Avess'io parte almen di quel dolce oro,per mitigar il duol che nel cor serbo.Le Rime secondo la stampa del 1558LXVIStruggi la terra tua gentile e pia,o di vero valor spogliata schiera,e 'n soggiogar te stessa onore spera,sì come servitute in pregio sia;e di sì mansueta ch'eri priabarbara fatta sovr'ogni altra e fera,cura che 'l latin nome abbassi e pèra,e 'n tesoro cercar virtute oblia.Tu incontro a chi t'affida armata fendicol tuo nemico il mar, quando la turbade gli animosi figli Eolo disserra;tu quei che più ragion torce e conturbasegni, e 'l tuo sangue a prezzo e l'altrui vendi,crudele: ahi non è questo a Dio far guerra?Le Rime secondo la stampa del 1558Lirici italiani del Secolo Decimosesto con annotazioni, di Luigi Carrer, Venezia, 1836, Sonetto 60 (pag. 31)Parnaso Italiano, Vol. 26, 1787, pag. 330Note:Questo e il seguente, sono tra i sonetti attribuiti al Casa dubbiamente. Hanno però del suo colorito; potrebbero essere lavoro giovanile e dimenticato. Altri se ne potevano aggiungere; ma per saggio possono bastare questi due.(Carrer, cit., pag. 314)Note:1. Struggi la terra tua dolce natia,2. o di vera virtù spogliata schiera:8. obblia.9. E 'ncontro12. Segui chi più13. Or il tuo sangue a prezzo, or l'altri vendi,14. crudele. Or non è questo a Dio far guerra?(versione data da Rubbi, Parnaso Italiano, Vol. 26, 1787)LXVIIForse però che respirar ne licedopo tanti anni, or questo e or quell'anguecosì ne punge, o pur del nostro sanguenon è vermiglia ancora ogni pendice?Terra più ch'altra pria lieta e felicefatt'è per dura mano ignuda, esangue:deh perch'in noi virtute e valor langue,e rinverde avarizia ogni radice?Ch'ancor potrebbe, asciutto il sangue sparsoe sereni i begli occhi or di duol colmi,frenar le genti Italia a l'antico uso;ned io l'Ibero o più Cesare accusoche 'l loro aspro vicin, ma piango, e duolmirotto vedere il mio bel nido e arso.Le Rime secondo la stampa del 1558Lirici italiani del Secolo Decimosesto con annotazioni, di Luigi Carrer, Venezia, 1836, Sonetto 61 (pag. 31)LXVIIIDeh avess'io così spedito stilecome ho pronto, madonna, ogni desio,ché il vostro dolce affetto onesto e pioconto fôra per me com'è gentile:e sì devria, poi che d'amaro e viledolce rendete e caro il viver miovoi sola; ma che più, lasso, poss'iose a gir tant'alto è il mio dir pigro umile?Per me pregaste voi l'angel mio santoche, se grave peccato ho in me concetto,raggio di sua pietà mi vegli e lustre:ed ella il feo, né più benigno effettovide uom giamai, né stato have in sé tantoalcun quant'io vi debbo, anima illustre.Le Rime secondo la stampa del 1558Parnaso Italiano, Vol. 26, 1787, pag. 331LXIXSe ben pungendo ognior vipere ardentie venenose serpi al cor mi stanno,e scopro de' bei lumi il chiaro ingannocon questi miei, a la sua luce intenti,non fia però giamai ch'io mi sgomentidi soffrir questo incarco e questo affanno,ch'è soave il martir, utile il danno,gli occhi fian sempre di languir contenti.Lasso, ché di tal laccio Amor mi strinsech'a snodarlo convien che si discioglialo stame, con cui 'l ciel quest'alma avvinse:e benché un timor rio sempre m'indoglia,un timor che la speme un tempo vinse,conven ch'io segua l'ostinata voglia.Le Rime secondo la stampa del 1558Parnaso Italiano, Vol. 26, 1787, pag. 332LXXDopo sì lungo error, dopo le tantesì gravi offese, ond'ognor hai soffertol'antico fallo e l'empio mio demerto,con la pietà de le tue luci santemira, Padre celeste, omai con quantelacrime a te devoto mi converto,e spira al viver mio breve e incertograzia, ch'al buon camin volga le piante.Mostra gli affanni, il sangue e i sudor sparsi(or volgon gli anni) e l'aspro tuo dolorea' miei pensieri, ad altro oggetto avvezzi;raffredda, Signor mio, quel foco ond'arsicol mondo e consumai la vita e l'ore,tu che contrito cor giamai non sprezzi.Le Rime secondo la stampa del 1558Parnaso Italiano, Vol. 26, 1787, pag. 334