Quid novi?

La Secchia Rapita 02-1


La Secchia Rapitadi Alessandro TassoniCANTO SECONDOARGOMENTOMandano i Bolognesi ambasciatoridue volte a dimandar la Secchia in vano:onde con fieri ed ostinati coris'armano quinci e quindi il monte e 'l piano.Chiamano Giove a concilio i Dei minori,contendono fra lor Marte e Vulcano:Venere si ritira e si diparte,e 'n terra se ne vien con Bacco e Marte.        1Già il quarto dí volgea che vincitoridiêr la rotta a' Petroni i Gemignani,e per l'ira che ardea ne' fieri corirestavano anco i morti in preda a i cani,quando in Modana entrâr due Ambasciatoricon pacifici aspetti e modi umani;e smontati al Monton col vetturino,chiesero a l'oste s'egli avea buon vino.        2Indi un messo spedîr per impetrareche l'ordine ch'avean fosse ascoltato.Cominciò il campanaccio a dindonaree in un momento s'adunò il Senato.Andâr gli ambasciatori ad onorareAlessandro Fallopia e Gaspar Prato,e li condusser per diritta stradaa la sala ove il Duca or tien la biada.        3Un vecchio ranticoso, affumicato,pallido e vizzo che parea l'inediae per forza tener co' denti il fiato,e potea far da Lazzaro in comedia,poi che due volte intorno ebbe mirato,incominciò cosí da la sua sedia:- Messeri, io son Marcel di Bologninodottor di legge e conte Palatino.        4Il mio collega è conte e cavalieroe Ridolfo Campeggi è nominato;io son uomo di pace, egli è guerriero;io lettor de lo Studio, egli soldato.Or l'uno e l'altro ha qui per messaggieroil nostro Reggimento a voi mandato,per iscusarsi del passato eccessoche 'l popol nostro ha contra voi commesso.        5Il popol nostro è un popol del demonio,che non si può frenar con alcun freno;e s'io non dico il ver, che san Petroniomi faccia oggi venir la vita meno.Sarà il collega mio buon testimonio,che quando l'altra notte ei passò il Reno,fu mera ivenzion d'un seduttore,né il Reggimento n'ebbe alcun sentore.        6Ma non si può disfar quel ch'è già fatto;d'ogni vostro disturbo assai ne spiace;e siam venuti qua per far riscattode' morti nostri, e ad offerirvi pace:ma vogliam quella Secchia ad ogni patto,che ci rubò la vostra gente audace:perché altramente andría ogni cosa in zero,e ci scorrucciaremmo da dovero. -        7Qui chiuse il Bolognino il suo sermone,e rise ognun quanto potea piú forte.Era capo di banca un RaraboneDal Tasso, arridottor cavato a sorte:per sopra nome gli dicean Tassone,perch'era grosso e avea le gambe corte.Questi, poiché 'l Senato in lui s'affisse,compose il volto e si rivolse e disse:        8- Che 'l vostro Reggimento abbia mandatidue personaggi suoi sí principalia scusarsi con noi de' danni datie a condolersi de' passati mali,nostra ventura è certo; e registratine fieno i nomi lor ne' nostri Annali.A noi ancora inver molto dispiacede' vostri morti, che Dio gli abbia in pace:        9e se per sotterrargli or qui venite,la vostra ambascieria fia consolata;ma quella pace che voi ci offeritecol patto della Secchia, è un po' intricata:e conviene aggiustar pria le partitecon cui voi dite che ve l'ha rubata;perché di secchie non abbiam bisogno,e ci crediam che favelliate in sogno. -        10Manfredi, ch'era a quel parlar presente,cavatosi il capuccio e in piè levato,- Figlio è, disse, d'un becco, e se ne mentechi vuol dir ch'io la Secchia abbia rubato.Di mezzo la città nel dí lucenteio la trassi per forza in sella armato:e tornerò, se me ne vien talento,dov'è quel pozzo e cacherovvi drento.        11Siete mal informato, a quel ch'io veggio,messer Marcello mio da un bolognino. -- Cappita! disse il cavalier Campeggio,voi siete bravo come un paladino.Orsú ripigliarem, ch'io me n'aveggio,con le trombe nel sacco oggi il cammino;ma Gemignani miei, io vi protestoche ve ne pentirete assai ben presto. -        12Rispondeva Manfredi; e ne poteaseguir scandalo grave entro 'l Senato,se 'l Potta allor non vi s'interponeacon modo imperioso e volto irato:- Taci, frasca merdosa, egli dicea;ché questo è ius antico inviolatoche possa un messagier dir ciò che vuolesenza render ragion di sue parole. -        13Cosí gli ambasciatori usciron fuoreed a la patria lor feron ritorno:la quale il Baldi principal dottoremandò con nuovi patti il terzo giorno;e la terra offeria di Grevalcorese la Secchia tornava al suo soggiorno.Fu il dottor Baldi molto accarezzatoe a le spese del publico alloggiato.        14Poscia di nuovo s'adunò il Consegliodov'egli fu introdotto il dí seguente.Il Baldi, ch'era astuto come veglioe sapea secondar l'onda corrente,incominciò: - Signori, esempio e spegliod'onor e senno a la futura gente,io rendo grazie a Dio che mi concededi seder oggi in cosí degna sede.        15E vengovi a propor cosa inuditache vi farà inarcar forse le ciglia.Giace una terra antica, e favoritade le grazie del cielo a meraviglia,col territorio vostro appunto unita.e lontana di qua tredici miglia.Già vi fu morto Pansa, e dal dolorenominata da' suoi fu Grevalcore.        16Ancor dopo tant'anni e tanti lustriil suo nome primier conserva e tiene:furon già stagni e valli ime e palustri,or son campagne arate e piagge amene;non han però gli agricoltori industritutte asciugate ancor le natíe vene,ma vi son fondi di perpetui umoriche sogliono abitar pesci canori.        17Le Sirene de' fossi, allettatricidel sonno, di color vari fregiate,e del prato e de l'onda abitatrici,fanvi col canto lor perpetua state;i regni de l'Aurora almi e felicipaiono questi; ove son genti nate,che ne' costumi e ne' sembianti lororappresentano ancor l'età de l'oro.        18Or cosí degna terra e principalevi manda ad offerir la patria miase quella Secchia, che toglieste a un talede' nostri, col malan che Dio gli dia,quando i vostri l'altrier fêr tanto malee sforzaron la porta che s'apría,sarà da voi al pozzo rimandatapublicamente, d'onde fu levata.        19Mentre vi s'offre la fortuna in questo.di cambiare una Secchia in una terra,ricordatevi sol che volge prestoil calvo a chi la chioma non afferra.Se non cogliete il tempo, i' vi protestoch'avrete lunga e faticosa guerra,né potrete durare a la campagnache s'armerà con noi tutta Romagna. -        20Qui tacque il Baldi e nacque un gran bisbiglio,né fu chi rispondesse alcuna cosa:ma si conobbe in un girar di ciglioche la mente d'ognuno era dubbiosa.Alfin per consultare ogni periglioe non urtare in qualche pietra ascosa,fecero al Baldi dir, ch'era presente,ch'avrebbe la risposta il dí seguente.        21Il dí che venne, il cambio fu approvato,e disser che la Secchia eran per darla,sottoscritto il contratto e confirmato,a qualunque venisse a ripigliarla;perch'altramente non volea il Senatocon atto indegno al pozzo ei rimandarla;che in questo il Reggimento era in errorese credea di dar legge al vincitore.        22Il Baldi si scusò che non aveaordine d'alterar la sua proposta,ma che l'istesso giorno egli volearitornare a Bologna per la posta;e se 'l partito a la città piacea,avrebbe rimandato un messo a posta.Cosí conchiuso il Baldi fe' ritorno,né si seppe altro fino al terzo giorno.        23Il terzo dí, ch'ognun stava aspettandoche non avesse piú la pace intoppo,eccoti un messaggier venir trottandosopra d'un vetturin spallato e zoppo,e tratta fuori una protesta o un bando,l'affisse al tronco d'un antico pioppoche dinanzi a la porta di sua manoavea piantato già san Gemignano.        24Dicea la carta: - Il popol bolognesequel di Modana sfida a guerra e mortese non gli torna in termine d'un mesela Secchia che rubò su le sue porte. -Affisso il foglio, subito ripreseil suo cammin colui, spronando fortequel tripode animale; e in un momentoparve che via lo si portasse il vento.        25Qual resta il pescator che ne la tanamette la man per trarne il granchio vivo,e trova serpe o velenosa ranao qual si voglia altro animal nocivotal la gente del Potta altera e vana,trovar credendo un popolo corrivo,quando sentí quella protesta, tuttaraggrinzò le mascelle e si fe' brutta.        26Ma come ambiziosa per natura,dissimulando il naturale affetto,mostrò di non curar quella scritturae le minacce altrui volse in diletto:non ristorò le ruinate mura,non cavò de le fosse il morto letto,né di ceder mostrò sembianza alcunaa la forza nemica o a la fortuna.        27Ma scrisse a Federico in Alemagnaquant'era occorso e di suo aiuto il chiese;la milizia del pian, de la montagnaa preparar segretamente attese:fe' lega per un anno a la campagnacol popol parmigian, col cremonese,scrisse ne la città fanti e cavalli,indi tutta si diede a feste e balli.        28La fama in tanto al ciel battendo l'alicon gli avisi d'Italia arrivò in corte,ed al re Giove fe' sapere i maliche d'una Secchia era per trar la sorte.Giove, che molto amico era a i mortalie d'ogni danno lor si dolea forte,fe' sonar le campane del suo imperoe a consiglio chiamar gli Dei d'Omero.        29Da le stalle del ciel subito fuorii cocchi uscir sovra rotanti stelle,e i muli da lettiga e i corridoricon ricche briglie e ricamate selle:piú di cento livree di servidorisi videro apparir pompose e belle,che con leggiadra mostra e con decoroseguivano i padroni a concistoro.        30Ma innanzi a tutti il Prencipe di Delosopra d'una carrozza da campagnavenía correndo e calpestando il cielocon sei ginetti a scorza di castagna:rosso il manto, e 'l cappel di terziopeloe al collo avea il toson del re di Spagna:e ventiquattro vaghe donzellettecorrendo gli tenean dietro in scarpette.        31Pallade sdegnosetta e fiera in voltovenía su una chinea di Bisignano,succinta a mezza gamba, in un raccoltoabito mezzo greco e mezzo ispano:parte il crine annodato e parte scioltoportava, e ne la treccia a destra manoun mazzo d'aironi a la bizzarra,e legata a l'arcion la scimitarra.        32Con due cocchi venía la Dea d'Amore:nel primo er'ella e le tre Grazie e 'l figlio,tutto porpora ed or dentro e di fuore,e i paggi di color bianco e vermiglio;nel secondo sedean con grand'onorecortigiani da cappa e da consiglio,il braccier de la Dea, l'aio del putto,ed il cuoco maggior mastro Presciutto.        33Saturno, ch'era vecchio e accatarratoe s'avea messo dianzi un serviziale,venía in una lettiga riserratoche sotto la seggetta avea il pitale;Marte sopra un cavallo era montatoche facea salti fuor del naturale;le calze a tagli e 'l corsaletto indosso,e nel cappello avea un pennacchio rosso.