Quid novi?

Tabarrino


Lo spirito delle maschere (storia e aneddoti), di Giuseppe Petrai, 1901, Roux e Viarengo, Torino"La maschera del Tabarrino data dal 1570, ma fino al 1618 non ha importanza. Gliela dette in seguito un milanese, il cui vero nome rimase sempre un mistero, e che si faceva chiamare e si sottoscriveva: Tabarrino di Valburlesca". A conclusione della descrizione della maschera, l'autore del volumetto scrive:"Tabarrino era religiosissimo. A modo suo, però. Faceva abitualmente tre pranzi al giorno nelle varie famiglie ove il suo parassitismo si era abbarbicato, e a tale scopo teneva in apposito taccuino diligente nota de' suoi anfitrioni. Era un simpatico chiacchierone, e si tratteneva volentieri a fare quattro ciarle allorché lo si incontrava per via; ma nel tempo di quaresima avveniva un fenomeno singolare. Se in quel periodo dell'anno incontrava per strada qualche conoscente, non si tratteneva, come era solito, a chiacchierare, ma salutava con un inchino o con un cenno affettuoso della mano, secondo le circostanze, e tirava via. Il perché di questo suo contegno quaresimale era noto a tutti. Egli conciliava il precetto ecclesiastico del digiuno e il non mancare ai suoi tre giornalieri inviti a pranzo ad ore diverse, con un suo metodo ingegnoso, che però lo costringeva necessariamente al silenzio per la via. Nei tempi di digiuno la Chiesa permette di mangiare quanto si vuole, purché si faccia in una sola commixtio oris, vale a dire non permette che un solo pasto ogni ventiquattro ore. Tabarrino, per non trasgredire questo precetto, quando si levava dal suo primo pranzo, aveva l'avvertenza di portare seco qualche boccone, che strada facendo continuava a masticare adagio adagio fino a che fosse giunta l'ora del secondo pranzo, ed altrettanto faceva nell'intervallo tra il secondo pranzo e il terzo. Quando poi, nei giorni che egli chiamava meno disgraziati, gli capitava un quarto invito straordinario, continuava collo stesso metodo, facendo sempre, in omaggio alle sacre leggi, un solo pasto al giorno".