Quid novi?

Rime d'amore 02


Rime d'amore di Gaspara StampaVIo assimiglio il mio signor al cielomeco sovente. Il suo bel viso è 'l sole;gli occhi, le stelle; e 'l suon de le paroleè l'armonia, che fa 'l signor di Delo.Le tempeste, le piogge, i tuoni e 'l geloson i suoi sdegni, quando irar si suole;le bonacce e 'l sereno è quando vuolesquarciar de l'ire sue benigno il velo.La primavera e 'l germogliar de' fioriè quando ei fa fiorir la mia speranza,promettendo tenermi in questo stato.L'orrido verno è poi, quando cangiatominaccia di mutar pensieri e stanza,spogliata me de' miei più ricchi onori.VIUn intelletto angelico e divino,una real natura ed un valore,un disio vago di fama e d'onore,un parlar saggio, grave e pellegrino,un sangue illustre, agli alti re vicino,una fortuna a poche altre minore,un'età nel suo proprio e vero fiore,un atto onesto, mansueto e chino,un viso più che 'l sol lucente e chiaroove bellezza e grazia Amor riserrain non mai più vedute o udite tempre,fûr le catene, che già mi legâro,e mi fan dolce ed onorata guerra.O pur piaccia ad Amor che stringan sempre!VIIChi vuol conoscer, donne, il mio signore,miri un signor di vago e dolce aspetto,giovane d'anni e vecchio d'intelletto,imagin de la gloria e del valore:di pelo biondo, e di vivo colore,di persona alta e spazioso petto,e finalmente in ogni opra perfetto,fuor ch'un poco (oimè lassa!) empio in amore.E chi vuol poi conoscer me, rimiriuna donna in effetti ed in sembianteimagin de la morte e de' martìri,un albergo di fé salda e costante,una, che, perché pianga, arda e sospiri,non fa pietoso il suo crudel amante.VIIISe, così come sono abietta e viledonna, posso portar sì alto foco,perché non debbo aver almeno un pocodi ritraggerlo al mondo e vena e stile?S'Amor con novo, insolito focile,ov'io non potea gir, m'alzò a tal loco,perché non può non con usato giocofar la pena e la penna in me simìle?E, se non può per forza di natura,puollo almen per miracolo, che spessovince, trapassa e rompe ogni misura.Come ciò sia non posso dir espresso;io provo ben che per mia gran venturami sento il cor di novo stile impresso.IXS'avien ch'un giorno Amor a me mi renda,e mi ritolga a questo empio signore;di che paventa, e non vorrebbe, il core,tal gioia del penar suo par che prenda;voi chiamerete invan la mia stupendafede, e l'immenso e smisurato amore,di vostra crudeltà, di vostro erroretardi pentito, ove non è chi intenda.Ed io, cantando la mia libertade,da così duri lacci e crudi sciolta,passerò lieta a la futura etade.E, se giusto pregar in ciel s'ascolta,vedrò forse anco in man di crudeltadela vita vostra a mia vendetta involta.XAlto colle, gradito e grazioso,novo Parnaso mio, novo Elicona,ove poggiando attendo la corona,de le fatiche mie dolce riposo;quanto sei qui tra noi chiaro e famoso,e quanto sei a Rodano e a Garona,a dir in rime alto disio mi sprona,ma l'opra è tal, che cominciar non oso.Anzi quanto averrà che mai ne canti,fia pura ombra del ver, perciò che 'l verova di lungo il mio stil e l'altrui innanti.Le tue frondi e 'l tuo giogo verdi e 'nteroconservi 'l cielo, albergo degli amanti,colle gentil, dignissimo d'impero.Gaspara Stampa