Quid novi?

I pifferai


21 dicembre. Son quindici giorni che i ”pifferari”, o suonatori di cornamusa, ci svegliano alle quattro del mattino. È gente capace di far odiare la musica. Son rozzi contadini ricoperti di pelli di capra, che in occasione delle Feste discendono dalle montagne abruzzesi e vengono a Roma a far serenate alle Madonne. Arrivano quindici giorni prima di Natale e ripartono quindici giorni dopo: ricevono due ”paoli” (un franco e quattro centesimi) per una serenata di nove giorni, sera e mattina. Chi vuoi essere stimato dai vicini e non vuoi incorrere in una denuncia al parroco, nonché tutti quelli che temono di passare per liberali, si abbonano per due « novene ».Non c'è niente di più odioso dell'essere svegliati nel cuore della notte dal suono melanconico delle cornamuse, un suono che da ai nervi come quello dell'armonica. Leone XII, che li conosceva bene già prima di salire al pontificato, proibì ai ”pifferari” di svegliare i cittadini prima delle quattro. In fondo a tutte le botteghe, a Roma, c'è una Madonna illuminata da due lampade. Credo che non esista un romano che non abbia in casa almeno una Madonna. Sono molto devoti della madre del Salvatore e quantunque la polizia si preoccupi di « proibirne l'adorazione » pure non è ancora riuscita a far diminuire il fervore del popolo. Ho visto artisti che temono di passare per liberali affrescare sul muro del loro studio una Madonna e pagare ai ”pifferari” quattro ”paoli” per due novene. Il ”pifferare” con il quale ho avuto a che fare nel mio appartamentino mi ha detto che sperava di tornare a casa con cento scudi (centosessantun franchi), somma enorme in Abruzzo, che gli permetterà di stare sette o otto mesi senza lavorare. Mi ha chiesto se credevo che Napoleone fosse morto veramente. Anche se l'eroe evidentemente gli piaceva, tuttavia finì per dirmi: « Se avesse continuato a vincere, i nostri affari sarebbero stati rovinati (“andavano a terra”) ». Gli son piaciute molto, come un segno di nobiltà, le pistole attaccate al muro della mia camera. Mentre faceva l'atto di mirare, la sua faccia ha assunto un'espressione talmente feroce che l'ho condotto dalla signora Lampugnani. Ha avuto un grande successo: lo abbiamo fatto pranzare alla trattoria vicina e, la sera, lo abbiamo invitato a casa nostra per interrogarlo sul suo paese, la sua famiglia e le tristi esperienze compiute al tempo delle invasioni dei tedeschi e dei napoletani. Mi piacerebbe scrivere un libro con i nostri commenti alle risposte del ”pifferare". Ci ha cantato una bella canzone, che i giovanotti suonatori di cornamusa cantano alle romane:Fior di castagnaVenite ad abitare nella vigna,Che siete una bellezza di campagna.Ecco un'altra stornellata, composta per un contadino, la cui amica riceveva gli omaggi di un soldato francese:Io benedico il fior di camomilla:Giacché vi siete data a far la Galla;Vi volto il tergo, e me ne vado in villa.Fior di granturco:Voi mi fate paura più dell'orco,E credo ancor che la fareste a un turco.Non c'è niente di più malinconico della cantilena di queste canzoni; molti stornelli, poi, non sono troppo decenti. Secondo il signor Von*** questo tipo di canzone, il cui primo verso è composto dal nome di un fiore, si ritrova nei poeti latini. Egli ritiene addirittura che si tratti di una forma preromana.Per me, la cosa che più mi ha commosso è stata la musica, improntata a una passione profondissima, capace di estraniarsi completamente dagli astanti, i quali, anzi, addirittura la offendono con la loro sola presenza. Cosa importa del prossimo all'uomo divorato dalla passione? Di tutto ciò che lo circonda gli interessano solo le infedeltà dell'amante e la propria disperazione.StendhalTratto da "Passeggiate romane", Ed. LATERZA 1973