L'edizione del 1558 delle Rime di Giovanni della Casa riporta diversi sonetti scritti in suo onore da vari celebri poeti.Sonetto di M. Bernardo Capello, a M. Gio. della Cafa.Casa gentil; che con si colte rimeScrivete i casti, & dolci affetti vostri,Ch'elle già ben di quante a tempi nostriSi leggon, vanno al cielo altere, & prime;Acciò che'l mondo alquanto pur mi stime,Prego, ch'a me per voi si scopra, & mostri,Com'io possa acquistar si puri inchiostri,Strada si piana, & mente si sublime:Se questo don non mi negate; anchoraTentare ardito il monte mi vedrete,Nel qual voi Phebo degnamente honora:Phebo, & le Muse; a quai punto non seteMen caro del gran Thosco: che talhoraMentre il cercate pareggiar, vincete.Al quale M. Gio. risponde con quello, che incominciaMentre fra valli paludose &ime(sonetto 26)Risposta del detto Capello al Sonetto che incomincia: Solea per boschi il di fontana o speco, (sonetto 25)O chi m'adduce al dolce natio speco;Ov' io, deposte le mie amare pene,Et volte l'atre mie notti in serene,Possa talhor le Muse albergar meco:Si m'appresserei forse al giogo ù teco;Altro nessun che'l maggior Thosco vene,Col Bembo; alqual nulla è, che'l corso affreneSi, ch'egli a par a par non poggi seco.Hor che lunge mi tien rea forte acerbaDa quelle Dive, & dal mio nido; e'n ombra,Ch'adugge il seme di mia gioia, posto;Con l'alma non d'Amor, ne d'ira sgombraTe inchino , albergo a Phebo alto, & riposto:Et segno in humil pian col vulgo l'herba.Sonetto del detto Capello a M. Gio. della Cafa.Casa, che'n versi, od in sermone scioltoNel antico idioma, & nel modernoQuei pareggiate, onde col grido eternoD'alta lode a tutt'altri il pregio è tolto;Poscia ch'io son ne vostri scritti accoltoA che temer ira di tempo, o scherno?Già quinci scemo lui di forze io scerno;Et me sempre honorato essere ascolto.Vivrommi dunque nel perpetuo fuonoDel voftro colto, & ben gradito stile,L'alme vaghe d'honor d'invidia empiendo.Hor tante a voi, quanti ha fioretti Aprile,Et stelle il cielo, e 'l mar arene, io rendoGratie Signor di così largo dono.Sonetto di M. Pietro Bembo a M. Gio. della Casa.Casa; in cui le virtuti han chiaro albergo;Ef pura fede, & vera cortesia;Et lo stil, che d'Arpin si dolce uscia,Risorge, e i dopo forti lascia a tergo:S' io movo per lodarvi, & charte vergo;Presontuoso il mio penser non fia:Che mentre e viene a voi per tanta via;Nel voftro gran valor m'affino & tergo.Et forse anchora un amoroso ingegnoCiò leggendo dirà; più felici almeDi quelle il tempo lor certo non hebbe.Duè città senza pari & belle & almeLe diero al mondo; & Roma tenne, & crebbe:Qual po coppia sperar destin più degno?Al quale M. Gio. risponde con quello, ch'incomincia.L'altero nido; ov'io si lieto albergo.Sonetto di M. Iac. Marmitta a M. Gio. della Cafa.Se l'honesto desio, che'n quella parte,Ch'al mar d'Adria pon freno, a noi lontano,Signor vi trasse, il ciel non faccia vano,Che'n voi cotante gratie ha infuse & sparte;Ma senza oprar d'humano ingegno, od arte,Sgombro di quell'humor maligno, & strano,Homai vi renda; & l'honorata manoLibera lasci, a uergar dotte charte;Piacciavi, prego, di mostrarmi qualeSia il dritto, & bel sentier, che l'huom conduceAl poggio, ov'ei si fa chiaro, e immortale:Ch'altra per me non trovo scorta, o duce:E'l tempo vola, come d'arco strale,Che ne l'eterno oblio, lasso, m'adduce.Al quale M. Gio. risponde con quelli che incomincianoCuri le paci sue chi vede Marte.Si lieta havess'io l'alma & d'ogni parte.Replica del MarmittaI mi veggio hor da terra alzato in parte,Ove il mio antico error, m'è chiaro & piano:Et quanto basso, anzi pur cieco, e 'nsanoSia il desir mio, conosco a parte a parte;Onde l'alma da se lo scaccia; & parte;E'ncomincia a ritrarsi a mano a manoSu verfo'l cielo, ond'io son si lontano;Et dal errante volgo irne in disparte;Ch'ella scorgendo che si poco saleHumana gloria, a l'alta, eterna luceSi volge; & di nulla altro homai le cale.Questo bel frutto in lei, Casa, produceIl Vostro alto consiglio; & con queste aleAl vero, & sommo ben si riconduce.Sonetto di M. Benedetto Varchi a M. Giovan.della Casa.Casa gentile; ove altamente albergaOgni virtute ogni real costume:Casa, onde vien, che questa etate allume,Et le tenebre nostre apra & disperga:A l'Austro dona fiori, in rena verga;Suoi penfier scrive in ben rapido fiume,Chi d'agguagliarsi a voi stolto presume,In cui par ch'ogni buon si specchi & terga.Quanto alhor, che'l gran Bembo a noi morio,Perderò in lui le tre lingue più belle,Tutto ritorna & già fiorisce in voi:Per voi l'altero nido voftro & mio,Che gli rendete i pregi antichi suoiRisonar s'ode in fin sopra le stelle.Al quale M. Gio. risponde con quello che incominciaVarchi ; Hippocrene il nobil Cigno alberga.Sonetto dei Signor Bernardino Rota a M. Gio. della Casa.Parte dal suo natio povero tettoDa pure voglie accompagnato intornoContadin rozzo, & giugne a bel soggiorno,Da chiari Regi in gran diporto eletto:Ivi tal maraviglia have & diletto,In veder di ricche opre il luogo adorno,Che gli occhi, e 'l pie non move,& noia & scorno,Prende del dianzi suo caro alberghetto,Tale aven al penfer se la bassezzaDel mendico mio stil lascia, & ne veneDel voftro a contemplar l'alta ricchezza.Casa, vera magion del primo bene;In cui per albergar Phebo disprezzaLo ciel, non che Parnaso, & Hippocrene.Al quale M. Giovan. risponde con quello cheincominciaS'egli averrà, che quel ch'io scrivo , o detto
Sonetti in lode del Casa
L'edizione del 1558 delle Rime di Giovanni della Casa riporta diversi sonetti scritti in suo onore da vari celebri poeti.Sonetto di M. Bernardo Capello, a M. Gio. della Cafa.Casa gentil; che con si colte rimeScrivete i casti, & dolci affetti vostri,Ch'elle già ben di quante a tempi nostriSi leggon, vanno al cielo altere, & prime;Acciò che'l mondo alquanto pur mi stime,Prego, ch'a me per voi si scopra, & mostri,Com'io possa acquistar si puri inchiostri,Strada si piana, & mente si sublime:Se questo don non mi negate; anchoraTentare ardito il monte mi vedrete,Nel qual voi Phebo degnamente honora:Phebo, & le Muse; a quai punto non seteMen caro del gran Thosco: che talhoraMentre il cercate pareggiar, vincete.Al quale M. Gio. risponde con quello, che incominciaMentre fra valli paludose &ime(sonetto 26)Risposta del detto Capello al Sonetto che incomincia: Solea per boschi il di fontana o speco, (sonetto 25)O chi m'adduce al dolce natio speco;Ov' io, deposte le mie amare pene,Et volte l'atre mie notti in serene,Possa talhor le Muse albergar meco:Si m'appresserei forse al giogo ù teco;Altro nessun che'l maggior Thosco vene,Col Bembo; alqual nulla è, che'l corso affreneSi, ch'egli a par a par non poggi seco.Hor che lunge mi tien rea forte acerbaDa quelle Dive, & dal mio nido; e'n ombra,Ch'adugge il seme di mia gioia, posto;Con l'alma non d'Amor, ne d'ira sgombraTe inchino , albergo a Phebo alto, & riposto:Et segno in humil pian col vulgo l'herba.Sonetto del detto Capello a M. Gio. della Cafa.Casa, che'n versi, od in sermone scioltoNel antico idioma, & nel modernoQuei pareggiate, onde col grido eternoD'alta lode a tutt'altri il pregio è tolto;Poscia ch'io son ne vostri scritti accoltoA che temer ira di tempo, o scherno?Già quinci scemo lui di forze io scerno;Et me sempre honorato essere ascolto.Vivrommi dunque nel perpetuo fuonoDel voftro colto, & ben gradito stile,L'alme vaghe d'honor d'invidia empiendo.Hor tante a voi, quanti ha fioretti Aprile,Et stelle il cielo, e 'l mar arene, io rendoGratie Signor di così largo dono.Sonetto di M. Pietro Bembo a M. Gio. della Casa.Casa; in cui le virtuti han chiaro albergo;Ef pura fede, & vera cortesia;Et lo stil, che d'Arpin si dolce uscia,Risorge, e i dopo forti lascia a tergo:S' io movo per lodarvi, & charte vergo;Presontuoso il mio penser non fia:Che mentre e viene a voi per tanta via;Nel voftro gran valor m'affino & tergo.Et forse anchora un amoroso ingegnoCiò leggendo dirà; più felici almeDi quelle il tempo lor certo non hebbe.Duè città senza pari & belle & almeLe diero al mondo; & Roma tenne, & crebbe:Qual po coppia sperar destin più degno?Al quale M. Gio. risponde con quello, ch'incomincia.L'altero nido; ov'io si lieto albergo.Sonetto di M. Iac. Marmitta a M. Gio. della Cafa.Se l'honesto desio, che'n quella parte,Ch'al mar d'Adria pon freno, a noi lontano,Signor vi trasse, il ciel non faccia vano,Che'n voi cotante gratie ha infuse & sparte;Ma senza oprar d'humano ingegno, od arte,Sgombro di quell'humor maligno, & strano,Homai vi renda; & l'honorata manoLibera lasci, a uergar dotte charte;Piacciavi, prego, di mostrarmi qualeSia il dritto, & bel sentier, che l'huom conduceAl poggio, ov'ei si fa chiaro, e immortale:Ch'altra per me non trovo scorta, o duce:E'l tempo vola, come d'arco strale,Che ne l'eterno oblio, lasso, m'adduce.Al quale M. Gio. risponde con quelli che incomincianoCuri le paci sue chi vede Marte.Si lieta havess'io l'alma & d'ogni parte.Replica del MarmittaI mi veggio hor da terra alzato in parte,Ove il mio antico error, m'è chiaro & piano:Et quanto basso, anzi pur cieco, e 'nsanoSia il desir mio, conosco a parte a parte;Onde l'alma da se lo scaccia; & parte;E'ncomincia a ritrarsi a mano a manoSu verfo'l cielo, ond'io son si lontano;Et dal errante volgo irne in disparte;Ch'ella scorgendo che si poco saleHumana gloria, a l'alta, eterna luceSi volge; & di nulla altro homai le cale.Questo bel frutto in lei, Casa, produceIl Vostro alto consiglio; & con queste aleAl vero, & sommo ben si riconduce.Sonetto di M. Benedetto Varchi a M. Giovan.della Casa.Casa gentile; ove altamente albergaOgni virtute ogni real costume:Casa, onde vien, che questa etate allume,Et le tenebre nostre apra & disperga:A l'Austro dona fiori, in rena verga;Suoi penfier scrive in ben rapido fiume,Chi d'agguagliarsi a voi stolto presume,In cui par ch'ogni buon si specchi & terga.Quanto alhor, che'l gran Bembo a noi morio,Perderò in lui le tre lingue più belle,Tutto ritorna & già fiorisce in voi:Per voi l'altero nido voftro & mio,Che gli rendete i pregi antichi suoiRisonar s'ode in fin sopra le stelle.Al quale M. Gio. risponde con quello che incominciaVarchi ; Hippocrene il nobil Cigno alberga.Sonetto dei Signor Bernardino Rota a M. Gio. della Casa.Parte dal suo natio povero tettoDa pure voglie accompagnato intornoContadin rozzo, & giugne a bel soggiorno,Da chiari Regi in gran diporto eletto:Ivi tal maraviglia have & diletto,In veder di ricche opre il luogo adorno,Che gli occhi, e 'l pie non move,& noia & scorno,Prende del dianzi suo caro alberghetto,Tale aven al penfer se la bassezzaDel mendico mio stil lascia, & ne veneDel voftro a contemplar l'alta ricchezza.Casa, vera magion del primo bene;In cui per albergar Phebo disprezzaLo ciel, non che Parnaso, & Hippocrene.Al quale M. Giovan. risponde con quello cheincominciaS'egli averrà, che quel ch'io scrivo , o detto