Quid novi?

La Secchia Rapita 11-2


La Secchia Rapitadi Alessandro Tassoni        32Ed ecco, da cinquanta accompagnatode' primi de l'esercito possente,il conte comparir ne lo steccatocon sopravesta bianca e rilucente,sopra un caval pomposamente armatoche generato par di foco ardente:sbuffa, anitrisce, il fren morde, e la terrazappa col piede e fa col vento guerra.        33Disarmata ha la fronte, armato il petto,nude le mani, e sopra un bianco ubinogli va innanzi Renoppia, e 'l ricco elmettogli porta; e 'l buon Gherardo il brando fino,il brando famosissimo e perfettodi Don Chisotto; e 'l fodro ha il suo padrino.Ha Voluce lo scudo, e seco a cantoRoldan la lancia, e Giacopino un guanto;        34l'altro ha Bertoldo, e l'uno e l'altro spronegli portano Lanfranco e Galeotto,e 'l conte Alberto in cima d'un bastonela cuffia da infodrar l'elmo di sotto:ma dietro a tutti fuor del padiglionel'interprete Zannin venía di trottosopra d'un asinel, portando in frettal'orinale, una ombrella e una scopetta.        35Armato il cavalier di tutto puntoe compartito il sole a i combattenti,diede il segno la tromba, e tutto a un puntosi mossero i destrier come due venti.Fu il cavalier roman nel petto giunto,ma l'armi sue temprate e rilucentiressero, e 'l conte a quell'incontro stranola lancia si lasciò correr per mano.        36Ei fu colto da Titta a la gorgieratra il confin de lo scudo e de l'elmettod'una percossa sí possente e fierache gli fece inarcar la fronte e 'l petto.Si schiodò la goletta, e la visieras'aperse, e diede lampi il corsaletto;volaro i tronchi al ciel de l'asta rotta,e perdé staffe e briglia il conte allotta.        37Caduta la visiera il conte mira,e vede rosseggiar la sopravesta:e - Oimé son morto, - e' grida; e 'l guardo giraa gli scudieri suoi con faccia mesta;- Aita, che già 'l cor l'anima spira,replica in voce fioca, aita presta. -Accorrono a quel suon cento persone,e mezzo morto il cavano d'arcione.        38Il portano a la tenda, e sopra un lettogli cominciano l'armi e i panni a sciorre,il chirurgo cavar gli fa l'elmetto,e 'l prete a confessarlo in fretta corre.Tutti gli amici suoi morto in effettoil tengono: e ciascun parla e discorreche non era da porre a tal cimentoun uom privo di forza e d'ardimento.        39Ma Titta poi che l'avversario vedeper morto riportar ne le sue tende,passeggia il campo a suon di trombe, e riededove la parte sua lieta l'attende;fastoso è sí che di valor non cedea Marte stesso; e de l'arcion discende,e scrive pria che disarmar la chioma,e spedisce un corriero in fretta a Roma.        40Scrive ch'un cavalier d'alto valoredi quelle parti, uom tanto principaleche forse non ve n'era altro maggiorené ch'a lui fosse di possanza eguale,avuto avea di provocarlo core,e di prender con lui pugna mortale;e ch'esso de gli eserciti in cospettogli avea passato al primo incontro il petto.        41Spedí il corriero a Gaspar Salvianidecan de l'Accademia de' Mancini,che ne desse l'aviso a i Frangipanisignor di Nemi e a i loro amici Ursini,e al Cavalier del Pozzo e a i due romanifamosi ingegni, il Cesi e 'l Cesarini,et al non men di lor dotto e corteseSforza gentil Pallavicin Marchese;        42che tutti disser poi ch'egli era matto,quando s'intese ciò ch'era seguito.Intanto avean spogliato il conte, a fattodal terror de la morte instupidito;e gían cercando due chirurghi a un trattoil colpo onde dicea d'esser ferito:né ritrovando mai rotta la pellericominciâr le risa e le novelle.        43Il conte dicea lor: - Mirate bene,perché la sopravesta è insanguinata;e non dite cosí per darmi spene,ché già l'anima mia sta preparata:venga la sopravesta. - E quella viene,né san cosa trovar di che segnatasia, né ch'a sangue assomigliar si possa,eccetto un nastro o una fetuccia rossa        44ch'allacciava da collo, e sciolta s'erae pendea giú per fino a la cintura.Conobber tutti allor distinta e verala ferita del conte e la paura.Egli accortosi al fin di che manieras'era abbagliato, l'ha per sua ventura,e ne ringrazia Dio levando al cieloambe le mani e 'l cor con puro zelo.        45E a Titta e a la moglier sua perdonandosi scorda i falli lor sí gravi e tanti,e fa voto d'andar pellegrinandoa Roma a visitar que' luoghi santi,e dare in tanto a la milizia bandoper meglio prepararsi a nuovi vanti.Cosí il monton che cozza, si ritirae torna poi con maggior colpo ed ira.        46Ma come a Roma poi gisse e trattassein camera col Papa a grand'onore,e l'alloggio per forza ivi occupassene l'albergo real d'un mio signore,e quindi poscia in Bulgaria levasseco la possanza sua, col suo valorea quel becco del Turco un nuovo stato,fia da piú degno stil forse cantato:        47ché versi non ho io tanto sonoriche bastino a cantar sí belle cose.E torno a Titta, che già uscendo fuori,poi che a la tenda sua l'armi depose,pel campo se ne gía sbuffando orroricon sembianze superbe e dispettose;quando accertato fu che la feritadel conte nel cercar s'era smarrita.        48Qual leggiero pallon di vento pregnoper le strade del ciel sublime alzato,s'incontra ferro acuto o acuto legno,si vede ricader vizzo e sfiatato;tale il Romano altier, che fea disegnod'essersi con quel colpo immortalato,sgonfiossi a quell'aviso, e di cordoglioparve un topo caduto in mezzo a l'oglio.        49Ma il padrin ch'era accorto, il confortavae dicea: - Titta mio, non dubitare:non è bravo oggidí se non chi brava,e, come diciam noi, chi sa sfiondare.Se per vinto e per morto or or si davail conte e al padiglion si fea portare:perché non possiam noi per tale ancoranominarlo a le genti in campo e fuora?        50A te deve bastar ch'egli sia vintoal primo colpo tuo; ché s'ei non muore,non fu il tuo fin ch'ei rimanesse estinto,ma sol di rimaner tu vincitore.Lascia correr la fama, o vero o fintoche sia questo successo, egli è a tuo onore;ed io farò che immortalato restida la musa gentil di Fulvio Testi.        51Fulvio col conte ha non vulgari sdegni,e canterà di te l'armi e gli amori;dirà l'alte bellezze e i fregi degnich'ornan colei ch'idolatrando adori;le compagnie d'ufficio, i censi e i pegniche per lei festi già su i primi fiori;e i casali e le vigne e gli altri benic'hai spesi in vagheggiar gli occhi sereni.        52Gran contento a gli amanti e gran dilettoche possano veder le luci amate,che portano squarciati i panni al pettoper godere il tesor di lor beltate!Povero e ignudo Amor senza farsettodipinse con ragion l'antica etate,ché spoglia chi per lui s'affligge e suda,e lo fa vago sol di carne ignuda.        53Fra i successi d'amor canterà l'armie l'imprese ch'hai fatte in questa guerra;e con sonori e bellicosi carmieternerà la tua memoria in terra.E già di rimirar la Fama parmitrombeggiando volar di terra in terra,e contra 'l papa di tua mano a i ventila bandiera spiegar de' malcontenti. -        54Cosí ragiona il Toscanella e ride,e Titta ride anch'ei per compagnia;ma l'amaro dal cor non si divide,ché non sa ricoprir sí gran bugia.Stette pensando un pezzo, e poi che videdi non poter scusar la sua follia,di far morire il conte entrò in pensieroper sostener ch'egli avea scritto il vero.        55S'armò d'un giacco e con la spada a latol'andò subitamente a ritrovare.Il conte a Sant'Ambrogio era passatoe stava con que' preti a ragionare;Titta gli fece dir per un soldatoch'uscisse fuor, che gli volea parlare;il conte caricò la sua balestra,e s'affacciò di sopra a una finestra.        56E a Titta domandò quel che chiedea,ed ei rispose che venisse giuso;il conte si scusò che non potea;e vedendo che l'uscio era ben chiuso,disse che se trattar seco volea,trattasse quivi, o ch'egli andasse suso.Titta allor furiando si scoperse,e l'oltraggiò con villanie diverse.        57Ma il conte rispondea con lieta ciera:- Voi siete un uom di pessima natura,a tener l'ira una giornata intiera;io deposi la mia con l'armatura.Non occorre a far qui l'anima fieracon spampanate per mostrar bravura;io v'ho reso buon conto in campo armatoe son stato con voi ne lo steccato.        58Quand'anch'io irato fui con l'armi in mano,voi dovevate allor sfogarvi a fatto.Or, Titta mio, voi v'affannate in vano,ch'io non ho tolto a sbizzarrire un matto.Andate, e come avrete il cervel sanotornate, e so che mi farete patto.Io non ho da partir nulla con voi,però dormite e riparlianci poi. -        59Titta ricominciò: - Becco e poltrone,t'insegnerò ben io,;vien fora, vieni. -Piú non rispose il conte a quel sermone,ma destò anch'egli al fine i suoi veleni;e scoccò la balestra, e d'un bolzoneil colse a punto al sommo de le renisí fieramente che lo stese in terra,e saltò fuori a discoperta guerra,        60gridando: - Per la gola te ne menti,romaneschetto, furbacciotto, spia. -Titta aveva offuscati i sentimenti,e a gran fatica il suo parlar sentía.Ma saltaron color ch'eran presentisubito in mezzo, e ognun gli dipartía:e condussero Titta al padiglionedilombato e che gía quasi carpone.        61Quivi dal Toscanella ei fu burlatoche dovendo levare al ciel le manid'aver l'emulo suo vituperato,fosse entrato in umor bizzarri e stranidi volerlo ancor morto; e stuzzicatosí l'avesse con atti e detti insani,che d'una rana imbelle e senza morsol'avesse al fin mutato in tigre, in orso.        62- Se tu disprezzi la vittoria, disse,che puoi tu dir s'ella da te s'invola?Chi va cercando e suscitando risse,non sa che la fortuna è donna e vola. -Tenea Titta le luci in terra fissemesto ed immoto, e non facea parola.Ma tempo è omai di richiamar gli accentia i fatti de gli eserciti possenti.Fine del canto undecimo