Quid novi?

Sonetti di Agostino Gobbi 8-11


Sonetti di Agostino GobbiTratti da "Scelta di sonetti e canzoni de' più eccellenti rimatori d'ogni secolo" di Agostino Gobbi, aggiornato da Eustachio Manfredi, Volume 4, 1^ edizione, Bologna 1711, per Costantino Pisarri, sotto le Scuole. Il frontespizio del volume reca il seguente titolo: Rime d'alcuni illustri autori viventi aggiunte alla terza parte della Scelta d'Agostino Gobbi.8. pag. 11Ali bianche portava agili, e preste,E avea le chiome d'or puro lucente,Di raggi adorno il chiaro volto ardente,E d'or trapunta la cerulea veste,Quel dì, che a dileguar l'ombre funeste,(Onde avvolta giacea l'umana gente)Scese a Maria dagli astri, e riverenteLe apparve innanzi il Messagger celeste.Al maestoso, altero, almo sembianteE a quel temuto suon, che il Rè feroceFù de gli abissi ad atterrir bastante,Qual maraviglia fia, se al cor veloceLe corse un gielo, e languida, e tremanteSenza moto rimase, e senza voce?9. pag. 11Poiche Felsina vede a terra spartePer man di voi l'armi nemiche, e indegneDell'ozio, e alzarsi di Virtù l'insegnePer tutta Italia, e ciascun'altra parte;Mille onor, mille glorie a voi comparte,L'opre vostre premiando eccelse, e degneE v'ama sì, che par, che ogn'altro sdegne,Qual più s'estima per natura, od arte.E 'l Ren, cui mai non turba altra procella,Sen và correndo al mar gonfio, ed altero,E lieto così dice in sua favella:Or che virtute ha qui l'alto suo impero,Ceda alla Gloria mia l'illustre, e bellaGaronna, il Tebro, e 'l Pò, l' Arno, e l' Ibero.10. pag. 12Io, che al tempo non volli unqua far guerraPer compiacer mie voglie accese, immonde,E ch'alsi, ed arsi per mirare in terraOr due begli occhi, ed or due trecce bionde,Oggi pavento il Ciel, che opprime, e atterraGl'empi, e pavento i venti, e l'aria, e l'onde,E temo il foco, che si chiude, e serraNe le valli d'Inferno, ime, e profonde.E in pena al mio fallir sì lungo, e folleSerbo dentro al mio seno un cor di sasso,Che al Cielo anela, e al Ciel mai non s'estolle.E son qual'Uomo, che se piomba al bassoDa un'alpestre sassoso, ed erto colle,Non può reggere il piè, movere il passo.11. pag. 12Chi mi sottragge al periglioso incanto,Che all'Alma fece il Rè temuto, e forteDe' cupi abissi; e chi le funi attorte,Ch'avvolse intorno al mio terreno ammantoDiscioglie; e il braccio lagrimevol tantoRitien dell'empia, ed implacabil morte,Ch'alza armato a' miei danni, onde alle porteNon scenda (ahi asso) dell'eterno pianto?Ah, che indarno mi doglio, e grido in vano,In van soccorso all'alte mie rovineChieggo piangendo da pietosa mano,Se già chius'io l'orecchio a le divineVoci, con cui sì spesso il Re sovranoPur volea trarmi a più beato fine.