Quid novi?

La Secchia Rapita 05-1


La Secchia Rapitadi Alessandro TassoniCANTO QUINTO ARGOMENTOÈ preso Castelfranco: e con auspicipoco fausti a Bologna il Nunzio giunto,de' Bolognesi e de' paesi amicivede marciar l'esercito congiunto,che 'l dí seguente addosso a gl'inimicigiunge improviso e di battaglia in punto.E 'l Potta anch'ei da l'espugnate muratragge e schiera il suo campo a la pianura.        1Già il termine prescritto era passato,né la piazza Nasidio ancor rendea,da contrasegni e lettere avisatoche l'esercito amico uscir dovea.Il Potta, che si vide esser gabbato,ne consultò col Re vendetta rea:e l'alba era ancor dubbia e 'l cielo oscuro,quando assaltò da cento parti il muro.        2Rimasero i Tedeschi e i Cremonesi,che da Bosio Duara eran guidati,e la cavalleria de' Modanesicon loro insegne a la campagna armati.Il Potta avea de' suoi gli animi accesicon premi utili insieme ed onorati;promettendo a colui ch'era di loroprimo a salir, due mila scudi d'oro.        3Mille n'avea al secondo, e cinquecentopromessi al terzo: onde correa a saliree a far di suo valore esperimentostimulando ciascun la forza e l'ire.Ma l'inimico in cosí gran spaventosi difendea con disperato ardire,sicuro omai di non trovar mercededopo l'error de la mancata fede.        4Pioggia cadea da le merlate muradi saette e di pietre aspra e mortale:ma con sembianza intrepida e sicuramovea l'assalitor machine e scale.I mangani al ferir maggior paurafacean da lunge e irreparabil male,ché subito ch'alcun scopriva il busto,mastro Pasquin te l'imbroccava giusto.        5Non credo ch'Archimede a Siracusafacesse di costui prove piú leste.Fra gli altri colpi suoi nota la Musa,ch'un certo Bastian da Sant'Oreste,sbracato, lo schernía sí come s'usa,mostrandogli le parti poco oneste:ed egli tosto gli aggiustò un quadrellonel foro a pel de l'ultimo budello.        6Rinforzossi tre volte il fiero assaltosottentrando a vicenda ordini e schiere;e giú nel fosso e su nel muro ad altomorti infiniti si vedean cadere;quando il fiero Ramberto ergendo in altouna scala, di man trasse a l'alfierel'insegna, e 'n tanto i suoi con le balestredisgombravano i merli e le finestre.        7Sandrin Pedoca e Battistin Panzettae Luca Ponticel gli furo appresso:fu morto il Ponticel d'una saettach'uscí di man di Berlinghier dal Gesso;ma Ramberto salito in su la vettasi trovò incontro il capitano istesso,ch'armato d'una ronca era venutocorrendo in quella parte a dare aiuto.        8Tosto ch'ei può fermar tra' merli il piedepianta l'insegna, e oppone il forte scudoa Nasidio, che l'urta e che lo fiedecon la ronca a due man d'un colpo crudo.L'aspra percossa ogni riparo eccede,l'armi distrugge, e lascia il braccio ignudoe ferito a Ramberto, e 'l cor ripienodi furor e di rabbia e di veleno.        9A Nasidio s'avventa, e con le bracciapria ne la gola, indi ne' fianchi il cigne;Nasidio ratto anch'ei seco s'abbraccia,lascia la ronca, e al paragon si strigne:l'uno di qua, l'altro di là procacciad'atterrare il nemico e lo sospigne:gli avviticchia le gambe e lo raggira,or l'urta a destra, or a sinistra il tira.        10Grida Nasidio che 'l guerrier sia preso,o quivi in braccio a lui di vita casso;egli di rabbia e di furore acceso,l'alza su 'l petto e tira in dietro il passo,e su l'orlo del muro il tien sospeso,indi si lancia a precipizio a basso:Giesú chiama per aria in suo sussidioil discendente del famoso Ovidio.        11Giú ne la fossa in loco assai profondogiaceva a piè de l'assalite murauna gran massa di pantano immondoe di fracido stabbio e di bruttura:quivi caddero entrambo, e andaro al fondo,e d'abito mutati e di figuratornar senz'altro danno a rivederel'almo splendor de le celesti sfere.        12E di nuovo correan per azzuffarsi,come due verri d'ira e d'odio ardenticorron ne la belletta ad affrontarsicon dispettosi grifi e torti denti:ma i soldati potteschi intorno sparsifuron lor sopra a quel fier atto intenti,e da le man del vincitore alterotrasser Nasidio vivo e prigioniero.        13Fu condotto Nasidio innanzi al Potta,che lo fece castrar subitamenteper ricordanza de la fede rottae per esempio a la futura gente;ed a la cima del gran naso a un'ottacon un filo d'acciar fatto roventegli fe' attaccare i testimoni freschide' mal sortiti suoi tiri furbeschi.        14La bandiera fra tanto era spiegatache Ramberto al salir trasse con esso,da Battistino e da Sandrin guardata,e da molti altri che saliro appresso;ma contesa in quel luogo era l'entratada l'inimico stuol sí folto e spesso,che quivi si facea tutta la guerra,né si potea calar giú ne la terra.        15Ed ecco in su la fossa al gran Voluceimprovisa apparir la Dea d'Amorechiusa d'un nembo d'or, cinta di luce,ed infiammargli a la battaglia il core;preso gli mostra il miserabil duce,e l'inimico stuol pien di terroretutto rivolto a la bandiera alzata,e la vicina porta abbandonata.        16Al magnanimo cor basta sol questo,e l'usato valor dentro raccende:volge lo sguardo a' suoi soldati presto,e seco il fior de' piú lodati prende:corre a la porta, e ne' compagni è destoemulo ardor ch'a gli animi s'apprende;onde Folco, Attolino e Bagarottocorrono anch'essi, e fanno a gli altri motto.        17Egli infiammato di feroce sdegnosta su la soglia minacciando morte,e con una bipenne il duro legnopercuote, e risonar fa l'alte porte;mettono gli altri un ariete a segno,e 'l sospingon con impeto sí forte,che già l'imposte e le bandelle sonotutte allentate, e ne rimbomba il suono.        18Quei pochi, ch'ivi in guardia eran fermati,lanciano sassi e mettono puntelli,e di paura afflitti e sconcacativanno mirando a questi buchi e a quelli;ma dal fiero cozzar rotti e spezzatigià cadono le spranghe e i chiavistelli,e Voluce da i gangheri a fracassogetta la porta tutt'a un tempo a basso.        19Come al cader di quella sacra avviene,ch'ad ogni cinque lustri apre il gran Padre,quando la gente di lontan se 'n vienea Roma a riverir l'antica madre;che non giovan le sbarre e le catenea trattener le peregrine squadrech'inondano a diluvio, e chi s'arrestalo soffoga la turba e lo calpesta:        20tale al cader de le nemiche porte,l'impetuosa turba inonda e passa;e di pianto, d'orror, di sangue e morteogni cosa al passar confusa lassa:il feroce e l'imbelle ad una sortecade, ogn'incontro il vincitor fracassa:fugge il vinto e s'appiatta, o l'armi cedee s'inginocchia a domandar mercede:        21ma non trova mercé né cortesia,e in van s'inchina e in van la vita chiede:Il Potta vuol che Castelfranco siaesempio eterno a non mancar di fede.furore ha luogo, ogni pietà s'oblía,veggonsi in ogni parte incendi e prede:e cade in poca cenere un Castello,di cui non era in Lombardia il piú bello.        22E già su le ruine il vincitoredal lungo faticar stanco sedea,quand'ecco di lontan s'udí un romoreche rimbombar d'intorno il pian facea:venía il campo nemico a gran furore,che 'l periglio de' suoi già inteso avea:ed era quel che la foresta e i lidifea risonar di trombe e corni e gridi.        23Musa, tu che cantasti i fatti egregidel re de' topi e de le rane antiche,sí che ne sono ancor fioriti i fregilà per le piagge d'Elicona apriche,tu dimmi i nomi e la possanza e i pregide le superbe nazion nemiche,ch'uniron l'armi a danno ed a ruinade la città de la salciccia fina.        24Poscia che gli apparecchi e la contesadi Bologna la Fama intorno sparse,trasse il desío di cosí degna impresaquattordici città seco ad armarse.Tremò l'Imperio e invigorí la Chiesa,sentí l'Italia in freddo giel cangiarse;e credo che 'l Soldan de' Mammalucchine mandasse ragguaglio al re de' cucchi.        25Il Papa, ch'era padre e protettorede la parte de' Guelfi e de la Chiesa,avendo udito in Francia il gran romoree la cagion di sí crudel contesa,per aggiungere a' suoi fede e valore,spedí subito nunzio a quell'impresada Vienna un suo domestico prelatoche monsignor Querenghi era nomato.        26Questi era in varie lingue uom principalepoeta singular tosco e latino,grand'orator, filosofo morale,e tutto a mente avea sant'Agostino:ma il Papa non lo fece cardinaleché 'n sospetto gli entrò di ghibellinodopo ch'ei ritornò di nunziaturae perdé la fatica e la ventura.        27Nocquegli ancora i' esser padovanosuddito d'Ezzelin, bench'innocente,non volendo il Pontefice romanoaver fede ad alcun di quella gente:ma certo ei fu prelato e cortigiano,fra gli altri in quell'età molto eminente:e da lo sprezzo d'uom sí saggio e prodeil Papa non ritrasse alcuna lode.        28Egli partí da Vienna in su le poste,e nel passar de l'Alpi a un ponte rotto,il perfido caval per certe costelasciò cadersi, e non gli fece motto:anzi da discortese e bestia d'oste,stava di sopra e monsignor di sotto,onde la nunziatura indi levatacon mal augurio fu mezzo spallata.        29Quivi ei montò in lettiga, e seguitandocon una spalla fuor d'architettura,giunse a punto a Bologna il giorno quandol'esercito uscía fuora a la ventura:si fe' porre il rocchetto, in arrivando,da don Santi, e salí sopra le mura;dove a l'uscir de la città le schierechinavano a' suoi piè lance e bandiere.        30Et egli con la man sovra i campionide l'amica assemblea, tutto cortesetrinciava certe benedizioni,che pigliavano un miglio di paese.Quando la gente vide quei crocioni,subito le ginocchia in terra stese,gridando: - Viva il Papa e Bonsignore,e muora Federico Imperadore. -        31Ma perché la man destra avea fasciatae gli benedicea con la mancina,fu scritto al Papa ch'egli avea mandatauna persona marcia ghibellina.Or basta, in ordinanza usciva armatala gente; e prima fu la perugina,tre mila, che mandati avea la Chiesacol capitan Paulucci a quell'impresa.        32Questi di cortegian fatto soldatodisertò gli Ugonotti e i Calvinisti,fe' vermiglia la Schelda, indi passatoin Francia guerreggiò co' Navarristi;navigò nel Danubio; e al fin voltatoin occidente a piú sublimi acquisti,fra i monti Pirenei passò in Ispagna,e riportò per mar guanti d'Ocagna.        33L'armatura dorata e rilucentecon sopraveste avea cangiante e varia,e camminava sí leggiadramente,che parea ch'ei ballasse una canaria:disperata guidava e altera gente,che la fortuna amica e la contrariaegualmente disprezza, e si dilettasol di sangue, di morte e di vendetta.