Quid novi?

Buonaccorso da Montemagno


Buonaccorso da Montemagno il Vecchio1Amor con le sue man compuose te,che di sua gentilezza ornata t'ha,con altera bellezza, che ti dàd'amoroso piacere e di merzé,mostrando in te quanto valore ha in sé,perché ne' tuo begli occhi sempre sta:el qual di gran dolcezza prender fachi mira quella luce dov'ell' è.In bella giovinezza porti tuadorna leggiadria come appar qui,poi che tu se' ornata da lui sìet hai perfettamente ogni virtù.Così in sulla cima d'amor vo,po' che del tuo amor fasciato so'.2Dappoi ch'i' persi i fiori e le vïolee 'l bel paese e le vezzose piumee 'l viso adorno pien d'ogni costume,in pianto sto come fortuna vuole,se già non cangia stil, com'ella suole,per consolar il cor, che si consumein urla, stride et in rabbiose schiume:ché così fa Amor, chi ben lo cole.Ma priego il cielo e dipoi ogni stella,destino invoco, fato o chi far poteo quel che l'arco porta e la faretra,che mi conduca in servitù di quellache sempre ride con pulite gote,sicché del core ogni dolore ispetra.3Erano e mia pensier ristretti al coredinanzi a quel che nostre colpe vede,per chieder con disio dolce merzeded'ogni antico mortal commesso errore,quando colei che 'n compagnia d'Amoresola scolpita in mezzo el cor mi siedeapparve agli occhi miei: che, per lor fede,degna mi parve di celeste onore.Qui rinsonava allora uno umil pianto,qui la salute de' beati regni,qui rilucea mia mattutina stella.A lei mi volsi, e se 'l Maestro santosì leggiadra la fece, or non si sdegnich'io rimirassi allor cosa sì bella.4Fuggite, sospir lenti, al tristo core,ch'amando spera e che morir si vede,privo di que' begli occhi, onde merzedenon spero più, ché nol consente Amore.E voi, spirti gentil, che in questo erroreavete sperïenza usata e fede,piangete meco il mal che mi concedel'avversa mia fortuna a tutte l'ore:poich'i' son fuor del più dolce disioch'al mondo ma' disiassi uom terrenoper allentar sue pene e suo martìri,e veggomi in un punto venir menopien d'ira e sdegno e condurmi al moriree finir la mia vita in un baleno.5[All'imperatore Carlo IV di Boemia]Inclita Maestà felice e santa,ch'è di tua gloria e di tua gran virtute?O disiata sol nostra salute,o sacro Carlo, che sì bella pianta,fama del tuo bel nome eternal, lassi?Dapoi che 'l cielo in te nostra saluteriserbato ha dopo a miseria tanta,circunda omai con gli onorati passiItalia nostra peregrina intorno,che sol te veder brama.Ah, Signor mio, che glorïosa famati serba un sacro e benedetto giorno,se 'l vero el dir poetico distingue,che del tuo nome adornocantino ancor mille famose lingue!6Lasso, dappoi che per amor tanto arsi,invan gli anni, le notte e' giorni spesi!Invano el ben servir, e quanto, intesi!Invan quante parole e preghi sparsi!Invano i passi e tutti i sospir farsiveggio! Per uscir me dai lacci tesi,invan sempre chiamai! Invan contesique' due begli occhi a me sempre sì scarsi!Invan le rime! Invano ogni mio verso!Invano ogni fatica! Invan si spera!Questo so ben, ma lamentar non giova:ond'io bramo per morte esser summerso,perché ogni mio ben manca, il mal rinnuova.E così va chi serve anima altiera!7Lume, che 'n questo tenebroso orrorefosti scorta al mio corso e fido polode le tempeste mie, se nudo e solomi hai qui lasciato, io pur tempro il dolore,io pur freno il desio di mandar forequest'alma afflitta, e me stesso consoloche con l'ali d'onor t'alzasti a voloove non giunse mai penna o valore.Or vedi la miseria de' mortalie ti ridi del mondo e di sue folee ti pasce di gloria etterna e vera.Ma, mentre miri il Sol che face il sole,piacciati di viarmi in tanti malie di mostrarmi la tua forma intiera.8Non vide unque mai 'l sol, che tutto vede,donna tanto leggiadra e tanto onesta,bella, savia, gentil, né sì modestaquant'è costei d'ogni virtute erede.E se ci fusse chi il mio dir non crede,miri sotto l'ammanto ch'ell'ha 'n testa:vedrà quanto di gloria il Ciel le prestae com' in lei risiede onore e fede:ch'a 'ntonar le sue laude non è degnospirito uman, perché tant'è supremache rompe e spezza ogni fiorito ingegno.Giràn li sguardi d'esta Diadema,lo modesto parlare e 'l suo cor degnoa tormi l'alma: onde 'l mio cor ne trema.9S'i' consento al desio che mi molesta,veggo vergogna e duol seguirne insieme:ché ben è folle il nocchier che non temedi salvo porto mettersi in tempesta.Libero uccel gioendo alla foresta,chiuso poi in gabbia, lamentando geme.Lasso, io il so ben! Ma me tal forza premech'a più saggio di me tolto ha potesta.Or come puossi quel che all'alma piacee vuol, far che disvoglia e che dispiaccia?Quest'è impossibil: dica altri che vuole.Segua adunque che vuol, ch'i' mi dò pace;e son contento pur ch'Amor mi facciaarder da' raggi d'un sì vivo sole.Buonaccorso da Montemagno il Vecchio