Quid novi?

Vincenzo Martelli


IIDi M. Vincenzo Martelli 1Se Lisippo ed Apelle e ’l grande Omero Col martel, co i colori e con l’inchiostro Rendesse il ciel benigno al secol nostro Per aguagliar con le sembianze il vero,Potrian con l’arte e col giudizio intero Adombrar forse il bel ch’a’ sensi è mostro, Ma l’altra parte no del valor vostro, Che non si può scolpir pur col pensiero.Dunque i marmi, i color, le pure carte Non cerchin far del ver sì bassa fede, Se la bellezza è in voi la minor parte;E voi con l’onorato e destro piede Seguite il bel sentier, ch’arriva in parte Che vieta a morte le più ricche prede.2Deh sostenete almen del vostro bello Ceder qualche sembianza oggi a quell’arte Che Policleto e Fidia in ogni parte Onora ne i colori e nel martello, E vedrete con stil chiaro e novello Via più ch’al tempio di Minerva e Marte Porgere i voti e consecrar le carte, E far servo d’Amor qual più rubello.Indi fuor d’ogni lor duro costume Disporsi ogni metallo, ogni diamante A sofferir per voi sì caro oltraggio;Perché, serbando in lor del bel sembiante, Faccin fede del vostro immenso lume Col mostrarne a’ futuri un picciol raggio. 3Voi, che per miglior via schivate l’orme Della turba volgar, che nulla vede, Scorgendo a noi con l’onorato piede Del più saggio sentier le vere forme,Mentre che con perpetue e chiare norme A Lete, ingorda d’ogni gloria erede, N’insegnate ritor l’ingiuste prede, Destando in noi quella virtù che dorme,Acquistate fuggendo un nome chiaro, Che con illustri e celebrati inganni Pugna e vince il rigor del tempo avaro.Beata voi, che ne’ più bei vostri anni, Quasi sdegnando il viver nostro amaro, Poggiate viva a’ bei celesti scanni. 4Donna gentil, che da pensier men saggi Sciolta levate ove ’l valor gli invita Gli occhi de l’alma a più serena vita, Per fuggir delle Parche i fieri oltraggi, S’a ragionar de’ vostri santi raggi Sento frale il poder, la voglia ardita, Siemi scusa appo voi che a sì gradita Meta si sal per tropp’erti viaggi; E poi ch’a me di poter dire è tolto Quel ch’in voi si comprende, a cui conviene Più bel tributo che mortale inchiostro, Mirate da voi stessa il vostro volto, Che per propio valor in vita tiene Quanto ha d’onesto e bello il secol nostro. 5[errata attribuito a P. Barignano]D’un bianco marmo in due parti diviso, Ch’Amor senz’arte sospirando move, Tragge dolcezze il cor tante e sì nove Che forse poche più n’ha il paradiso. Così potess’io sempre mirar fiso La maraviglia mai non vista altrove, E dir cantando del piacer che piove Dal lampeggiar d’un angelico riso: Ch’io pascerei de l’un questi occhi tanto, Quanto conviensi a disbramar la voglia Che mi può far parer sempre digiuno, E temprerei con l’altro quella doglia, Ond’io provo talor più dolce il pianto Che di ben lieto amante riso alcuno. [errata attribuito a P. Barignano]Io gìa cantando la mia libertate, I lacci rotti e le faville spente, Di che m’arse e legò sì fieramente Donna gentil, ma nuda di pietate, E dicea meco: "Or qual nuova beltate Stringerà me d’un nodo sì possente, Che non mi sciolga, e di che face ardente Strugger potrà le mie voglie gelate ?"Allor ch’io senti’ il cor dentro e d’intorno Di fiamma viva e di catene salde Acceso e cinto perché pur sempr’ami. Una man bianca ed un bel viso adorno Vuol che m’allacci Amor, vuol che mi scalde: Dolce mio foco e miei cari legami. Vincenzo MartelliDa: Rime diverse di molti Eccellentissimi Autori (Giolito 1545)