Quid novi?

Rime del Berni 62-65


62Sonetto delle brache"Chi avesse o sapesse chi tenesseun paio di calze di messer Andrea,arcivescovo nostro, ch'egli aveamandate a risprangar, perch'eron fesse,che quando e' s'ebbe Pisa se le messeet ab antico eran una giornea:chi l'avesse trovate non le bea,ch'al sagrestan vorremmo le rendesse,e gli sarà usata discrezione,di quella la qual usa con ogni uomo,perch'egli è liberal gentil signore".Così gridò il predicator del duomo;e 'ntanto il paggio si trova in pregione,c'ha perduto le brache a monsignore.63[ALLA CORTE DEL DUCA A PISA]Non mandate sonetti, ma prugnoli,cacasangue vi venga a tutti quanti;qualche buon pesce per questi dì santie poi capi di latte negli orciuoli.Se non altro, de' talli di vivuolisappiam che siate spasimati amantie per amor vivete in doglia e 'n piantie fate versi come lusignuoli.Ma noi del sospirare e del lamentonon ci pasciam né ne pigliam diletto,però che l'uno è acqua e l'altro è vento.Poi, quando vogliam leggere un sonetto,il Petrarca e 'l Burchiel n'han più di cento,che ragionan d'amore e di dispetto.Concludendo, in effettoche noi farem la vita alla divisa,se noi stiamo a Firenze e voi a Pisa.64SONETTO DELLA CASA DEL BERNIALa casa che Melampo in profeziadisse ad Ificlo già che cascarebbe,onde quei buoi da lui per merito ebbed'essere stato a quattro tarli spia,con questa casa, che non è ancor miané forse anco a mio tempo esser potrebbe,in esser marcia gli occhi perderebbe:messer Bartolomeo, venite via.La prima cosa in capo arete i palchi,non fabricati già da legnaiuoli,ma più presto da sarti o marescalchi;le scale saran peggio ch'a piuoli;non arem troppi stagni o oricalchi,ma quantità di piattelli et orciuoli,con gufi et assiuolidipinti dentro e la Nencia e 'l Vallera;e poi la masserizia del Codera,come dir la stadera,un trespolo scoppiato et un paniere,un arcolaio, un fiasco, un lucerniere.Mi par così vederefarvi, come giungete, un ceffo stranoe darla a dietro come fé Iordano,borbottando pian pianoch'io mi mettessi con voi la giornea,come già fece Evandro con Enea;e trar via l'Odisseae le grece e l'ebraice scritture,considerando queste cose scure.Messer, venite pure:se non si studierà in greco o ebreo,si studierà, vi prometto, in caldeo;et avremo un corteodi mosche intorno e senz'altra campanala notte e 'l dì sonaremo a mattana.Ma sarebbe marchiana,ciò è vo' dir sarebbe forte bello,se conduceste con voi l'Ardinghello.Faremo ad un piattello,voi e mia madre et io, le fante e' fanti;poi staremo in un letto tutti quanti,e levarénci santi,non che pudichi, e non ci sarà furia,sendo tutti ricette da lussuria.65CAPITOLO A FRA BASTIAN DAL PIOMBOPadre, a me più che gli altri reverendoche son reverendissimi chiamati,e la lor reverenzia io non l'intendo;padre, reputazion di quanti fratiha oggi il mondo e quanti n'ebbe mai,fin a que' goffi de gli Inghiesuati;che fate voi da poi che vi lasciaicon quel di chi noi siam tanto divoti,che non è donna e me ne inamorai?Io dico Michel Agnol Buonarroti,che quand'i' 'l veggio mi vien fantasiad'ardergli incenso ed attaccargli voti;e credo che sarebbe opra più piache farsi bigia o bianca una giornea,quand'un guarisse d'una malattia.Costui cred'io che sia la propria ideadella scultura e dell'architettura,come della giustizia mona Astrea,e chi volesse fare una figurache le rapresentasse ambe due bene,credo che faria lui per forza pura.Poi voi sapete quanto egli è da bene,com'ha giudicio, ingegno e discrezione,come conosce il vero, il bello e 'l bene.Ho visto qualche sua composizione:son ignorante, e pur direi d'avéllelette tutte nel mezzo di Platone;sì ch'egli è nuovo Apollo e nuovo Apelle:tacete unquanco, pallide violee liquidi cristalli e fiere snelle:e' dice cose e voi dite parole.Così, moderni voi scarpellatoriet anche antichi, andate tutti al sole;e da voi, padre reverendo, in fuorichiunque vòle il mestier vostro fare,venda più presto alle donne e colori.Voi solo appresso a lui potete stare,e non senza ragion, sì ben v'appaiaamicizia individua e singulare.Bisognerebbe aver quella caldaia,dove il socero suo Medea rifrisseper cavarlo de man della vecchiaia,o fosse viva la donna di Ulisse,per farvi tutti doi ringioveniree viver più che già Titon non visse.Ad ogni modo è disonesto a direche voi, che fate e legni e' sassi viviabbiate poi come asini a morire:basta che vivon le quercie e gli ulivie' corbi e le cornacchie e' cervi e' canie mille animalacci più cattivi.Ma questi son ragionamenti vani,però lasciàngli andar, ché non si dicache noi siam mamalucchi o luterani.Pregovi, padre, non vi sia faticaraccomandarmi a Michel Agnol mioe la memoria sua tenermi amica.Se vi par, anche dite al papa ch'ioson qui e l'amo e osservo e adoro,come padrone e vicario di Dio;et un tratto ch'andiate in concistoro,che vi sian congregati e cardinali,dite "a Dio" da mia parte a tre di loro.Per discrezion voi intenderete quali,non vo' che mi diciate: "Tu mi secchi";poi le son cerimonie generali.Direte a monsignor de' Carnesecchich'io non gli ho invidia de quelle sue scritte,né de color che gli tolgon li orecchi;ho ben martel di quelle zucche fritte,che mangiammo con lui l'anno passato:quelle mi stanno ancor ne gli occhi fitte!Fatemi, padre, ancor raccomandatoal virtuoso Molza gaglioffaccio,che m'ha senza ragion dimenticato;senza lui parmi d'esser senza un braccio:ogni dì qualche lettera gli scrivoe perché l'è plebea da poi la straccio.Del suo signor e mio, ch'io non servivo,or servo e servirò presso e lontano,ditegli che mi tenga in grazia vivo.Voi lavorate poco e state sano:non vi paia ritrar bello ogni faccia;a Dio, caro mio padre fra Bastiano,a rivederci ad Ostia a prima laccia.