Quid novi?

Rime d'amore 03


Rime d'amore di Gaspara StampaXIArbor felice, aventuroso e chiaro,onde i duo rami sono al mondo nati,che vanno in alto, e son già tanto alzati,quanto raro altri rami unqua s'alzâro;rami che vanno ai grandi Scipi a paro,o s'altri fûr di lor mai più lodati(ben lo sanno i miei occhi fortunati,che per bearsi in un d'essi mirâro),a te, tronco, a voi, rami, sempre il cielopiova rugiada, sì che non v'offendaper avversa stagion caldo, né gelo.La chioma vostra e l'ombra s'apra e stendaverde per tutto; e d'onorato zeloodor, fior, frutti a tutt'Italia renda.XIIDeh, perché così tardo gli occhi apersinel divin, non umano amato volto,ond'io scorgo, mirando, impresso e scoltoun mar d'alti miracoli e diversi?Non avrei, lassa, gli occhi indarno aspersid'inutil pianto in questo viver stolto,né l'alma avria, com'ha, poco né moltodi Fortuna o d'Amore onde dolersi.E sarei forse di sì chiaro grido,che, mercé de lo stil, ch'indi m'è dato,risoneria fors'Adria oggi, e 'l suo lido.Ond'io sol piango il mio tempo passato,mirando altrove; e forse anche mi fidodi far in parte il foco mio lodato.XIIIChi darà penne d'aquila o colombaal mio stil basso, sì ch'ei prenda il voloda l'Indo al Mauro e d'uno in altro polo,ove arrivar non può saetta o fromba?e, quasi chiara e risonante tromba,la bellezza, il valor, al mondo solo,di quel bel viso, ch'io sospiro e còlo,descriva sì, che l'opra non soccomba?Ma, poi che ciò m'è tolto, ed io poggiareper me stessa non posso ove conviene,sì che l'opra e lo stil vadan di pare,l'udranno sol queste felici arene,questo d'Adria beato e chiaro mare,porto de' miei diletti e di mie pene.XIVChe meraviglia fu, s'al primo assalto,giovane e sola, io restai presa al varco,stando Amor quindi con gli strali e l'arco,e ferendo per mezzo, or basso or alto,indi 'l signor, che 'n rime orno ed essaltoquanto più posso, e 'l mio dir resta parco,con due occhi, anzi strai, che spesso incarcohan fatto al sole, e con un cor di smalto?ed essendo da lato anche imboscate,sì ch'a modo nessun fess'io difesa,alla virtute e chiara nobiltate?Da tanti e ta' nemici restai presa;né mi duol, pur che l'alma mia beltate,or che m'ha vinta, non faccia altra impresa.XVVoi, che cercando ornar d'alloro il crineper via di stile, al bel monte poggiatecon quante si fe' mai salde pedate,anime sagge, dotte e pellegrine,in questo mar, che non ha fondo o fine,le larghe vele innanzi a me spiegate,e gli onori e le grazie ad un cantatedel mio signor sì rare e sì divine:perché soggetto sì sublime e solo,senz'altra aita di felice ingegno,può per se stesso al cielo alzarci a volo.Io per me sola a dimostrar ne vegnoquanto l'amo ad ognun, quanto lo còlo;ma de le lode sue non giungo al segno.Gaspara Stampa