Quid novi?

Il Malmantile racquistato 01-2


"Il Malmantile racquistato" di Lorenzo Lippi (alias Perlone Zipoli), con gli argomenti di Antonio Malatesti; Firenze, G. Barbèra, editore, 1861)PRIMO CANTARE22Ove dopo mostrato ogni accidenteDi tutta la sua vita pel passato,Soggiunge che per via d'un suo parente (49)In breve tempo riavrà lo Stato;Però si metta in arme, chè un presenteLe fa d'un panceron(50), che, ancorchè usato,Ripara i colpi ben per eccellenza:E poi piglia da lei grata licenza (51).23Già il termine di un anno era trascorsoChe Celidora avea perduto il regno;Quando non pur le spiacque il caso occorso,Ma volle un tratto (52) ancor mostrarne segno.Perciò richiesto ai convicin soccorso,Che un piacer fatto non avrian col pegno,E tenevano il lor tanto in rispiarmo,Ch'egli era giusto, come (53) leccar marmo;24Fece spallucce (54) a Calcinaia e a Signa (55);Ma la pania al suo solito non tenne (56),Perchè terren non v'era da por vigna (57).Calò nel piano, e ad Arno se ne venne,Ove Baldon facea nella Sardigna (58)Vele spiegare e inalberare antenne,Fermato avendo lì, come buon sito,D'armati legni un numero infinito.25Costui, quando Bellona fu inviataA Celidora, come già s'intese,Da Marte avea avuto una fardata (59),Che lo tenne balordo più d'un mese:E gli messe una voglia sbardellataDi far battaglia e mille belle imprese;Ond'egli, entrato in fregola sì fatta,Fece toccar tamburo a spada tratta.26Poichè pedoni egli ebbe e gente in sellaTanta, che al fin si chiama soddisfatto;Render volendo il regno alla sorella,E farle far bandiera di ricatto (60),Destinò muover guerra a Bertinella,Che a lei già dato avea lo scacco matto:Così con quell'armata e quei disegni,In Arno messe i sopraddetti legni.27Ov'anco in breve Celidora arrivaCon armi indosso, ed altre da far fette;Perchè una volta al fin fattasi viva,Ha risoluto far le sue vendette;Chè l'usbergo incantato della divaL'ha fatta diventar l'ammazzasette (61):Ed alle risse incitala talmente,Ch'ella pizzica poi dell'insolente.28Non così tosto al campo si conduce,Come la suora vuol del dio soldato,La Marfisa di nuovo posta in luce (62),Ch'ell'esce affatto fuor del seminato (63):E col brando, che taglia, com'ei cuce (64),Da far proprio morire un disperato (65),Vuol trucidar ognun, ognun vuol morto:E guai a quello che la guarda torto.29Se guarda, è dispettosa e impertinente:E sempre vuol che stia la sua di sopra (66).Talor affronta per la via la gente,Cercando liti, quasi franchi l'opra (67).Ne venga, dice, pur chi vuol nïente;Perocchè chi mi dà che far, mi sciopra (68).Giunta, in questa, in un campo pien di cavoli,N'affettò tanti, che Beati Pavoli. (69)30Così piena di fumi, e d'umor bravi,Che te l'hanno cavata di calende (70),Rivolge l'occhio al popol delle navi,Là dove Brescia romoreggia (71) e splende:E va per infilarne sette ottavi;Ma nel pensar dipoi, che, se gli offende,Far non potrebbe lor se non mal giuoco,Gli vuol lasciar campare un altro poco.31Alfin, deposto un animo sì fiero,In genio cangia appoco appoco l'ira:E come un orsacchin che appiè d'un peroA bocca aperta i pomi suoi rimira;Ferma, impalata quivi come un cero,Fissando in loro il sguardo, sviene e spira:Nè può vivere alfin, se non domandaOve l'armata vada, e chi comanda.32S'abbocca appunto con Baldone stesso:E sentendo ch'egli ha tai gente fatte,Per rimettere in sesto ed in possessoUna cugina sua, ch'è per le fratte (72);Ben ben lo squadra, e dice: Egli è pur desso!Orsù, ch'io casco in piè, come le gatte:Ed esclama dipoi: Quest'è un'azioneChe veramente è degna di Baldone.33Maravigliato allora il sir d'Ugnano;E chi sei, disse, tu, che sai il mio nome?Io ti conosco già di lunga mano (73),Ella rispose, e acciò tu sappia il come,Celidora son io del re Floriano,Fratello d'Amadigi di Belpome:E con tutto che già sieno anni Domini (74)Ch'io non ti viddi, so come ti nomini.34S'ell'è, dic'ei, così, noi siam cugini:E subito si fan cento accoglienze:Ed ella a lui ne rende mill'inchini;Egli altrettante a lei fa riverenze.Così fanno talor due fantocciniAl suon di cornamusa per Firenze;Che l'uno incontro all'altro andar si vede,Mosso da un fil, che tien chi suona, al piede.35Poichè le fratellanze e i complimentiFuron finiti, a lei fece BaldoneQuivi portar un po' di sciacquadenti,O volete chiamarla colazione.Or mentre ch'ella scuffia a due palmenti (75),Pigliando un pan di sedici (76) a boccone,Si muove il campo, e sott'alla sua insegnaCiascun passa per ordine a rassegna.36E per il primo viensene in campagnaPappolone (77), il marchese di Gubbiano (78):Colui che nel conflitto della MagnaEstinse il Gallo e seppellì il Germano (79).È la sua schiera numerosa e magna:E perch'egli è soldato veterano,Ha nell'insegna una tagliente spadaCh'è in pegno all'osteria di Mezzastrada (80).37Bieco de' Crepi (81), duca d'Orbatello,Mena il suo terzo (82), che ha il veder nel tatto;Cioè, perch'ei da un occhio sta a sportello (83),Soldati ha preso c'hanno chiuso affatto.Son l'armi loro il bossolo (84) e il randello:Non tiran paga, reggonsi d'accatto:Soffiano, son di calca (85), e borsaiuoli,E nimici mortal de' muricciuoli (86).38La strada i più si fanno col bastone;Altri la guida segue d'un suo cane;Chi canta a piè d'un uscio un'orazione,E fa scorci di bocca e voci strane;Chi suona il ribecchin, chi il colascione;Così tutti si van buscando il pane.Han per insegna il diavol de' Tarocchi (87),Che vuol tentar un forno pien di gnocchi.39Dietro al Duca, che ognun guarda a traverso,Vanno cantando l'aria di Scappino (88):Ma non giunsero al fin del terzo verso,Che venuto alla donna il moscherino,Fatto a Bieco un rabbuffo a modo e a verso,Gli disse: S'io v'alloggio, dimmi Nino (89);Perch'io non veddi mai in vita miaPigliare i ciechi (90), fuor che all'osteria.40Signora, rispos'egli, benchè cieca,Fu però sempre simil gente sgherra:Con quel batocchio zomba a mosca cieca,Senza riguardo, come dare (91) in terra:Sott'ogni colpo intrepida s'arreca,Che non vede i perigli della guerra:È cieca, è ver; ma pure il pan pepato (92)È più forte, se d'occhi egli è privato.41Ovvia, diss'ella, tira innanzi il cocchio,E se costoro a guerreggiar son atti,Tienteli pure, e non mi stare a crocchio;Mentr'egli è tempo qui di far di fatti.Va' dunque, o forte e invitto bercilocchio,Chè i nemici da te saran disfatti;Perchè in veder la tua bella figura,Cascan morti, senz'altro, di paura.42Ne segue intanto Romolo Carmari,Cavalier di valore e di gran fama;Ma sfortunato, perchè co' danari,Giocando, egli ha perduto anco la dama.Colle pillole, date a' suoi erari (93),L'affetto evacuò l'Arpia ch'egli ama;Talchè, senz'un quattrino, ammartellato (94)Alla guerra ne va per disperato.43Dopo un'insegna nera, che v'è drentoCupido morto con i suoi piagnoni,Marciar si vede un grosso reggimentoCh'egli ha d'innumerabili Tritoni (95):Al cui arrivo ognun per lo spaventoSi rincantuccia ed empiesi i calzoni (96):E da lontano infin dugento legheS'addoppiano i serrami alle botteghe.Note:(49) UN SUO PARENTE è Baldone.(50) PANCERON. Arma da difender la pancia, è lo stesso corazzone nominato alla st. 20.(51) GRATA LICENZA. Ora si direbbe buona licenza; e cosi leggono alcune edizioni.(52) UN TRATTO. Una volta, finalmente.(53) GIUSTO COME, æque ac, per l'appunto come.(54) FECE SPALLUCCE. Si strinse nelle spalle in atto di chi si raccomanda.(55) CALCINAIA E SIGNA sono paesi in due collinette vicino a Firenze.(56) LA PANIA NON TENNE. Non trovò appicco, non riuscì a nulla.(57) TERRENO DA POR VIGNA. Gente facile a lasciarsi ficcar la carota, lasciarsi imbecherare, lasciarsi persuadere.(58) SARDIGNA. Vuol far credere che parli dell'isola di Sardegna, ma intende un luogo fuor delle mura di Firenze, ove si scorticano le carogne.(59) FARDATA. Qui, riprensione piena di villanie.(60) FAR BANDIERA DI RICATTO. Ricattarsi, vendicarsi.(61) AMMAZZASETTE. Contano le donne una novella per trattenimento de' fanciulli: e, per accomodarsi alla lor capacità. dicono: Fu una volta un bel giovanetto in Garfagnana, detto Nanni, il quale per la sua mendicità dormiva in una capanna da fieno. Quivi essendo egli un giorno per riposarsi, e ripararsi dal caldo, si messe a pigliar le mosche: e ne aveva ammazzato sette; quando comparve quivi una bella Fata, e gli disse, che, se le donava quelle sette mosche, per cibare una sua passera, l'avrebbe fatto ricco. Gliele concedette egli più che volentierí; onde ella, innamorata di questa sua cortese prontezza, lo prese per la mano, e lo condusse alla sua caverna: dove rivestitolo, e datogli danari ed armi, gli pose in testa un elmo, o berretta, in cui era scritto a lettere d'oro: AMMAZZASETTE: e lo mandò al Campo de' Pisani, i quali in quel tempo coll'aiuto de' Franzesi guerreggiavano co' Fiorentini. Arrivato Nanni a detto campo, chiese soldo a' Pisani: e domandatogli del nome rispose: Io mi chiamo Nanni, e per avere io solo in un giorno ammazzato sette, ho per soprannome Ammazzasette. Fu per questo, e per esser anche ben formato, con buon soldo, e con non minore stima accettato. Essendo poi fra pochi giorni in una scaramuccia morto il Capo delle truppe Franzesi: e volendone essi fare un altro, erano fra di loro in gran differenza; perchè essendone proposti diversi, coloro a' quali non piacevano i suggetti proposti, gridavano Nanì, Nanì; onde i soldati italiani, che credettero che dicessero Nanni, Nanni, e che avessero creato lui, cominciarono a gridar Nanni, Nanni, viva, Nanni: e così a voce di popolo Nanni detto l'Ammazzasette, restò eletto capo di dette truppe, e divenne ricco, siccome gli aveva promesso la Fata. E di questo intende il Poeta, volendo mostrare, che Celidora, era divenuta brava, quanto questo Ammazzasette, il quale non fece maggior bravura, che ammazzar quelle sette mosche: siccome nè anche Celidora non fece maggior bravura, che affettar quei cavoli, che vedremo nella St. 29 e seguente. (Minucci.)(62) LA MARFISA DI NUOVO ecc. Questa novella Marfisa. Vedi l'Ariosto.(63) ESCE AFFATTO FUOR DEL SEMINATO, Perde il senno del tutto.(64) TAGLIA COM'EI CUCE. Tanto è buono a tagliare, quant'e' sarebbe a cucire.(65) MORIRE UN DISPERATO. Dicesi delle armi arrugginite, che farebbero morir disperato per lo dolore uno che ne fosse ferito.(66) LA SUA opinione. Vuol sempre aver ragione.(67) QUASI FRANCHI L'OPRA. Quasi possa liberar dalle spese del litigare sè stessa e la parte avversa.(68) SCIOPRA quasi da exoperare. Chi mi dà una bega, una quistione, mi leva da, un'altra, tante io ne ho.(69) TANTI CHE ecc.. Un grandissimo numero. Un montambanco a chi comperava un suo contravveleno regalava la pietra di Sali Paolo, purch'e' si fosse chiamato Paolo. Moltissimi affermarono d'aver questo nome; onde il cerretano: Oh quanti Paoli! e i rimasti senza la pietra: Oh beati Pavoli.(70) CAVATA DI CALENDE. Impazzata, fatta cadere in estrema confusione, come avverrebbe a chi perdesse o dimenticasse affatto l'ordine dei giorni e dei mesi che è descritto dal lunario o calendario(71) BRESCIA ROMOREGGIA, ecc. Ove sono tanto armi. Di uomo tutto armato si dice: Ha tutta Brescia addosso(72) È PER LE FRATTE. È fra rovi e pruni, è condotta a mal termine, è rovinata.(73) DI LUNGA MANO. Da gran tempo.(74) ANNI DOMINI. Anni moltissimi.(75) SCUFFIA Mangia ingordamente masticando con suono delle due ganasce, dette qui palmenti, cioè macine o ruote da molino. Modo basso.(76) UN PAN DI SEDICI quattrini toscani. Un grosso pane.(77) PAPPOLONE. Gran mangiatore: anagramma proprio [L'anagramma è proprio, quando esprime le qualità della persona. È puro, quando non vi son lettere variate o aggíunte. - In fondo al volume si trova la spiegazione di tutti gli anagrammi.] di Paolo Pepi(78) GUBBIANO è un castello, ma qui sta per ricordare la voce plebea ìngubbiare, che vale empire il ventre.(79) MAGNA, GALLO, GERMANO hanno un doppio senso patente.(80) MEZZASTRADA è un'osteria così chiamata, perchè quasi a metà della via, tra Porta alla Croce di Firenze e Rovezzano.(81) BIECO DE' CREPI. Anagr. pr. di Pietro de' Becci uomo mezzo cieco, e perciò duca di Orbatello.(82) TERZO. Un dato numero di soldati, una tribù.(83) STARE A SPORTELLO si dice del bottegaio che in giorno di festa o mezza festa tiene aperto il solo sportello dell'uscio. Osserva come poi è ben continuata la metafora.(84) BOSSOLO qui è quel vaso che tengono in mano i ciechi per riceverci l'elemosine.(85) SOFFIANO, SON DI CALCA. Fanno la spia e amano di frequentare lo calche.(86) NIMICI, DE' MURICCIUOLI, perchè spesso vi danno dentro con le gambe e co' piedi.(87) TAROCCHI. Certe carte da giuoco, in una delle quali è effigiato il diavolo. Vedi c. VIII, 61 [Quando si cita il canto e la stanza, s'intende anche citare le note della medesima](88) L'ARIA DI SCAPPINO era una canzonetta che cantavano i ciechi in Piazza della Signoria a' tempi dell'autore.(89) DIMMI NINO. Dimmi pazzo, come fu Nino che, ceduto il regno per un giorno a Semiramide, fu da lei fatto uccidere.(90) PIGLIARE I CIECHI per farli cantare.(91) DARE. Percuotere.(92) IL PAN PEPATO si fa con molti aromati e canditi che, nel taglìarlo, restano come occhi in quella pasta scura. Cavati questi occhi che son dolci, il resto è più frizzante e acre, forte.(93) CON LE PILLOLE ecc. Questa arpia d'amante, che avea posto tutto il suo amore negli erari del suo Romolo, col purgar questi di danaro, purgò sè della bile amorosa.(94) AMMARTELLATO dall'amore e dalla gelosia.(95) TRITONI. Uomini vili e mal vestiti, quasi uomini triti.(96) EMPIESI I CALZONI  perchè dalla paura gli si muove il corpo.