Quid novi?

Lodovico della Vernaccia


Nacque Lodovico in Firenze da un cotal Pasquino, e fiorì circa il 1300. Fu uomo nei maneggio delle cose civili e politiche assai riputato: e fu pure un de' primi, che cominciarono a porre in uso i versi volgari. Qui diamo il sonetto pubblicato dal Crescimbeni ne' suoi Commentarii, osservando col Crescimbeni medesimo e col Quadrio, che altre cose di lui si conservavano manoscritte presso Pier Girolamo Vernaccia di quella famiglia, che da Firenze fu trasportata nel Castello di Apecchio e poscia in Urbino.F. Z.Se'l subbietto preclaro, o Cittadini,Dell' atto nostro ambizioso e onestoVolete immaginar, chiosando il testo.Non vi parrà che noi siamo fantini?S'alli nostri accidenti ed intestiniCasi ripenserete, con modestoAspetto inchinerete il cor molesto ;Fien radicati al cor in duri spini.Quando ragion corregge li difettiDel diverso inimico; e lor conturbaNon della spada il trionfar posarse.Ma imbratta (1) con forza e' (2) sensi erettiSe vuole usar (3) contra la falsa (4) turbaSolo la spada vuol magnificarse.NOTE(1) Cioè guasta, sconcia.(2) Per i.(3) Per osare.(4) Corrotta, e crederei meglio ingannata secondo il primitivo significato dal Latino falsus.Tratto da "Lirici del Secolo Primo, Secondo e Terzo cioè dal 1190 al 1500" in "Parnaso Italiano" Volume Undecimo, a cura di Francesco Zanotto, Venezia, Giuseppe Antonelli Editore, 1746, pag. 11.Lo stesso sonetto, arricchito da ulteriori commenti, è reperibile in "Poeti del primo secolo della lingua italianna in due volumi raccolti", Volume Primo, pag. 18, a cura di Lodovico Valeriani e Urbano Lampredi, Firenze 1816.Per una versione in inglese di tale sonetto, si può consultare il link n. 10 del sito rossettiarchive.org.Riporto anche le notizie fornite da Crescimbeni, prima della trascrizione del sonetto:Lodovico della Vernaccia (Famiglia Fiorentina, che poi dal Castello d'Apecchio, ove fu trasportata, passò ha circa due secoli in Urbino) Figliolo di. Pasquino, per quello, che portava l'infelice condizione delle latere umane in quei tempi, fu molto erudito, e applicato non meno alla fondazione dellla lingua volgare, che alla ristorazione della latina. Hassi memoria, che egli componesse varie orazioni, altre in quello, altre in questo linguaggio, e molti versi Volgari, delle quali cose tuttavia se ne truovano alcune scritte a penna appresso l'eruditissimo P. Pier Girolamo Vernaccia, Cherico Regolare delle Scuole Pie suo descendente, il quale insieme colle presenti notizie, ce ne ha donato il saggio, che è un Sonetto, che veramente il dimostra per uno di quelli, che cominciarono a mettere in uso i versi volgari nell' anno 1200 che, giusta le dette notizie, egli fiorì. E sebbene il suo stile, per essere affatto privo di circostanze Provenzali, e averne di quelle del secolo XV, potrebbe far sospettare, che egli fiorisse in tempi più bassi; nondimeno debbe considerarsi, che potè esser di quelli, che componevano ne'propij dialetti delle patrie loro, di molti de' quali Dante fa distinta menzione nel Trattato della Volgare Eloquenza; e per conseguente, che la lingua usata da lui, la quale di certo è antichissima, e rozzissima, fosse la propria, che in quei tempi si parlava in Urbino. Alla sufficienza nelle lettere unì Lodovico tal senno, e prudenza nel maneggio delle cose civili, e politiche, che in Patria era divenuto non poco autorevole, e dai Cittadini veniva assai volentieri ascoltato, come dimostra il saggio suddetto; e più pienamente una Canzone esistente appresso il detto P. Vernacci, col fine della quale chiuderemo il presente giudizio.Quando Roma non era in tanto caroFo el bon Valerio al Consulato assumptoCostui con almo prunto,Rupti in nimici ad morte si condusseNe allo exeqnio funeral trovoxeTrinta moneta, che bastar potesseBisongno si sopplesseDel publico Thesoro pero SengnuoriIn questi exempli spiculati i cori.Tratto da: "L'istoria della volgar poesia, scritta da Gio. Mario Crescimbeni" Volume Terzo, (Contenente i primi tre libri del volume secondo parte seconda, ed i primi tre del volume terzo de' Commentarj intorno alla sua Istoria della volgar Poesia) Giovan Mario Crescimbeni, Presso L. Basegio, 1730.