Quid novi?

La Secchia Rapita 12-2


La Secchia Rapitadi Alessandro Tassoni        40Il dí che venne, per trattenimentole spoglie gli mostrâr del campo rotto,prigioni, armi, bandiere e ogni stormento,e fu in trionfo anch'egli il Re condotto.Indi per allegrezza il Reggimentogittò dalle finestre un porco cotto,ordinando che 'l dí de la vittoriacosí si fesse ogn'anno in sua memoria.        41Fece il Legato poi la sua ambasciatanel publico Consiglio, e non fu intesacon quella attenzion ch'imaginatas'era nel cominciar di quella impresa.Parea strano a ciascun che terminatafosse con pari onor quella contesa,e rivolean la Secchia ad ogni patto,e non volean che 'l Re fésse riscatto.        42Proponeva il Legato un mezzo onesto,che ritenendo il Re ch'avean prigione,rimettessero poscia in quanto al restone l'arbitrio del Papa ogni ragione.E quando ancor gli trovò sordi in questo,né gli poté mutar d'opinione:- Dunque, disse sdegnato, i nostri amicihan minor fede in noi che gli nemici?        43Or vi farò veder quello ch'importeil disprezzar l'autorità papale. -Cosí disse, e non pur fuor de le porteche chiudean le superbe e ricche sale,ma di Bologna uscí con la sua corte;e volgendo il cammin verso il Finale,il Paulucci avisò ch'immantenenteil seguisse al Bonden con la sua gente;        44dove dovea trovarsi il giorno appressoAzio d'Este figliol d'Aldobrandino,e quivi esser da lui poscia rimessonel ferrarese antico suo domino;come gli avea ordinato il Papa stessocon un breve, da poi ch'ei fu in cammino:e a un tempo fur da lui tutti chiamatii cavalli ch'adietro avea lasciati.        45Salinguerra, ch'intese il suo periglio,tosto del ponte abbandonò l'impresa,e tornando a Ferrara, in iscompiglioritrovò la città già mezza presa.Ma risoluti a non mutar consiglios'ostinaron via piú ne la contesai Petroni, e stimâr cosa leggieral'aver perduta e l'una e l'altra schiera.        46Da l'altra parte i Gemignani voltial lor vantaggio, avean con segretezzadanari a cambio da i Lucchesi toltie assoldata milizia a l'armi avezza;e avendo i Padovani in campo accoltisenza segno di tromba e d'allegrezza,si mostravan d'ardir, di forze impariper crescer confidenza a i temerari.        47E 'n tanto preparar feano in disparteordigni da trattar notturno assalto,ponti da tragittar da l'altra parte,saette ardenti da lanciar in alto,fuochi composti in varie guise ad artech'ardean ne l'acqua e su 'l terreno smalto,falci dentate e machine diabolicheche non trovaron mai le genti argoliche.        48Tre giorni senza uscir de la trincierastettero i Padovani e i Modanesi:ed ecco il quarto con sembianza altierafuor de' ripari uscir de' Bolognesi,e su 'l ponte calar da la riviera,tutto coperto di ferrati arnesi,un fanton di statura esterminatanominato Sprangon da la Palata.        49Un celaton di legno in testa aveagraticciato di ferro, e al fianco appesauna spada tedesca, e in man teneaimbrandita una ronca bolognesa.Quindi volto a i nemici egli dicea:- O Pavanazzi da la panza tesa,quando volidi uscir di quelle tanevalisoni da trippe trevisane?        50Fra tanti poltronzon j n'è negunoch'apa ardimento de vegnir qua foraa far custion con mi, fina che l'unosipa vittorios e l'altro mora? -Cosí dicea, né rispondeva alcunoa la superba sua disfida allora:ma non tardò ch'a rintuzzar quel fieroda l'antenoree tende uscí un guerriero.        51Lemizio fu nomato o Lemizzone,piccolo e grosso e di costumi antico,avea ne la man destra un rampicone,e sopra la celata un pappafico;ne la manca una targa di cartonefoderata di scotole di fico:del resto in giubberel con le gambiereparea un saltamartin proprio a vedere.        52Rise Sprangon vedendolo su 'l ponte,e motteggiollo e dileggiollo assai,chiamandolo aguzzin di Rodomonte,stronzo d'Orlando, ambasciator de' guai.Volgendo Lemizzon l'ardita fronterispose: - Al cospettazzo, e che diraiburto porco arlevò col pan de sorgo,se te fazzo sbalzar zoso in quel gorgo? -        53Alza la ronca a quel parlar Sprangone,e mena per dividergli le ciglia;Lemizzone la targa al colpo oppone,v'entra un palmo la punta e vi s'impiglia:ei la targa abbandona, e 'l rampiconegli avventa a l'elmo, e ne' graticci il piglia;e tira con tant'impeto a traverso,che 'n riva al ponte il fa cader riverso.        54Sprangon tocca del cul su 'l ponte a pena,che balza in piedi, e la sua ronca giracon quella targa infitta, e su la schienaferisce Lemizzon che si ritira.Lemizzon de l'uncino a un tempo mena,ma non va il colpo ove drizzò la mira;segnava a la visiera, e giú discese,e ne la stringa de' calzoni il prese.        55Con le ginocchia e con le mani in terraLemizzon cade, e fa cader con essole brache di Sprangon, ch'a sorte afferracol raffio ch'abbassò nel tempo stesso:ma da la ronca a quel colpir si sferralo scudo del carton spezzato e fesso:onde l'ardito Lemizzon che vedeil rischio, salta in un momento in piede;        56e Sprangon, ch'a sbrigar le gambe attende,urta per fianco e giú da l'orlo il getta.Sprangon cadendo in una mano il prende,e 'l rapisce con lui per sua vendetta.ravviluppato l'un con l'altro scende;ma nel cader si distaccaro in fretta:batton su l'onda e vanno al fondo insieme;l'acqua rimbalza e 'l lido intorno freme.        57Lemizzon, ch'è piú sciolto e piú spedito,soffia le spume e 'l volto alza da l'onda,e poi ch'ha scorto ov'è sicuro il lito,passa notando in su l'amica sponda:ma da le brache sue l'altro impeditoe da l'armi, restò ne la profondavoragine affogato e quivi giacque,cibo de' pesci e impedimento a l'acque.        58Ramiro Zabarella, un cavalieroil piú gentil che fosse a' giorni suima disdegnoso e furibondo e fierocon chi volea pigliar gara con lui,comparve armato sopra un gran destriero,dopo che Lemizzon chiarí colui;e disse: - O Bolognesi, oggi la vostradisfida féste, e noi farem la nostra.        59Però doman su questo ponte stessotutti vi sfido a singolar battagliacon lancia e spada, acciò che meglio espressosi vegga chi di noi piú in armi vaglia. -Qui tacque il Zabarella, e seguí appressoil grido universal de la canaglia:e fu accettata la disfida altierada i cavalier de la contraria schiera.        60Era ne la stagion ch'i sensi invitaa ristorarsi omai la notte bruna,e con luce scemata e scoloritas'era congiunta al sol l'umida luna:la gente di Bologna, insuperbitadal passato favor de la fortuna,dormía secura in aspettando l'orach'esca Ramiro a la battaglia fuora.        61Quand'ecco a l'arma a l'arma, e d'orientevolando il grido a mezzogiorno arriva,a l'arma a l'arma s'ode a l'occidente,rimbomba l'aria e fa tremar la riva.La sonnacchiosa e spaventata gentesorgea confusa; e quinci e quindi giva,ravvolgendo e intricando ordini e schiere,e cercando a lo scuro armi e bandiere.        62Avean taciuto i Modanesi un pezzoper cogliere il nemico a l'improviso,e da piú parti riserrarlo in mezzoper farlo rimaner vie piú conquiso,parendo lor che la vittoria avezzol'avesse a trascurar quasi ogn'aviso.Presero il tempo e 'l ritrovâr distrattoe da simil pensier lontano affatto.        63Correano a gara i capitani al ponte,dove maggior periglio esser parea:e quivi il furibondo Eurimedontecol destriero ingombrato il varco avea;e in minacciosa e formidabil fronte,con la spada a due man ferendo, feasmembrati e morti giú da l'alta spondacavalli e cavalier cader ne l'onda.        64A Petronio Casal divise il voltofra l'uno e l'altro ciglio in fino al petto;a Gian Pietro Magnan, ch'a lui rivoltogià tenea per ferirlo il brando eretto,troncò la mano e aperse il fianco, e scioltotrasse lo spirto fuor del suo ricetto;e partito dal collo a una mammellaRidolfo Paleotti uscí di sella.        65Ma di gente plebea n'uccide un monteche s'erge sovra l'onda e innanzi passa;seguono i Padovani; e già del pontele steccate e le sbarre addietro lassa.Quindi ne le trinciere urta per frontee le rompe, le sparge e le fracassa;si rinforza il nemico, e fa ogni provacontra tanto furor, ma nulla giova;        66ché da levante vien per fianco il forteGherardo a un tempo, e da ponente vieneManfredi, e l'uno e l'altro ha in man la morte,e fa di sangue rosseggiar l'arene.trasser le genti lor con pari sortedi là da l'onda, e per le rive amenetaciti costeggiando a un punto furosopra i nemici incauti al ciel oscuro.        67A prima giunta in cento parti e centoacceso fu ne' palancati il foco:crebbe la fiamma e la diffuse il vento,e l'inimico a quel terror diè loco.Urtando i Gemignani, e al violentoimpeto loro ogni riparo è poco.Da l'altra parte i Padovani anch'essihanno già i primi in su l'entrata oppressi.        68Varisone, fratel di Nantichiero,che Barisone ancor fu nominato,uccise Urban Guidotti e Berlinghierodal Gesso, e 'l Manganon da Galerato.Seco avea Franco e 'l valoroso Alvieroe don Stefano Rossi, a cui fu datoil cognome a l'uscir di quel periglio,perché tutto di sangue era vermiglio.        69Al pretor di Bologna intorno stannotutti i primi guerrier del campo armati:egli che vede la ruina e 'l dannoe non può riparar da tanti latiesce da tramontana; e se ne vannodi Castelfranco a i muri abbandonati:e si riparan quivi, e quivi accoltesono le genti rotte in fuga volte.        70Il popolo di Fano e di Cesenarestò col fior de' Milanesi estinto;de' Ravennati e Forlivesi a penafu ricondotto a Castelfranco il quinto;preso il carroccio, ogni campagna pienadi morti, ogni sentier di sangue tinto;gli alloggiamenti e la nemica predarestaro al foco e a le rapine in preda.        71Piú non tornaro al ponte i Modanesi,ma a Castelfranco fêr passar la gente:e quivi furo i padiglioni tesipoco distanti al lato di ponente,dove ancor sono i margini difesida una trinciera quadra ed eminente,che può veder passando in su la stradaqualunque dal castello al fiume vada.        72Tiraro il dí seguente una trincierai Bolognesi fuor de la muraglia,e quivi usciro armati a la frontieracontra i nemici in atto di battaglia:ma stetter poi cosí fino a la sera,per mostrar di non ceder la puntaglia.E in tanto il Reggimento avea mandatoun messo in fretta al Cardinal Legato;        73cui chiedendo perdon del folle eccesso,d'aiuto il supplicava e di consigliocon libero e assoluto compromesso,pur che levasse i suoi fuor di periglio.Egli, dissimulando il gusto espressodi vedergli abbassato il superciglio,mostrò dolersi de l'avuta rotta;e fe' ritorno a la città del Potta.        74Quivi accolto in Senato ei disse: - Amici,io torno a voi con quell'istessa fedech'io ritrassi l'altrier, che i beneficinon mi faceano ancor sperar mercede.Voi, ch'io credea di ritrovar nemici,féste donna di voi la Santa Sede;e i nostri amici vecchi insuperbitimutaron fede e ne lasciar scherniti.        75Or ha l'orgoglio lor Dio rintuzzato:io che 'l sentiero a la vittoria ho fatto,che 'l terzo di Perugia ho lor levato,che Salinguerra fuor del campo ho tratto,l'arbitrio che da voi pria mi fu datovi ridomando, ma però con pattoche debba l'onor vostro esser securo;e cosí vi prometto e cosí giuro. -        76Il Mirandola allora alzato in piedegli rispose: - Signor, la patria miané per incontro a la fortuna cede,né per felicità sé stessa oblía.L'arbitrio che da prima ella vi diede,l'istesso or vi conferma, e sol desíache siate voi magnanimo in usarlo,com'ella è pronta e generosa in darlo. -        77Ringraziò que' signori, e fe' partitada Modana il Legato il giorno stesso:e conchiusa la pace e stabilitafra le parti in virtú del compromesso,con gaudio universal, con infinitasua lode publicolla il giorno appresso;riserbando ne' patti a i Modanesila Secchia e 'l Re de' Sardi a i Bolognesi.        78Nel resto si dovean tutti i prigioniquinci e quindi lasciar liberamente,e le terre e i confini e lor regioniritornar come fur primieramente.Cosí finîr le guerre e le tenzoni,e 'l giorno d'Ogni Santi al dí nascenteognun partí da la campagna rasa,e tornò lieto a mangiar l'oca a casa.        79Voi buona gente che con lieta cierami siete stati intenti ad ascoltare,crediate che l'istoria è bella e vera;ma io non l'ho saputa raccontare.Paruta vi sar?ia d'altra manieravaga e leggiadra, s'io sapea cantare;ma vaglia il buon voler, s'altro non lice,e chi la leggerà viva felice.FINE